venerdì, Dicembre 6, 2024
ConflittiDiritti

Uccisioni illegali nelle Filippine: necessaria un’indagine delle Nazioni Unite

Da quando è entrato in carica, il 30 giugno 2016, il Presidente filippino Rodrigo Duterte ha condotto una “guerra alla droga” che ha portato fino a oggi alla morte di oltre 12.000 persone, per lo più poveri abitanti delle città, ma anche dissidenti politici. Duterte, alla vigilia della sua vittoria elettorale, aveva dichiarato a una folla di sostenitori composta da oltre 300.000 persone: “Se arrivo al palazzo presidenziale, farò proprio quello che ho fatto come sindaco. Voi spacciatori di droga, rapinatori e disgraziati, fareste meglio a andarvene perché vi ammazzo”. Durante il mandato presidenziale sono stati 2.555 gli omicidi attribuiti alla polizia nazionale filippina. Duterte e altri alti funzionari hanno incitato alle uccisioni nell’ambito di una campagna persecutoria che potrebbe essere inquadrata come un crimine contro l’umanità. Human Rights Watch ha scoperto che la polizia filippina sta falsificando le prove per giustificare le uccisioni illegali. L’organizzazione non governativa ha quindi deciso di richiedere al Consiglio per i Diritti Umani delle Nazioni Unite di aprire una indagine sulle violazioni dei diritti umani nell’arcipelago e di intervenire. Ferdinand Marcos Jr. – secondogenito dell’ex dittatore filippino per lungo tempo alla guida del paese – ha vinto le ultime elezioni presidenziali in tandem con la figlia dell’uscente leader Duterte e non appare intenzionato a far luce su quanto avvenuto negli anni passati, né a fermare le uccisioni illegali.

 

La Human Rights Watch sostiene che, durante la sua cinquantunesima sessione iniziata il 12 settembre 2022 a Ginevra, il Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite dovrebbe adottare una forte strategia che affronti la preoccupante situazione dei diritti umani nelle Filippine 

In un documento politico presentato agli Stati membri delle Nazioni Unite, la Human Rights Watch ha affermato che le uccisioni extragiudiziali nella “guerra alla droga” del governo filippino si verificano ancora regolarmente. Dahas (un programma del Centro Studi sul Terzo Mondo dell’Università delle Filippine) ha riportato 72 omicidi legati alla droga dopo che il presidente Ferdinand Marcos Jr. è entrato in carica il 30 giugno. I dati ufficiali del governo indicano che la polizia ha ucciso 71 persone dall’agosto 2021, portando a 6.252 il numero totale di omicidi denunciati dalla polizia tra luglio 2016 e maggio 2022. Il presidente Marcos non ha ripudiato gli abusi nella “guerra alla droga”, dichiarando di voler mantenere la linea adottata 

“Gli Stati membri dell’ONU non dovrebbero lasciarsi ingannare dalle affermazioni infondate del nuovo governo filippino secondo il quale la situazione dei diritti è improvvisamente migliorata”, ha affermato Lucy McKernan, direttore di Human Rights Watch aGinevra. “Il continuo controllo delle Nazioni Unite sulle Filippine è di vitale importanza affinché gli omicidi della ‘guerra della droga’ sono ancora frequenti e l’impunità della polizia per le violazioni dei diritti rimane la normalità”. 

L’Ufficio dell’Alto Commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani (OHCHR) ha calcolato, nel suo rapporto al Consiglio, che il bilancio delle vittime era di almeno 8.663. I gruppi nazionali per la difesa dei diritti umani e la Commissione filippina per i diritti umani, nominati dal governo, affermano, invece, che la cifra reale degli omicidi della “guerra della droga” è forse il triplo del numero riportato nel rapporto dell’OHCHR. 

Da quando è iniziata questa “guerra”, nel luglio 2016 sotto l’ex presidente Rodrigo Duterte, le autorità hanno indagato su pochissimi omicidi coinvolgenti la polizia o presunti agenti del governo. Solo 12 agenti di polizia sono stati incriminati e solo un caso, l’omicidio videoregistrato del diciassettenne Kian delos Santos nell’agosto 2017, ha portato alla condanna degli agenti. 

Alla fine del 2021 il pubblico ministero della Corte Penale Internazionale (CPI) è stato autorizzato a indagare sui presunti crimini contro l’umanità nella “guerra alla droga”. Tali indagini sono state sospese a novembre, quando il Dipartimento di Giustizia ha fornito informazioni alla CPI, dichiarando di star conducendo un’accurata revisione indipendente di 52 casi riguardanti la polizia. Tuttavia, a giugno, il Pubblico Ministero della CPI ha chiesto alla Corte Internazionale di poter continuare l’indagine precedentemente iniziata poiché la revisione del Dipartimento di Giustizia era insufficiente e non ha soddisfatto i requisiti per rinviare l’inchiesta alla Corte.  

Human Rights Watch ha affermato che nel paese continuano gravi abusi, tra i quali molestie e uccisioni extragiudiziali di attivisti, ambientalisti, giornalisti e altri difensori dei diritti umani. Una lunga campagna di “etichettatura rossa”, in cui funzionari del governo accusano le persone di legami con l’insurrezione comunista armata, restringe ulteriormente le libertà fondamentali ed espone coloro che sono presi di mira a un grave rischio di aggressione o arresto. 

Human Rights Watch sostiene che il presidente Marcos dovrebbe adottare misure immediate per migliorare la situazione dei diritti umani. Dovrebbe rilasciare l’ex senatrice Leila de Lima, che è stata trattenuta in detenzione dalla polizia per più di sei anni con l’accusa di spaccio di droga. Sarebbe inoltre necessario nominare esperti indipendenti come esaminatori all’interno della Commissione governativa in modo che questa possa indagare seriamente e aiutare a perseguire le violazioni dei diritti umani nelle Filippine. 

Nel 2020, il Consiglio per i diritti umani ha approvato una risoluzione con la quale è stato creato un programma speciale delle Nazioni Unite per migliorare la capacità delle istituzioni filippine nel proteggere i diritti umani. Dopo più di un anno dall’inizio del programma si è ancora alle prese con questioni organizzative e amministrative, con la complicità del governo, per contrastare la partecipazione delle organizzazioni non governative  

Human Rights Watch ha affermato che gli Stati membri delle Nazioni Unite al Consiglio per i diritti umani dovrebbero riconoscere la persistenza della crisi nelle Filippine e che essa necessita una risoluzione imminente durante la cinquantunesima sessione. La risoluzione dovrebbe creare meccanismi più ampi e incisivi di monitoraggio dei diritti umani, portare avanti il programma congiunto delle Nazioni Unite e richiedere esplicitamente che l’OHCHR continui a riferire la situazione nel paese. 

Tale risoluzione dovrebbe invitare il presidente Marcos a porre fine, inequivocabilmente, alla “guerra alla droga” e a dare priorità all’individuazione delle responsabilità per le uccisioni illegali e altri abusi. Dovrebbe esortare il governo a formare una “commissione per la verità” incaricata di raccogliere le testimonianze delle vittime e delle loro famiglie, nonché di altri testimoni, e di formulare raccomandazioni per ottenere giustizia e garantire il pagamento di risarcimenti. 

Si dovrebbe anche chiedere di fermare la pratica di “etichettatura rossa” di attivisti e critici del governo e di fermare le molestie di giornalisti e attivisti online con minacce di arresto o casi di diffamazione. Si dovrebbe inoltre sollecitare Marcos a rilasciare de Lima, a nominare esperti indipendenti di diritti umani presso la Commissione per i diritti umani ed a facilitare la piena partecipazione delle organizzazioni della società civile al programma congiunto delle Nazioni Unite. 

“Gli stati membri delle Nazioni Unite dovrebbero assicurarsi di non fare errori sulle Filippine e rafforzare invece gli sforzi del Consiglio per i diritti umani per migliorare i diritti umani nel paese”, ha affermato McKernan. “I filippini che hanno sofferto di più durante l’amministrazione Duterte si rivolgono al Consiglio per i diritti umani affinché li aiuti a ottenere giustizia, per sé stessi e per i loro cari”. Qui è possibile leggere il documento programmatico di Human Rights Watch presentato agli stati membri del Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite prima della cinquantunesima sessione del Consiglio.

 

Fonte: Human Rights Watch, 12 settembre 2022.