giovedì, Settembre 28, 2023

Foto storie

Questa pagina raccoglie tutte le “Foto storie” o le singole immagini selezionate dalla redazione per il loro particolare significato.

A una settimana dall’alluvione che ha devastato la città libica di Derna, dopo che l’uragano Daniel ha fatto crollare due dighe a monte, la situazione resta molto grave.  

Non c’è accordo sul numero delle vittime. Mentre le fonti ufficiali hanno annunciato 3.252 morti, le Nazioni Unite hanno parlato di circa 11.300 morti e almeno 10.100 dispersi. Le ricerche delle persone scomparse proseguono, anche in mare. Una volta recuperati, i corpi vengono ormai sepolti in fosse comuni.  

Più di 30.000 persone sono senza casa. Dei 1.500 edifici danneggiati sui 6.100 totali, 891 sono completamente distrutti, 211 parzialmente distrutti e 398 sono sommersi dal fango. In tutta la città manca l’acqua potabile e almeno 55 bambini sono rimasti intossicati dopo aver bevuto acqua inquinata. Si teme l’esplosione di focolai di colera. Numerose organizzazioni umanitarie, da InterSOS a Medici Senza Frontiere, sono già mobilitate per portare sollievo alla popolazione. L’Unione Europea ha stanziato 5,2 milioni di euro in aiuti. 

L’alto numero di vittime ha molte cause. Le autorità locali hanno sottovalutato i rischi connessi all’uragano (a sua volta collegato al cambiamento climatico) e non hanno predisposto un’evacuazione generale. Le dighe che hanno ceduto non erano oggetto di manutenzione da quasi due decenni: la guerra civile e la divisione di fatto della Libia, seguite all’intervento della NATO che nel 2011 ha messo fine al regime di Gheddafi, hanno ridotto gli investimenti pubblici nelle infrastrutture e nei sistemi di emergenza.  

L’alluvione ha colpito una città già duramente segnata dalla violenza armata negli anni precedenti. Tradizionalmente ritenuta la capitale culturale della Cirenaica, tra il 2014 e il 2015 Derna è stata occupata dai miliziani di Daesh, per essere poi assediata fino al 2019 dalle truppe del generale Khalifa Haftar, di cui non voleva riconoscere l’autorità.  

Fonti: ReutersThe IndependentAssociated Press

Da mesi le ambasciate eritree nel mondo organizzano un festival per i trent’anni dell’indipendenza del paese. L’evento organizzato il 2 settembre a Tel Aviv ha provocato forti proteste da parte di alcune migliaia di richiedenti asilo eritrei, che vi hanno visto una celebrazione del dittatore Isaias Afewerki. Proteste analoghe si sono verificate anche in altri paesi, dal Canada alla Svezia. 

Nel rione dell’ambasciata eritrea di Tel Aviv sono scoppiati violenti scontri tra i dissidenti e i sostenitori del governo. La polizia è intervenuta con granate stordenti, lacrimogeni, cariche e proiettili di gomma. Tra gli oltre 160 feriti, 15 sono in gravi condizioni e 3 sono stati colpiti da armi da fuoco. Il Primo Ministro Netanyahu ha condannato gli incidenti, annunciando l’espulsione di tutti gli eritrei coinvolti. 

La tensione è da tempo alta tra gli eritrei in Israele, molti dei quali vivono nelle aree degradate della capitale. Le domande d’asilo vengono spesso respinte e le discriminazioni sono quotidiane. Inoltre gli oppositori del regime denunciano di essere spiati dall’ambasciata e da alcuni “infiltrati”. 

La vice Alto Commissario per i diritti umani delle Nazioni Unite, Nada Al-Nashif, ha affermato a marzo scorso che la situazione in Eritrea rimane molto grave, caratterizzata da torture, detenzioni arbitrarie e sparizioni di dissidenti politici, e da restrizioni alle libertà di espressione, di associazione, di culto e di riunione. Molti giovani lasciano il paese per sfuggire a un servizio militare obbligatorio prolungato, associato a forme di lavoro forzato. 

Fonti: The Jerusalen Post, The Guardian, AP News, The Times of Israel.

Negli ultimi dieci giorni d’agosto hanno avuto luogo ripetute manifestazioni anti-governative nel Sud della Siria, a partire dalla città di Suweida abitata in maggioranza da Drusi, seguaci di una dottrina monoteista che unisce elementi dell’islam, dell’ebraismo e del cristianesimo: le piazze si sono riempite di bandiere druse, ma anche di cartelli contro Assad (che in passato aveva goduto del sostegno di questa minoranza religiosa).

Le proteste hanno un’immediata ragione economica: una profonda crisi colpisce l’intero paese, per gli effetti della devastante guerra civile e delle sanzioni occidentali: si stima che quasi il 90% della popolazione siriana viva oggi sotto la soglia di povertà. Ad alimentare le ultime manifestazioni è stata la decisione del governo di tagliare i sussidi per il carburante, considerati vitali dalla popolazione alle prese con una forte inflazione.

Le proteste sono successivamente diventate più politiche. Tra le richieste delle piazze anche quella di ottenere la scarcerazione dei prigionieri politici e conoscere la verità sulla sorte delle persone scomparse nell’ultimo decennio, vittime della repressione governativa.

A distanza di qualche giorno, proteste analoghe si sono svolte anche in altre città del Nord del paese, come Aleppo e Idlib, dove i manifestanti hanno intonato i canti dei movimenti rivoluzionari del 2011 e sventolato il tricolore verde, bianco e nero con tre stelle rosse al centro, emblema dell’indipendenza siriana dal colonialismo, che però il regime considera simbolo dei “ribelli” attivi nella Siria settentrionale.

Fonti: Now Lebanon, Associated Press, Internazionale.

La frontiera tra il Messico e gli Stati Uniti continua a essere al centro dell’attenzione da parte di entrambi i governi: nonostante la diminuzione del numero totale degli attraversamenti non autorizzati da parte di singoli e famiglie provenienti da molti paesi dell’America centrale e meridionale, non si fermano le politiche di militarizzazione del confine

L’Operazione “Lone Star”, avviata dal governatore del Texas Greg Abbott, prevede anche l’installazione di una barriera di boe e filo spinato lungo il Rio Bravo, noto anche come Rio Grande, che segna oltre 3.000 km di confine tra il Messico e gli Stati Uniti. L’operazione è costata finora almeno 4,4 miliardi di dollari. Chi riesce a superare il confine viene trasferito forzatamente verso le cosiddette “città santuario”, in cui varie organizzazioni per i diritti offrono rifugio agli immigrati senza permesso di soggiorno. 

Il governo messicano ha contestato l’operazione dal punto di vista legale: le barriere sul Rio Grande potrebbero violare il Trattato sulle acque internazionali del 1944 in base al quale qualsiasi intervento sul fiume deve essere approvato dalla Commissione Internazionale apposita. Secondo le organizzazioni per i diritti e molti esperti, anche questa ennesima militarizzazione del confine non rallenterà in modo significativo le migrazioni non autorizzare, ma finirà per rendere i viaggi più insicuri e rinforzare le organizzazioni criminali dedite al traffico di esseri umani. 

Fonti:  Telemundo.comLos Angeles PressTalcualdigital.com, Aristegui noticiasPeríodico La Voz.

Lunedì 3 luglio il governo israeliano ha lanciato l’operazione “Casa e giardino”. L’attacco militare su larga scala ha come obiettivo ufficiale la neutralizzazione di “cellule terroristiche” presenti nel campo profughi di Jenin, nel Nord dei Territori Occupati della Cisgiordania. L’operazione, iniziata con bombardamenti da parte di aerei e droni e proseguita con il dispiegamento di 1.000 uomini di varie forze speciali, ha causato la morte di 12 palestinesi – di cui 3 adolescenti – e più di 100 feriti – di cui 17 molto gravi. Più di 3.000 abitanti del campo, distrutto e incendiato in più punti, sono stati costretti a una precipitosa fuga. Il campo di Jenin ospita oggi quasi ventimila persone. È stato fondato nel 1953 dal governo della Giordania per ospitare i palestinesi espulsi durante la Nakba, la “catastrofe”, com’è conosciuta e ricordata tra i Palestinesi la guerra arabo-israeliana del 1948 che ha causato, secondo le Nazioni Unite, l’emigrazione forzata di 711 mila persone: metà della popolazione araba della Palestina dell’epoca. Non è la prima volta che il campo profughi di Jenin è attaccato duramente dalle forze israeliane, che vi individuano una delle principali basi logistiche della resistenza armata palestinese. Già il 20 giugno scorso 7 palestinesi erano stati uccisi durante un raid. E qui, l’11 maggio dello scorso anno, la corrispondente di Al Jazeera Shireen Abu Akleh è stata uccisa da un colpo sparato da un soldato israeliano.

Fonti: …., …., ….

Giugno è il mese dell’orgoglio LGBTQIA+: si ricordano “i moti di Stonewall” con cui, la notte del 28 giugno 1969, la comunità ha reagito all’ennesima retata della polizia di New York, rivendicando il diritto di avere diritti. In numerosi paesi del mondo si sono svolte o si stanno svolgendo manifestazioni: domenica 26 giugno centinaia di attivisti e attiviste hanno partecipato al Pride di Istanbul, sfidando governo e prefetto. La polizia ha transennato gran parte del centro per dissuadere i partecipanti, che hanno aggirato gli ostacoli sfilando per altre strade della città. Non ci sono stati scontri, come in precedenti edizioni del Pride, ma oltre 40 attivisti (89 secondo gli organizzatori) sono stati arrestati. Nils Muižnieks, direttore di Amnesty International Europa, ha dichiarato: “L’aumento della retorica anti-LGBT da parte del governo ha contribuito ad alimentare pregiudizi e ha rinforzato i gruppi anti-LGBT. Col pretesto di proteggere i valori della famiglia – ha aggiunto – le autorità stanno negando alle persone LGBT il diritto di vivere liberamente”. In Turchia l’omosessualità è legale dall’epoca ottomana (1858), ma non ci sono norme contro la discriminazione né per il riconoscimento delle unioni omosessuali o delle famiglie omogenitoriali. 

Fonti: Deutsche WelleReuters,The Guardian.

Il Canada sta vivendo una stagione di incendi boschivi senza precedenti che, nell’ultima settimana, hanno scatenato un’allarmante crisi ambientale e sanitaria. Alimentate dal clima secco e caldo, le fiamme continuano a infuriare in diverse parti del paese, dallo Stato di Alberta alla Nuova Scozia, senza mostrare segni di rallentamento. Finora, circa 3,3 milioni di ettari sono andati in fumo: 13 volte la media degli ultimi dieci anni. Il nesso tra gli incendi e il cambiamento climatico appare sempre più evidente: i ricercatori del Natural Resources Canada, il dipartimento governativo che si occupa di ambiente, sostengono che negli ultimi 20 anni non si è mai vista bruciare un’area così vasta, così precocemente nel corso dell’anno. Gli incendi hanno costretto migliaia di canadesi a lasciare le proprie abitazioni, ma la crisi non è circoscritta al solo Canada: il fumo e le particelle provenienti dagli incendi si sono diffusi lungo la Costa orientale degli Stati Uniti, influenzando negativamente la qualità dell’aria per milioni di persone. La situazione resta molto critica e richiede una risposta immediata e coordinata: nella lotta contro gli incendi il Canada è stato affiancato da altri stati come gli Stati Uniti, l’Australia, la Nuova Zelanda, il Sud Africa e il Costa Rica. 

Fonti:  ReutersAP NewsSky TG24Washington Post.

Dopo il ritiro delle truppe statunitensi dall’Afghanistan nell’agosto 2021 e il ritorno al potere dei Talebani, migliaia di persone hanno deciso di lasciare il paese, costrette a scegliere rotte migratorie sempre più pericolose. Una di queste rotte attraversa l’America Latina: grazie a politiche migratorie meno rigide, i profughi afghani riescono a raggiungere in aereo il Brasile o l’Ecuador, proseguendo poi in direzione degli Stati Uniti con autobus, barche e tratte a piedi. Il viaggio passa necessariamente per la Giungla del Darien, dove una fitta vegetazione ricopre l’area montuosa tra Colombia e Panama: un territorio impervio, privo di strade ed estremamente pericoloso. Mentre tra il 2010 e il 2019 appena 100 afghani circa avevano seguito questa rotta, dal 2022 a oggi sono stati più di 3600. L’aumento di questi passaggi è anche il risultato dei molti video diffusi su TikTok, Facebook e WhatsApp da “trafficanti” che incoraggiano a intraprendere il viaggio verso gli Stati Uniti attraverso l’America Latina, passando sotto silenzio tutti i pericoli e le difficoltà del viaggio.

Fonte: New York Times

Belgrado più di diecimila persone hanno manifestato in silenzio, lunedì 8 maggio, dietro uno striscione con la scritta “Serbia contro la violenza”. Analoghe marce si sono svolte in altre città, dopo che 17 persone sono state uccise in meno di 48 ore in due sparatorie di massa: il 3 maggio un ragazzo è entrato con due pistole nella sua scuola elementare di Belgrado, uccidendo otto studenti e una guardia di sicurezza, e ferendo altri sei compagni e un insegnante; il giorno successivo, in una zona rurale a sud della capitale, un giovane di 21 anni ha ucciso otto persone e ferito altre quattordici brandendo un fucile d’assalto e una pistola.

I manifestanti hanno chiesto la chiusura delle stazioni televisive e dei tabloid accusati di promuovere contenuti violenti, nonché una sessione parlamentare di emergenza per discutere lo stato della sicurezza nel paese e assumere provvedimenti contro la proliferazione di armi nel paese. La Serbia registra il più alto livello di possesso di armi in Europa, con 39 armi da fuoco civili ogni 100 persone, secondo il centro di ricerca Small Arms Survey.  Sempre lunedì la polizia serba ha dato alla cittadinanza un mese di tempo per consegnare armi detenute illegalmente: il primo giorno ne sono state consegnate oltre 1.500.

I manifestanti hanno anche chiesto le dimissioni del Ministro dell’Interno Bratislav Gasic e del Direttore dell’Agenzia per la sicurezza statale Aleksandar Vulin. Domenica scorsa si era già dimesso il Ministro dell’Istruzione.

Fonti: AP NewsUSA TodayOsservatorio Balcani e Caucaso; The Guardian.

Nelle scorse settimane centinaia di agricoltori in Romania e Bulgaria hanno protestato contro le massicce importazioni di grano ucraino, che hanno abbassato bruscamente i prezzi e le vendite dei produttori locali: trattori, camion e altri macchinari agricoli sono stati impiegati per bloccare strade e valichi di frontiera. 

Dallo scorso anno l’Unione Europea ha rimosso i dazi doganali e le quote di importazione sui prodotti agricoli ucraini per facilitarne l’accesso ai mercati esteri e sostenere il paese in guerra. Tuttavia, gli agricoltori dell’Europa centrale e orientale sono stati colpiti in modo sproporzionato da questa misura. 

Liliana Piron, direttrice della League of Romanian Agriculture Producers’ Associations, ha dichiarato che gli agricoltori rumeni hanno raggiunto un punto di non ritorno, in cui sentono di non poter più reggere i costi della “concorrenza sleale“. Anche gli agricoltori polacchi hanno organizzato proteste nelle ultime settimane provocando le dimissioni del ministro dell’agricoltura, Henryk Kowalczyk.  

Il mese scorso Bruxelles si era impegnata ad aiutare i coltivatori di grano e cereali in Romania, Bulgaria e Polonia con un pacchetto di compensazione del valore di 56,3 milioni di euro: una cifra ritenuta insufficiente dagli agricoltori e dai governi nazionali. 

Fonti: AP NewsABC NewsReuters  

Sono più di 42.000 le vittime del terremoto che ha colpito il sud-est della Turchia e il nord-ovest della Siria. Entrambi i paesi sono alle prese col soccorso ai sopravvissuti rimasti a decine di migliaia senza alloggio, ma la “diplomazia internazionale degli aiuti” sta operando in modo discriminatorio. Mentre la Turchia ha ricevuto il sostegno di gran parte del mondo, compresa l’Unione Europea e la NATO, solo pochi paesi hanno deciso di inviare aiuti in Siria: l’Italia, unico paese occidentale, Cuba, Venezuela, Iran, Russia e Algeria tra i principali. 

Anche l’arrivo degli aiuti risente dei conflitti in corso nell’area. Diverse organizzazioni per i diritti umani hanno denunciato come il governo turco abbia bloccato l’ingresso dei convogli nei distretti curdi sotto il proprio controllo, come Afrin. Anche il governo siriano ha ostacolato per giorni l’arrivo degli aiuti nei territori controllati dai “ribelli” e nelle aree a maggioranza curda. 

Il rappresentante permanente della Siria presso le Nazioni Unite Bassam Sabbagh ha affermato che le sanzioni degli Stati Uniti e dell’Unione Europea ostacolano l’assistenza umanitaria. Le Nazioni Unite hanno ribadito la necessità di evitare la “politicizzazione” degli aiuti alle vittime in Siria e hanno esortato Washington e Bruxelles a garantire che non vi siano “impedimenti”.  

Tra gli enti che raccolgono donazioni a sostegno delle popolazioni colpite, sia organizzazioni internazionali come l’UNHCR e le stesse Nazioni Unite, sia organizzazioni non governative, come Un Ponte PerMezzaluna Rossa Kurdistan Italia, Save the Children. 

Fonti: ReutersEuropean Council on Foreign RelationsSirAvvenire; Redattore Sociale.

In tutta l’India centinaia di sostenitori delle opposizioni sono scesi in piazza per sollecitare l’apertura di un’indagine sull’Adani Group, accusato di frode fiscale e manipolazione del prezzo delle azioni. Il gruppo, che rappresenta la seconda azienda del paese, ha perso 110 miliardi di dollari da quando le sue pratiche sono state denunciate, il mese scorso, in un rapporto dell’Hindenberg Research, una società statunitense di monitoraggio degli investimenti. Il fondatore, Gautam Adani, ha respinto le accuse.

I partiti di opposizione, tra cui l’Indian National Congress, hanno chiesto una commissione parlamentare sulle attività del gruppo e hanno criticato la vicinanza a Gautam Adani del Primo ministro Narendra Modi, accusato di averne favorito le attività.

I manifestanti hanno contestato gli investimenti effettuati nell’Adani Group da parte di due enti sostenuti da risorse pubbliche, la Life Insurance Corporation (LIC) e la State Bank of India (SBI). Alle proteste si sono uniti anche alcuni movimenti per il diritto alla terra che, già negli anni scorsi, avevano criticato l’impatto sociale e ambientale delle attività estrattive del gruppo.

Fonti: Deccan HeraldThe Hans IndiaABC.

Migliaia di donne sono scese in piazza negli Stati Uniti per difendere il diritto all’aborto, partecipando a oltre 200 manifestazioni indette dalla Women’s March in 46 stati della federazione. Dal 1973 le attiviste marciano ogni 22 gennaio per ricordare la storica decisione nel caso Roe v. Wade, con cui la Corte Suprema aveva garantito a livello federale la possibilità di interrompere la gravidanza fino al momento in cui il feto fosse in grado di sopravvivere al di fuori dell’utero materno, anche con l’ausilio di un supporto artificiale.

Quest’anno le manifestazioni sono state molto partecipate, in quanto la sentenza Roe è stata rovesciata lo scorso giugno da una nuova sentenza che priva le donne di una tutela costituzionale federale per il diritto all’aborto: ogni Stato potrà adesso regolare autonomamente la questione, fino a impedire di fatto l’interruzione di gravidanza nella maggior parte dei casi.

La marcia principale si è tenuta quest’anno a Madison, nel Wisconsin. “La lotta ora è al livello dei singoli Stati, quindi è lì che stiamo andando”, ha detto Rachel O’Leary Carmona, direttrice esecutiva di Women’s March. La vicepresidente degli Stati Uniti, Kamala Harris, ha tenuto un discorso in occasione del 50° anniversario della sentenza Roe, in cui ha denunciato come il diritto all’aborto sia sotto attacco: “L’America è la terra dei liberi e la casa dei coraggiosi. Ma chiediamoci: possiamo essere veramente liberi se una donna non può prendere decisioni sul proprio corpo?”

Fonti: New York TimesThe National.

Tra il 10 e il 14 gennaio la polizia tedesca ha sgomberato centinaia di attivisti per il clima radunati a Lützerath, un piccolo villaggio abbandonato della Renania Settentrionale-Vestfalia, per impedire lo sfruttamento di una miniera di carbone presente nell’area e la distruzione del borgo.

Negli ultimi due anni e mezzo le case vuote di Lützerath, destinate alla demolizione per i lavori di estrazione, erano state recuperate e abitate dagli attivisti. Il numero dei manifestanti è cresciuto nelle ultime settimane, con centinaia di persone provenienti dalla Germania e da tutto il mondo, tra cui Greta Thunberg, decise a impedire l’inizio dei lavori da parte della società energetica RWE.

Il ritorno al carbone rientra nella strategia energetica del governo alle prese con le difficoltà di approvvigionamento di gas. Un rapporto della società di consulenza Aurora Energy Research indica che, considerando la sola produzione di carbone per la generazione elettrica, è possibile uno scenario senza la demolizione di Lützerath. Un altro rapporto di Europe Beyond Coal dell’agosto 2022, predisposto dall’Istituto tedesco per la ricerca economica, afferma che, anche con un maggiore utilizzo del carbone dovuto alla carenza di gas, sono disponibili riserve sufficienti senza aprire il sito di Lützerath.

Fonti: The GuardianDeutsche WelleIl Fatto QuotidianoQualEnergia.it

L’8 gennaio migliaia di sostenitori dell’ex presidente Jair Bolsonaro hanno preso d’assalto e danneggiato a Brasilia i palazzi delle principali istituzioni del paese: il Congresso Nazionale, la Corte Suprema, l’Ufficio del Presidente della Repubblica.  

I manifestanti si sono poi scontrati con la polizia federale, che li ha gradualmente dispersi ricorrendo a proiettili di gomma e lacrimogeni: si contano sei feriti gravi e quattrocento arresti. In un primo momento l’esercito ha impedito alla polizia l’accesso agli “accampamenti” dei seguaci di Bolsonaro, ma la Corte Suprema ha ordinato ai militari di smantellare i “campi bolsonaristi” su tutto il territorio nazionale entro 24 ore. 

Il presidente in carica, Luiz Inácio “Lula” da Silva, ha definito l’attacco “vandalico e fascista”, promettendo che i responsabili saranno individuati, giudicati e puniti in maniera esemplare. Da tutti i governi del mondo sono arrivate parole di condanna per quello che si configura come il più grave episodio sovversivo vissuto dal Brasile dalla fine della dittatura nel 1985. 

Sotto accusa anche i social media, per veicolare disinformazione e alimentare la rabbia dei seguaci di Bolsonaro (che, attualmente in Florida, respinge le accuse di aver fomentato l’insurrezione). Il giudice della Corte Suprema Alexandre de Moraes ha ordinato a Facebook, Twitter e TikTok di bloccare la “propaganda golpista” nel paese. 

Fonti: BBCil Fatto Quotidiano.

Pedro Castillo, eletto Presidente del Perù il 6 giugno 2021 con un programma fortemente progressista, il 7 dicembre 2022 è stato deposto dal Parlamento e arrestato per “sedizione” dopo aver tentato di sciogliere l’assemblea parlamentare intenzionata a chiedere il suo impeachment, per la terza volta nel giro di un anno e mezzo.

Fin dalle elezioni, Castillo ha avuto rapporti molto tesi con il Parlamento, a lui in maggioranza ostile. Per rispondere alle pressioni delle oligarchie economiche del paese e cercare di ammorbidire i parlamentari, l’ex Presidente ha modificato ripetutamente la composizione del governo, ma è anche entrato in conflitto col suo stesso partito, Perù Libre: la sua destituzione, arrivata dopo mesi di accuse di corruzione, riflette questo scollamento dalla sua base politica ed elettorale.

La presidenza del Perù è passata alla vice di Castillo, Dina Boluarte, che nel suo discorso di insediamento ha annunciato l’intenzione di creare un governo di unità nazionale che porti a una tregua nel paese, abbandonando la linea politica del predecessore.

I sostenitori di Castillo sono scesi in piazza a Lima e altre città del paese, chiedendo il rilascio dell’ex presidente e l’indizione di nuove elezioni, per il parlamento e per una assemblea costituente. Molti indossano magliette con la scritta: “Sciogli il Congresso corrotto! Pedro Castillo, libertà!”. I loro tentativi di “assedio” della Camera sono stati impediti dalla polizia con i lacrimogeni. Dall’inizio delle proteste si contano 22 morti e decine di feriti.

Fonte: El PaìsSkytg24

Nella notte del 20 novembre la Turchia ha colpito con raid aerei e droni vari territori curdi della Siria nord-orientale e nel Kurdistan iracheno, causando la morte di almeno trenta persone.  

Il Presidente turco giustifica l’aggressione come rappresaglia per l’attentato del 13 novembre al centro di Istanbul, che ha provocato 6 morti e 81 feriti, attribuendone la responsabilità al Partito dei lavoratori del Kurdistan (PKK) e all’Unità di protezione del popolo curde (YPG)accusa che entrambi hanno respinto.  

I bombardamenti in Siria avvengono in uno spazio aereo controllato da Russia e Stati Uniti, che hanno chiesto al governo turco di fermare gli attacchi. Il comandante delle Forze democratiche siriane a guida curda ha chiesto al Presidente Biden di prevenire un’incombente offensiva di terra turca per non compromettere la lotta contro l’ISIS. 

Questi attacchi hanno riportato all’attenzione la “questione curda”, aperta da più di un secolo per la mancata nascita di uno stato curdo indipendente dopo la fine dell’Impero ottomano. Oggi la popolazione curda è divisa tra Turchia, Siria, Iraq e Iran, ma è unificata dalla lingua e da tradizioni comuni, diverse da quelle dei paesi in cui vive, e lotta per la propria autodeterminazione. 

Fonti: Ahram OnlineMedyanewsMicroMegaInternazionale 

Nella tarda serata di domenica 6 novembre sono state fatte sbarcare al porto di Catania 357 delle 572 persone migranti a bordo della Geo Barents, nave di salvataggio di Medici senza frontiere. Il governo italiano, che per giorni aveva negato l’accesso al porto, ha consentito solo a donne, minori e migranti con fragilità di lasciare la nave, su cui restano al momento 215 uomini.

Dopo giorni di attesa in mare, resta attraccata a Catania anche la Humanity 1, nave della ong tedesca SOS Humanity144 delle 179 persone a bordo sono state fatte scendere, ma 35 uomini sono ancora a bordo. Il capitano, Joachim Ebeling, ha deciso di rispettare il diritto del mare – secondo cui un’operazione di soccorso si conclude con lo sbarco delle persone salvate in un luogo sicuro – disattendendo l’ordine delle autorità italiane di salpare dal porto “con il carico residuale”.

Contro i provvedimenti governativi la SOS Humanity ha annunciato ricorso al TAR del Lazio. Negare lo sbarco ad alcuni migranti, sulla base del genere, costituisce una forma di respingimento collettivo e configura un asilo selettivo in contrasto sia la Convenzione europea dei diritti dell’uomo che il principio di non respingimento della Convenzione di Ginevra sui rifugiati.

Da giorni altre due navi, la Ocean Viking di SOS Méditerranée e Rise Above della ONG tedesca Mission Lifeline, incrociano tra Siracusa e Catania: nessuna delle due ha ricevuto né risposta alla richiesta di porto sicuro, né l’autorizzazione ad entrare in porto. La situazione su Rise Above è particolarmente critica, con 93 persone su un’imbarcazione di 25 metri.

Fonti: ANSADire.

Tibù, in Colombia, è il municipio con più ettari di coca nel paese. Si sono contati nel territorio più di 13.000 migranti provenienti dal Venezuela impiegati nella raccolta e nella lavorazione. Ricevono 22 centesimi di dollaro per ogni chilo di foglie di coca. I più veloci riescono a guadagnare circa 22 dollari al giorno.

Ogni mattina i lavoratori e le lavoratrici portano le foglie raccolte affinché vengano pesate. Queste vengono poi mescolate e processate successivamente con calce, benzina e acido solforico per ottenere la pasta di coca, da cui per ulteriore cristallizzazione si ottiene la cocaina.

I “raschiatori”, come vengono chiamati gli addetti alla produzione, subiscono vari danni alla loro salute. Le loro mani tendono a essere rovinate e piene di calli, anche se le coprono con guanti o pezzi di stoffa. Sono esposti a malattie trasmissibili da zanzare e altri insetti che vivono nella regione.

Fonte: El País.

Nel distretto di Dhanbad nello stato di Jharkhand, in India, ardono circa 70 incendi sotterranei che continuano a bruciare decine di milioni di tonnellate di carbone. Qui ogni mattino almeno un centinaio di persone, bambini compresi, lavorano illegalmente trascorrendo intere giornate estraendo carbone. Le miniere sono estremamente rischiose a causa degli incendi sotterranei. I gas tossici riempiono i tunnel rendendoli inadatti alla respirazione. I bambini trasportano sulla testa grossi pezzi di carbone contenuti in ceste di vimini o altri contenitori. Le morti accidentali sono all’ordine del giorno. Una vita quotidiana dominata da grandi fatiche, trascorsa in mezzo al fuoco dell’autocombustione e al fumo che appesantisce l’aria, con notevoli rischi per la salute; il tutto per meno di 3$ al giorno. La miniera, che dovrebbe stimolare l’economia indiana, permette a malapena di tenere in vita gli abitanti dei villaggi locali.

Fonte: The Guardian.

La morte di Mahsa Amini, avvenuta lo scorso 16 settembre in seguito ai maltrattamenti subiti dalla polizia iraniana con l’accusa di non indossare correttamente il velo, ha dato vita a mobilitazioni di protesta e solidarietà in Iran e nel resto del mondo.

Bersaglio delle manifestazioni è il regime iraniano, criticato per il trattamento iniquo riservato alle donne e per la dura repressione delle proteste nate dopo la morte della ventiduenne curdo-iraniana. Nonostante le restrizioni su internet e cellulari, per impedire la diffusione di immagini e video, le proteste in Iran vanno avanti: si contano almeno 76 morti e 1200 arresti.

Tra le persone arrestate risulta esserci anche Faezeh Hashemi, figlia dell’ex presidente Rafsanjani, accusata di aver istigato disordini. Negli ultimi anni Hashemi siede nel parlamento iraniano ed è diventata una delle attiviste di spicco per i diritti delle donne.

Fonte: Ansaskytg24.

Sabato 17 settembre 2022 centinaia di persone hanno manifestato per le strade e le piazze centrali di Londra per chiedere la sospensione dell’agente di polizia responsabile dell’uccisione del 24enne afro-britannico Chris Kaba, avvenuta lunedì notte. Molti dei cartelli esposti nel corteo si richiamavano a Black Lives Matter, il movimento nato negli Stati Uniti contro le violenze della polizia ai danni delle persone nere. L’agente responsabile è attualmente sospeso.

Kaba era disarmato quando è stato ucciso. L’Ufficio indipendente per la condotta della polizia ha dichiarato che la vittima si trovava a bordo di un’automobile, la cui targa era stata rilevata da una telecamera e ricollegata a un incidente con armi da fuoco dei giorni precedenti.

Le statistiche mostrano che, come negli Stati Uniti, anche nel Regno Unito i giovani neri sono criminalizzati in modo sproporzionato – hanno 19 volte più probabilità di essere fermati rispetto alle persone bianche – e hanno più del doppio delle probabilità di morire durante o dopo il contatto con la polizia.

FontiChannel 4The TelegraphThe Guardian.

Il Pakistan e in particolare la provincia di Belucistan e la provincia meridionale del Sindhda, dallo scorso giugno con l’inizio della stagione dei monsoni, è stato colpito da gravissime inondazioni.

Secondo il ministro per i cambiamenti climatici, Sherry Rehmanun si tratta di “un disastro umanitario causato dal clima con piogge e inondazioni senza precedenti. Finora il Pakistan ha ricevuto una media di 166 millimetri di pioggia ad agosto, valore che è del 241 per cento sopra la media, ha detto il ministro, ma con un livello che nelle aree meridionali del Paese è del 784 per cento superiore“.
L’ultimo bilancio del National Disaster Management Authority (NDMA) registra più di 1000 mortimilioni di persone rimaste senza una casa a causa delle distruzione parziale o totale delle abitazioni causate dalle forti inondazioni.

Ali Tauqeer Sheikh, un esperto indipendente di cambiamenti climatici con sede a Islamabad, ha affermato che le prime inondazioni del 2010 colpirono le aree intorno al fiume Indo. Ma adesso le inondazioni hanno colpito anche le aree urbane, in quanto il cambiamento climatico è un moltiplicatore di minacce perché vi è stato un enorme aumento nella frequenza delle piogge nel Paese.

I leader pakistani hanno chiesto aiuto alla comunità internazionale e hanno in programma di lanciare un fondo di appello internazionale. Il ministero degli Affari esteri ha affermato che la Turchia ha inviato una squadra per aiutare con i soccorsi.

Fonte: Al Jazeera

Venerdì 5 agosto l’esercito israeliano ha colpito la Striscia di Gaza con ripetuti raid aerei: obiettivo dell’operazione “Breaking Down” era colpire con un attacco preventivo le Brigate al-Quds, ala militare della Jihad islamica a Gaza, accusate di “movimenti minacciosi” vicino al confine israeliano.

Francesca Albanese, relatrice speciale delle Nazioni Unite per i diritti umani nei territori palestinesi occupati, ha affermato che non vi è alcuna giustificazione per i bombardamenti di Gaza in quanto “il diritto internazionale consente l’uso della forza solo per autodifesa“.

L’organizzazione militare palestinese, vicina all’Iran, ha risposto lanciando razzi su Israele, intercettati al 97% dalla difesa missilistica “Iron Dome”. Nessun israeliano era stato ucciso o ferito gravemente, mentre il Ministero della salute palestinese ha riportato almeno 44 morti, tra cui 15 minori, e oltre 350 civili feriti. Le già critiche condizioni di vita nella Striscia ne risultano ulteriormente peggiorate.

Secondo alcuni analisti, l’attacco preventivo israeliano è stato deciso dal primo ministro ad interim Yair Lapid in vista delle imminenti elezioni politiche. Secondo altri analisti, l’Iran sta usando la Jihad islamica per fare di Gaza un’arena di scontro con Israele.

Domenica 7 agosto è stato siglato un cessate il fuoco mediato dall’Egitto, accettato da parte palestinese a condizione che Israele ponga fine al blocco di Gaza e rilasci due leader della Jihad islamica detenuti nelle proprie carceri.

Fonti: The ConversationPeoples DispatchTerra SantaLe Monde.

Lunedì 25 luglio sono scoppiati a Goma, nella Repubblica Democratica del Congo, violenti tumulti contro la sede locale dell’operazione di peacekeeping delle Nazioni Unite MONUSCO, presente nel paese dal 2010 per stabilizzare la situazione dopo una lunga guerra civile. La missione internazionale è accusata di non proteggere i civili dalla violenza del Movimento 23 marzo (M23), uno dei numerosi gruppi armati anti-governativi presenti nella regione.

La protesta, incoraggiata da alcune dichiarazioni governative favorevoli alla fine della missione di peacekeeping, è divenuta sempre più violenta dopo l’esplosione di lacrimogeni contro i manifestanti da parte delle forze dell’ordine e delle stesse unità delle Nazioni Unite. Durante gli scontri sono morte 5 persone, tra cui 3 membri delle forze internazionali, e almeno 50 sono rimaste ferite. 

Il segretario generale delle Nazioni Unite Antonio Guterres ha condannato con fermezza le violenze. “Qualsiasi attacco diretto contro le forze di pace delle Nazioni Unite può costituire un crimine di guerra. Invitiamo le autorità congolesi a indagare su questi incidenti e ad assicurare rapidamente i responsabili alla giustizia”, ha affermato il suo vice portavoce, Farhan Haq.

Fonti: The GuardianReutersAl-Jazeera.

Centinaia di attivisti/e per il clima, provenienti da diverse organizzazioni e 12 paesi europei, sono arrivati a Strasburgo il 5 luglio 2022 per spingere i parlamentari europei a mettere il veto sull’inclusione di gas e nucleare nella tassonomia europea degli investimenti sostenibili. Beatrice Trentin, di Fridays For Future Italia, ha dichiarato: “Vogliamo che i parlamentari europei dimostrino che possono essere indipendenti dalle lobby del gas, che nel 2021 hanno investito 100 milioni di euro per fare pressione sull’Unione Europea e hanno incontrato funzionari e parlamentari ogni due giorni. Questa è l’estate peggiore che abbiamo vissuto fino ad adesso e non potrà fare altro che peggiore nei prossimi anni: non possiamo permetterci di continuare a fare un passo avanti e due indietro verso la transizione ecologica“.

Nonostante le pressioni dei movimenti, il 6 luglio il Parlamento Europeo ha bocciato la risoluzione contraria alla tassonomia adottata a metà giugno dai membri delle commissioni Ambiente ed Economia: hanno votato contro la risoluzione 328 eurodeputati, 278 i favorevoli e 33 gli astenuti. Ora l’atto passa alla discussione e al voto del Consiglio Europeo. Se dovesse essere approvato, tra gli investimenti privati considerati utili ai fini della transizione figureranno, a determinate condizioni, anche quelli su gas e attività nucleari.

Fonte: Fridays For Future; Lifegate.

Dal 13 giugno 2022 la Confederazione delle Nazionalità indigene dell’Ecuador (CONIE) protesta a Quito e in altre città del paese contro il governo del Presidente Guillermo Lasso. Il movimento ha proclamato uno sciopero generale contro l’aumento dei costi del carburante e dei beni di prima necessità, chiedendo al governo misure per contrastare la crisi economica in corso da mesi, la corruzione e l’inefficienza del sistema sanitario. La protesta è causata anche dalle recenti concessioni minerarie nei territori indigeni, dalla mancanza di controlli sui prezzi dei prodotti agricoli e dalla rinegoziazione al rialzo dei debiti dei contadini con le banche. 

Allo sciopero delle comunità indigene, proclamato sulla base di dieci punti programmatici, hanno aderito anche studenti, studentesse, lavoratori e lavoratrici di vari settori produttivi. Dopo aver bloccato per giorni le strade di molte città, il 24 giugno un gruppo di manifestanti ha cercato di entrare nel palazzo del Parlamento. Il governo, che pure ha annunciato misure sociali ed economiche per rispondere alle richieste popolari, ha represso le proteste proclamando il 18 giugno lo stato di emergenza: secondo alcune organizzazioni per i diritti umani, dall’inizio delle proteste ci sarebbero 4 vittime tra i manifestanti, 90 feriti e 87 arresti. 

Fontiil PostReuters.

Lunedì 30 maggio 2022 sono partiti dalla città di Tapachula, nel Messico meridionale, più di 6.000 migranti in una carovana diretta verso gli Stati Uniti. Il loro obiettivo è riportare all’attenzione il tema delle migrazioni interamericane durante il Summit delle Americhe, convocato negli stessi giorni a Los Angeles. Il presidente degli Stati Uniti Joe Biden ha rinnovato la promessa di intervenire su alcune delle politiche migratorie più restrittive introdotte dall’amministrazione Trump.

Luis Rey García Villagrán, organizzatore della carovana e membro del Centro per i diritti e per la dignità umana di Tapachula, ha dichiarato che questa marcia è un atto politico con cui le decine di migliaia di migranti latinoamericani (molti dei quali provenienti dal Venezuela) bloccati nella città chiedono alla Commissione messicana per l’aiuto ai rifugiati (Comar) di verificare la loro documentazione e lasciarli passare verso gli Stati Uniti.

Con lo slogan “I migranti non sono criminali, sono lavoratori internazionali”, la carovana è partita all’alba sotto una pioggia persistente che ha costretto i partecipanti, fra cui molte donne e bambini, a proteggersi con teli di plastica e materiali di fortuna. Sono mesi che le persone in viaggio denunciano la strategia del governo messicano di confinarle nelle zone più meridionali del paese, in pessime condizioni di vita: molti hanno dovuto indebitarsi per fronteggiare i costi della migrazione e le opportunità di lavoro sono scarse nel sud del Messico.

Fonti: ANSA, Al Jazeera

In Medio Oriente le tempeste di sabbia sono tipiche del periodo di passaggio dalla primavera all’estate, causate dai venti che soffiano in questo periodo dell’anno. Nel 2022 però sono state straordinariamente frequenti e in Iraq ce n’è stata una quasi ogni settimana nell’ultimo mese e mezzo, causando numerosi problemi: più di mille persone sono state ricoverate in ospedale per problemi respiratori e molti voli sono stati cancellati.

L’aumento della frequenza e dell’intensità delle tempeste di sabbia mediorientali è stato associato all’aumento delle temperature, ma anche alla scarsità d’acqua, legata all’eccessivo sfruttamento delle risorse idriche, all’uso di dighe e alla deforestazione.

L’Iraq è particolarmente vulnerabile al problema sia per la sua conformazione fisica pianeggiante sia per la cattiva gestione delle risorse idriche, la forte urbanizzazione e la perdita di due terzi della sua vegetazione storica.
Secondo il ministero dell’ambiente iracheno, nei prossimi vent’anni il paese potrebbe trovarsi ad affrontare una media di 272 giorni all’anno con tempeste di sabbia, e oltre 300 entro il 2050, essendo uno dei cinque paesi più esposti ai problemi causati dal cambiamento climatico e dalla desertificazione.

Fonte: Il Post 

Oltre 4 milioni di persone, in 5 distretti nel nord-est del Bangladesh, sono state colpite da forti piogge seguite da devastanti inondazioni, che hanno sommerso terreni agricoli, distrutto case e danneggiato infrastrutture fondamentali, dalle centrali elettriche alle scuole.

Almeno 60 persone risultano scomparse. E sono stati segnalati numerosi casi di diarrea, infezioni respiratorie e malattie alla pelle. Secondo l’Unicef sono oltre 1,5 milioni i bambini esposti a un maggiore rischio di malattie legate all’acqua, annegamento e malnutrizione.

Le inondazioni sono un fenomeno ricorrente nel Bangladesh, ma numerosi esperti hanno dichiarato che episodi critici come questo sono la conseguenza della crisi climatica, valutazione confermata anche dal raggiungimento di temperature eccezionali, che sfiorano i 50 gradi.

Fonte: Al JazeeraGreenReport.

Tra il 4 e il 14 aprile si è svolto, dopo due anni di stop forzato a causa della pandemia, il 18° Acampamento Terra Livre (ATL) che ha visto la partecipazione di circa 8.000 indigeni provenienti da tutto il Brasile. Le popolazioni indigene hanno protestato pacificamente tra le strade della capitale riempiendole di musica, colori e danze.

La manifestazione ha assunto un carattere fortemente rivendicativo, allo scopo di contrastare le politiche anti-indigene dell’amministrazione del presidente Jair Bolsonaro, soprattutto in vista delle elezioni generali previste il prossimo ottobre. Lo scopo della protesta è di chiedere la salvaguardia dei diritti di tutela ambientale e culturale.

Joênia Wapichana, la prima deputata indigena del paese, ha dichiarato: “L’ATL è un’opportunità per unire i leader indigeni e brasiliani di tutto il paese per difendere i loro diritti costituzionali“. Al centro della protesta quella che gli attivisti hanno definito una “combo mortale” di progetti di legge relativi all’ambiente, attualmente in esame al Congresso: il primo mira ad aprire le terre indigene all’estrazione mineraria e ad altri sfruttamenti commerciali; il secondo cambierebbe le regole sulla demarcazione del territorio indigeno.

Fonte: The GuardianAl Jazeera.

Venerdì 15 aprile la polizia israeliana ha fatto irruzione in tenuta anti-sommossa nell’area della moschea di Al-Aqsa, a Gerusalemme Est, durante la prima preghiera del giorno. La Spianata, che accoglie la storica moschea, è stata illegalmente annessa dallo Stato israeliano dopo la Guerra dei Sei giorni del 1967.

L’intervento della polizia è avvenuto a seguito delle provocazioni di numerosi coloni israeliani nell’area della moschea, tra le 7 e le 10 del mattino, e delle proteste dei musulmani: secondo vari testimoni, i coloni hanno compiuto rituali talmudici nei cortili della moschea, sotto la protezione della polizia israeliana, che è poi intervenuta contro i fedeli musulmani sparando proiettili di gomma e lacrimogeni.

La moschea di Al-Aqsa è gestita da una fondazione islamica giordano-palestinese, il Jerusalem Islamic Waqf. Fino al 2005 le visite dei non musulmani al sito erano gestite tramite prenotazioni. Da allora, coloni israeliani e attivisti di estrema destra “visitano” spesso il cortile della moschea, con l’obiettivo ricostruire l’antico tempio di Gerusalemme, fatto erigere da Salomone, al posto di Al-Aqsa.

Dopo l’incursione di venerdì 15 aprile, i medici hanno riferito di almeno 158 palestinesi feriti e più di 300 arrestati, mentre le forze israeliane sono state accusate di aver ostacolato l’arrivo di ambulanze e paramedici alla moschea. Nei giorni successivi si sono verificati altri momenti di tensione, sempre con l’intervento della polizia.

Fonti: InternazionaleMiddle East Eye.

Il territorio del KwaZulu-Natal, nel Sudafrica orientale, è stato colpito nella seconda settimana di aprile 2022 da violente piogge degenerate in inondazioni. Almeno 45 persone sono rimaste uccise. Decine di costruzioni sono state distrutte. I principali nodi di comunicazione sono crollati. L’acqua e il fango hanno ostacolato i soccorsi. Nelle immagini, una donna in accappatoio a fianco della sua abitazione: davanti a lei una voragine e una vita da ricostruire. Un uomo a piedi nudi fermo a pensare: dietro di lui ciò che resta del cortile di una casa.

Non si tratta di un episodio isolato: lo scorso gennaio, un nubifragio sulla città costiera di East London ha ucciso almeno 10 persone e lasciato centinaia di altre senza casa. Gli scienziati ritengono che questi eventi estremi siano causati dal cambiamento climatico. Il servizio meteorologico nazionale afferma che eventi simili potrebbero diventare comuni, ma non li collega alla crisi climatica. Nel 2019 il Dipartimento dell’ambiente ha elaborato un Piano per potenziare l’adattamento ai cambiamenti climatici, mirando a sviluppare una rapida capacità di intervento in caso di eventi meteorologici estremi. L’ultima inondazione ha mostrato quanto l’attuazione di tale Piano sia ancora carente.

Fonte: Reuters.

Dimenticata dai media e dal pubblico occidentali, la guerra in Yemen è entrata in questi giorni in una tregua per il Ramadan.

Le origini del conflitto risalgono al 2011, quando le proteste popolari hanno costretto il presidente Ali Abdullah Saleh a cedere il posto al suo vice, Abdrabbuh Mansur Hadi. È iniziata da quel momento una fase di crescente instabilità, sfociata nel 2014 nell’occupazione della capitale Sana’a da parte del movimento sciita Huthi, che non riconosce il governo in carica ed è sostenuto dall’Iran. Nel 2015 l’intensificarsi degli scontri ha indotto l’Arabia Saudita e altri stati dell’area, prevalentemente sunniti, a intervenire militarmente per ripristinare il governo di Hadi. In questa nuova fase, interrotta da numerose tregue inconcludenti, sono stati bombardati molti centri abitati causando una grave crisi umanitaria: più di 4,3 milioni di persone, di cui la metà minori, sono state costrette a fuggire dalle proprie case.

Le Nazioni Unite stimano che, alla fine del 2021, i morti civili sono almeno 377.000, la maggior parte dovuti alla mancanza di beni essenziali quali cibo, acqua pulita e assistenza sanitaria. La pandemia ha aggravato ulteriormente la situazione: per l’assenza di copertura vaccinale e di cure adeguate, quasi un quinto dei casi di Covid-19 si è concluso con un decesso.

Fonti: Campaign against arms tradeAl Jazeera.

Lo scorso 15 marzo la capitale dello Sri Lanka, Colombo, è stata attraversata da forti proteste contro la crisi economica e la sua cattiva gestione da parte del governo. La crisi, che si trascina da tempo, è stata aggravata di recente dagli aumenti dei prezzi dei carburanti a seguito della guerra in Ucraina. Il 22 marzo il governo ha deciso di schierare personale militare in centinaia di distributori di benzina per evitare l’accaparramento, in un momento di grave carenza di carburante: la decisione è arrivata dopo che quattro persone erano rimaste uccise durante le lunghe code ai distributori.

Il caro vita, causato da un’inflazione stimata intorno al 14%, si accompagna alla carenza di beni di prima necessità: davanti ai negozi di generi alimentari si formano da settimane lunghe code. A causa della penuria di carta da stampa, sono stati rimandati gli esami scolastici per milioni di studenti, che per protesta hanno scioperato e riempito le strade di molte città del paese. Il governo si appresta a chiedere l’intervento del Fondo monetario internazionale per ristrutturare il proprio debito, che ammonta attualmente a 7 miliardi di dollari, di cui 1 miliardo di dollari in scadenza il prossimo luglio: tra le prime cause di indebitamento del paese, le spese militari per la guerra civile che, dal 1983 al 2008, ha soffocato l’economia del paese.

Fonti: Peoples dispatch; The Guardian; New York Times.

Dall’inizio dell’anno numerose ragazze indiane di religione musulmana manifestano nelle strade di Bengaluru e di altre città dell’India contro la decisione di alcuni dirigenti scolastici di proibire l’uso del hijab a scuola. Le studentesse rivendicano di poter indossare il velo come loro diritto alla libertà religiosa, garantito dalla Costituzione indiana. Muskan Khan, una delle voci principali della protesta, ha dichiarato: “Chiediamo al governo di intervenire sui dirigenti scolastici che ci impediscono di frequentare le scuole usando il hijab come pretesto, e di garantire che tali violazioni dei nostri diritti non si ripetano”. Il movimento ha presentato una petizione presso la corte distrettuale per chiedere che il divieto del hijab venga revocato, provocando però le proteste degli studenti indù più tradizionalisti. La mobilitazione delle studentesse di Bengaluru su inserisce nel quadro delle crescenti tensioni religiose tra musulmani e indù nello Stato del Karnataka, dove solo il 13% della popolazione segue l’Islam. Lo stato, governato dal Partito del Popolo Indiano (BJP), ha vietato la vendita e l’uccisione di vacche, animale sacro per gli indù ma parte importante della dieta musulmana, e vuole rendere più difficili i matrimoni inter-religiosi e la conversione a fedi diverse da quella induista.

Fonti: ReutersCNNIQNA

Nei primi dieci giorni del 2022 le regioni di Minas Gerais, Para e Maranhão, nel sud-est del Brasile, hanno visto forti precipitazioni (quasi 400mm in 10 giorni) che hanno sovraccaricato i bacini fluviali. Queste inondazioni non sono del tutto naturali, nonostante le aree interessate si trovino nella Zona di Convergenza dell’Atlantico Meridionale e sia adesso la stagione delle piogge: esse hanno anche cause umane. Le aree colpite si trovano lungo le sponde del fiume Tocantis, che ha visto la creazione di cinque dighe, accompagnata dalla distruzione di habitat naturali, comprese le foreste ripariali, e dalla costruzione di infrastrutture e agglomerati urbani. Uno studio pubblicato nel 2021 aveva già messo in evidenza i rischi idrogeologici legati alle dighe lungo il Tocantis, cui si sommano la dislocazione di popolazioni indigene locali e gli effetti sul clima: a causa della materia organica che si accumula nei suoi fondali, le dighe sono anche una fonte di metano, il cui impatto sull’aumento delle temperature medie è stimato essere 80 volte maggiore rispetto all’anidride carbonica. Non è la prima volta che queste regioni del Brasile sono colpite da inondazioni, anche a causa dell’innalzamento delle temperature: senza una risposta preventiva di tipo strutturale, e senza un adattamento ai cambiamenti già avviati, simili eventi catastrofici sono destinati a ripetersi e a produrre danni notevoli al territorio, alla popolazione e alle infrastrutture umane, tra cui anche ospedali.

Fonti: The Atlantic, Reuters.

Continuano le proteste in Sudan, soprattutto nella capitale Khartoum: ancora repressioni e morti, sia tra i manifestanti che tra le forze dell’ordine. Le proteste si sono nuovamente inasprite quando all’inizio di gennaio 2021 sono stati lanciati gas lacrimogeni contro le migliaia di manifestanti diretti verso il palazzo presidenziale.

Oggetto delle ultime proteste era l’accordo che il primo ministro Abdallah Hamdok aveva stretto con i militari, protagonisti di un colpo di Stato lo scorso 25 ottobre. Dopo le dimissioni del primo ministro, il potere resta tutto in mano ai militari.

Gli attivisti di opposizione continuano a chiedere il ritorno alla democrazia ma anche giustizia per i più di 50 manifestanti uccisi dall’inizio del golpe e per gli oltre 250 civili uccisi nei tumulti che, nel 2019, hanno posto fine ai 30 anni di governo di Omar al-Bashir . Il 2022, secondo un loro appello lanciato sui social, dovrà essere “l’anno della continuazione della resistenza“.

Fonti: AnsaAljazeeraISPI.

Dall’inizio di novembre 2021 il Burkina Faso attraversa una fase di crescente violenza interna. Lo scorso 27 novembre la capitale Ouagadougou ha visto le proteste organizzate dal gruppo “27 November Coalition”, che chiede le dimissioni del presidente Roch Marc Chirstian Kaboré. La popolazione denuncia l’inabilita del governo di contrastare le influenze di gruppi terroristici presenti nella regione africana del Sahel, oltre alla massiccia presenza di truppe francesi, stanziate per contrastare i gruppi terroristici: le proteste di fine novembre sono nate in risposta a un attacco terroristico eseguito da un gruppo associato ad al-Qaida, che ha ucciso oltre 50 persone nel nord del paese. In risposta alle manifestazioni, il governo ha schierato squadre di intervento anti-sommossa che hanno sparato gas lacrimogeno contro la folla, ferendo vari manifestanti e giornalisti.

Fonti: BBCVOA

Il fotografo turco Mehmet Aslan ha vinto il prestigioso Siena International Photo Awards del 2021 con questa foto intitolata “Hardship of life”.

L’abbraccio tra un padre e un figlio diventa una potente metafora delle ferite che la guerra – in questo caso, la guerra in Siria – incide sui corpi delle persone, ma anche il simbolo della resistenza che proviene dai legami d’affetto.

L’uomo, di nome Munzir, ha perso la gamba destra durante un bombardamento del mercato a Idlib. Il figlio Mustafa, di cinque anni, è nato senza gli arti superiori e inferiori a causa di una malformazione congenita rara, la tetramelia, causata dai farmaci necessari alla sopravvivenza della madre, Zeynep, colpita durante la guerra dal gas nervino.

Lo scatto è stato selezionato tra le migliaia di immagini inviate dai fotografi e dalle fotografe di 163 paesi. Le altre immagini premiate sono esposte dal 23 ottobre al 5 dicembre 2021 al Festival Siena Awards ospitato nella città toscana.

Fonte: The Guardian.

Mapuche, abitanti indigeni del Cile centro-meridionale e dell’Argentina sud-occidentale, sono scesi per le strade di Santiago, lo scorso 12 ottobre, per la Marcia della resistenza Mapuche e dell’autonomia popolare. Il popolo Mapuche ha contestato l’eredità colonialista del “Columbus Day”, noto in vari paesi dell’America Latina come “Day of the Race“. 

La polizia cilena ha attaccato i manifestanti con gas lacrimogeni e cannoni ad acqua, arrestando almeno 10 persone e ferendone altre 18. L’avvocata per i diritti umani e studentessa universitaria Denisse Cortés Saavedra è stata ferita durante la protesta ed è morta in seguito in ospedale. I Mapuce hanno combattuto per secoli i colonizzatori. I loro obiettivi attuali includono l’opposizione al governo conservatore di Sebastián Piñera e alle sue politiche a favore delle imprese, contro i diritti dei popoli indigeni. 

Fonte: redfish 

Gli attivisti brasiliani del “Movimento dei lavoratori senza tetto” (MTST) hanno occupato lo scorso 23 settembre la borsa di San Paolo “B3”, la seconda più grande delle Americhe e la tredicesima più grande del mondo. La protesta è stata motivata dall’aumento dei prezzi del cibo e dalla crescita delle disuguaglianze nel paese, per effetto delle politiche economiche del governo Bolsonaro. Gli attivisti hanno dichiarato di aver occupato il luogo “dove si diventa miliardari, mentre noi cadiamo in povertà”. Il Brasile è una potenza agricola globale che ha prodotto cibo per circa il 10% della popolazione mondiale lo scorso anno. Eppure, 19 milioni di brasiliani oggi soffrono la fame e 116 milioni vivono in una condizione di insicurezza alimentare.

Fonte: redfish

In pochi giorni, dopo il ritiro delle truppe statunitensi e con l’assenso di fatto degli Stati Uniti, i Talebani hanno conquistato Kabul e controllano ormai gran parte dell’Afghanistan. Il fallimento della lotta al terrorismo e della politica di “esportazione della democrazia” con l’uso della forza militare non può essere più clamoroso. In queste ore concitate, in cui in migliaia cercano di scappare dal paese, il pensiero va alle donne, alle ragazze e alle bambine afghane che, con grande fatica, avevano riguadagnato alcune libertà e alcuni diritti, e che adesso sono minacciate dal ritorno di un regime duramente patriarcale, fonte in passato di violenze e abusi. Lo stesso rischio corrono le minoranze etniche, come gli Hazara. Non è il momento di lasciare sole le forze democratiche della società civile afghana, ma di sostenere la loro lotta per un paese finalmente più sicuro e giusto per tutte e tutti. E di garantire il diritto di asilo a quanti lasceranno il paese per paura di persecuzioni o violenze.

Fonti: Shamsia Assami (immagini); Upday.

Il conflitto che, nei mesi passati, ha visto contrapposti l’esercito etiope e quello dei Tigrai, sembra essere arrivato a una svolta. Dopo una improvvisa disfatta, migliaia di soldati etiopi sono stati fatti prigionieri e spinti a marciare attraverso la capitale del Tigrai, Mekelle. Fino a questo momento, il conflitto ha prodotto quasi due milioni di sfollati ed è stato accompagnato da numerose violenze sui civili. Adesso si teme per le condizioni di vita dei prigionieri di guerra etiopi: in base alle Convenzioni di Ginevra i prigionieri hanno diritto a cibo, acqua, vestiario, protezione da violenza e da trattamenti degradanti.

Fonte: New York Times.

Il G7 delle grandi potenze mondiali, svoltosi nella prima settimana di giugno in Cornovaglia, è stato accompagnato da numerose azioni organizzate da movimenti contro il cambiamento climatico. Tra le iniziative più visibili e creative, quelle del gruppo Extinction Rebellion i cui attivisti sono letteralmente emersi dalle acque e dalla terra, per denunciare l’inerzia e la lentezza dei grandi della Terra rispetto alle sfide del cambiamento climatico, a partire dalla drastica riduzione dell’uso dei combustibili fossili.

Fonte: Global citizen.

Dall’inizio di maggio 2021 la Colombia è attraversata da grandi proteste contro la riforma fiscale promossa dal governo per contrastare la crisi economica, scoppiata e peggiorata anche in coincidenza della pandemia. La riforma proposta avrebbe abbassato la soglia di tassazione degli stipendi, colpendo chiunque avesse un reddito mensile di 2,6 milioni di pesos (684 dollari). Avrebbe inoltre eliminato molte delle attuali esenzioni di cui godono i privati e avrebbe anche aumentato in forma poco progressiva le tasse sulle imprese. Ai primi comizi, organizzati dai più grandi sindacati del paese, si sono uniti cittadini e cittadine dei ceti medio-bassi, i più esposti ai cambiamenti introdotti dalla riforma e tra i più colpiti dalla crisi. Dalla capitale Bogotà le manifestazioni di protesta si sono estese a gran parte del paese: a un mese dall’inizio delle mobilitazioni, i dati ufficiali registrano 59 morti e più di 2.300 feriti tra civili e forze dell’ordine, che hanno in genere represso duramente le proteste.

Fonte: BBC.

L’India ha superato la soglia dei 17 milioni di casi accertati di Covid-19. Dall’inizio della pandemia, si contano più di 200.000 morti. I decessi al giorno ricollegabili al Covid hanno raggiunto più volte le 3.000 persone. Gli ospedali sono in una situazione di gravissimo sovraffollamento e non riescono a garantire i ricoveri e le cure necessarie. Le immagini dei roghi a perdita d’occhio destinati alla cremazione dei cadaveri dà l’idea di una situazione estremamente critica, che richiede un grande sforzo di solidarietà internazionale e un ripensamento profondo delle politiche sanitarie, a livello nazionale e internazionale. Anche perché la crisi sanitaria indiana avrà ricadute su tutto il mondo.

Fonte: Internazionale.it

A Roma, sui muri del Ministero della Salute, è comparso nei giorni di Pasqua un graffito dello street artist Harry Greb. Rappresenta una colomba che porta dei vaccini: sul corpo ha un portellone d’aereo aperto, con due flaconi di vaccino anti-Covid che scendono con un paracadute. Un chiaro messaggio di come la costruzione della pace passi anche attraverso un accesso equo e universale ai farmaci, a partire dal vaccino contro il Covid-19.

Fonte: Harry Greb.

Un’immersione con pinne e boccaglio per mostrare da sotto l’Oceano Indiano il cartello Youth Strike for Climate”. Così l’attivista 24enne Shaama Sandooyea, insieme a Greenpeace, ha portato la protesta contro il cambiamento climatico e per la transizione a largo delle coste di Mauritius. Risuona anche qui il messaggio del Global strike, indetto da Fridays for future il 19 marzo. La scelta non è casuale: le isole Mauritius, uno dei paradisi marini della biodiversità a livello mondiale, sono state colpite dallo sversamento di mille tonnellate di petrolio il 25 luglio scorso.

Fonte: gretathunberg.

In Birmania proseguono le manifestazioni di piazza contro il colpo di stato guidato dall’esercito, nonostante i militari abbiano vietato i raduni con più di 5 persone nelle città di Yangon e Mandalay e abbiano imposto il coprifuoco. Si protesta dal 2 febbraio, il giorno dopo l’arresto di Aung San Suu Kyi, la leader della Lega nazionale per la democrazia risultata vincitrice delle ultime elezioni con l’83% dei voti. La repressione cresce di giorno in giorno: proiettili, granate assordanti e gas lacrimogeni sono stati sparati da polizia ed esercito contro manifestanti in diverse città. Il bilancio di 18 morti e 30 feriti della giornata del 1. marzo è già stato superato il 3 marzo, quando sono state uccise 38 persone. [Dall’inizio della repressione dei movimenti di protesta, i morti hanno superato le 700 persone. Aggiornamento 12 aprile 2021].

Fonti: ISPI.

Le condizioni dei migranti in Bosnia-Erzegovina sono sempre più critiche. Il campo di Lipa è stato incendiato il 23 dicembre scorso, lasciando senza un tetto quasi mille persone, bloccate dalle temperature sotto lo zero e dai respingimenti al confine tra Bosnia e Croazia e tra Italia e Slovenia. La Commissione Europea prevede ulteriori 3,5 milioni di euro per aiutare la Bosnia, in aggiunta agli oltre 88 milioni stanziati dal 2018: le condizioni di accoglienza pessime dimostrano, però, quanto siano inefficaci oltre che ingiuste le politiche di “esternalizzazione delle frontiere”.

Fonti: Annalisa Camilli; Avvenire.

Le immagini di Giovanni Izzo accompagnano l’e-book Benvenuti. Scaricabile gratuitamente, il volume racconta da diverse prospettive una realtà complessa e in continuo cambiamento: quella dei rifugiati coinvolti in Italia in progetti di “accoglienza diffusa”. Benvenuti è uno strumento di comprensione e innovazione sociale: per questo raccoglie dati, analisi e descrizioni di importanti esperienze locali, da Santorso a Gioiosa Jonica, passando per la provincia di Bolzano.

Fonte: Comune.info

Proseguono in Polonia le manifestazioni contro le nuove restrizioni in materia di interruzione volontaria di gravidanza. Quasi ogni giorno, dal 22 ottobre 2020, migliaia di manifestanti scendono in strada in decine di città per sostenere lo “sciopero delle donne”, contro la sentenza della Corte costituzionale che ha vietato l’aborto in caso di malformazione del feto. Sostenuta dal governo conservatore, la Corte ha limitato la possibilità di aborto ai soli casi di pericolo di vita per la madre e di stupro (casi che corrispondono al 2% degli aborti legali nel paese). Anche grazie alle mobilitazioni di massa per la libertà di scelta, l’applicazione della sentenza risulta a oggi sospesa.

Fonte: Strajk KobietThe GuardianWired.

Il 17 settembre 2020 è stata inaugurata, all’ingresso di Foggia, un’installazione dello street-artist Alessandro Tricarico intitolata “Solo braccia”: due mani tengono due piante di pomodoro, in bianco e nero, su un silos alto 32 metri. L’opera ricorda i 16 braccianti stranieri morti nell’agosto 2016 in due incidenti stradali. I lavoratori erano stipati in furgoncini gestiti dai “caporali”: l’ultimo anello di una lunga catena di sfruttamento che, approfittando della vulnerabilità delle persone, va dai campi alle nostre tavole, passando per la grande distribuzione.

Fonte: Foggia Today.

L’avvocata Ebru Timtik è morta il 27 agosto nel carcere di Istanbul, dove si trovava da 18 mesi con l’accusa di legami con il Fronte Rivoluzionario della liberazione popolare (Dhkp). Da tempo conduceva uno sciopero della fame per protestare contro le condizioni di detenzione e le violazioni dei diritti umani nel paese. Sulla sua bara una bandiera rossa, un abito da avvocato e dei garofani. L’avvocata aveva difeso anche la famiglia di Berkin Elvan, un adolescente morto nel 2014 per le ferite riportate durante le proteste di Gezi Park. Ebru Timtik non è la prima vittima del sistema carcerario turco e, in assenza di un cambio di governo e di politiche nel paese, non sarà l’ultima.

Fonte: la Repubblica.

Mario Paciolla, 33enne, operatore delle Nazioni Unite in procinto di rientrare in Italia, è stato trovato morto lo scorso 15 luglio nella sua casa di San Vicente del Caguán, alle porte dell’Amazzonia colombiana. In molti chiedono verità e giustizia, perché diversi elementi portano a scartare l’ipotesi di suicidio avanzata dalla polizia colombiana. Dopo due anni come volontario per l’organizzazione non-governativa Peace Brigades International, dall’agosto 2018 Mario Paciolla collaborava con la Missione delle Nazioni Unite sulla verifica degli accordi di pace tra il governo e le Forze Armate Rivoluzionarie della Colombia (Farc). Una missione delicata, in una regione segnata da oltre 50 anni di guerra civile e dove una vera pace continua a essere una speranza, una promessa non mantenuta.

Fonti: vita.it; valigiablu.it; open.online.

Il 6 luglio 2020 la nave Ocean Viking, gestita da SOS Mediterranée, ha finalmente ricevuto l’autorizzazione a sbarcare a Porto Empedocle 180 persone salvate in mare. Dal 26 giugno l’imbarcazione per sette volte aveva chiesto alle autorità marittime italiane e maltesi di poter attraccare, ricevendo altrettanti rifiuti. Venerdì pomeriggio, la nave aveva dichiarato lo stato di emergenza dopo sei minacce di suicidio in 24 ore da parte delle persone a bordo. Domenica tutti i migranti erano stati sottoposti al tampone, risultando negativi al Covid-19.

Fonti: ilpost.it; SOS Mediterranée.

16 artisti hanno realizzato la scritta “Black Lives Matter” a lettere cubitali e colorate su una strada di Toronto. Un forte messaggio di solidarietà al movimento anti-razzista globale, sceso in piazza da settimane per reagire all’uccisione di George Floyd e che ha posto all’ordine del giorno la riforma radicale e il de-finanziamento della polizia. La settimana scorsa il Consiglio comunale della città aveva dibattuto la questione, approvando un piano di contrasto al razzismo istituzionale nella polizia.

Fonte: blogto.com

Il premier israeliano Benjamin Netanyahu ha annunciato che il 1. luglio 2020 verranno annesse a Israele le colonie in Cisgiordania, corrispondenti a circa il 30% del territorio. Gerico diventerebbe una exclave. Il timore del Coronavirus e le restrizioni legate alla crisi sanitaria non hanno impedito a migliaia di palestinesi di manifestare il loro dissenso a RamallahGerico e vari centri della West Bank.

Fonte: globalist.it

Sarah Hegazi, attivista queer egiziana, si è suicidata a 30 anni il 14 giugno 2020. Nel 2017 era stata arrestata per aver sventolato una bandiera arcobaleno a un concerto. Stuprata e torturata in carcere, era stata liberata un anno fa grazie a una campagna internazionale. Da allora aveva trovato asilo in Canada. Alle compagne del collettivo di cui faceva parte diceva spesso: «Non mi sono mai sentita così viva come durante la rivoluzione».

Fonte: Gay Times; Spring.

Lo street-artist Banksy ha commemorato George Floyd, ucciso dalla polizia di Minneapolis, accompagnando la sua opera con queste parole: “Le persone nere sono tradite dal sistema. Il sistema dei bianchi. È come un tubo rotto che allaga l’appartamento di sotto. Questo sistema difettoso rende la loro vita miserabile, ma non è loro responsabilità ripararlo. È un problema dei bianchi. Se i bianchi non lo riparano, qualcuno dovrà salire al piano di sopra e sfondare la porta”.

Fonte: instagram.com/banksy/

Gli Stati Uniti in piena pandemia sono attraversati da manifestazioni di protesta per l’uccisione di George Floyd da parte della polizia di Minneapolis, il 25 maggio 2020. Per la prima volta a manifestare non sono soltanto le persone nere e i movimenti anti-razzisti, come Black Lives Matter, ma anche alcuni settori delle forze dell’ordine. Come a Coral Gables, Florida, dove gli agenti si sono inginocchiati in segno di solidarietà verso la vittima e la comunità afro-americana. #WeCantBreathe

Fonti: eu.app.com; nbcnews.com

La crisi sanitaria da Covid-19 offre al governo USA l’alibi per attaccare la Repubblica Popolare Cinese. In tempi di nuova Guerre fredda, è apparso sui resti del Muro di Berlino un nuovo murale, che riprende il famoso bacio tra Honecker e Brezhnev sostituendoli con Donald Trump e Xi Jinping.

Fonte: Getty

Banksy, lo street-artist di fama mondiale, ha realizzato una nuova opera intitolata Game changer, in cui un’infermiera prende il posto dei supereroi. L’opera è stata lasciata in un corridoio dell’University Hospital di Southampton.

Fonte: instagram.com/banksy

In Amazzonia si scavano centinaia di fosse comuni per seppellire i morti Covid-19. Con i pochi posti di terapia intensiva ormai al completo. Il sindaco di Manaus ha denunciato l’emergenza, attaccando l’indifferenza del presidente brasiliano Jair Bolsonaro.

Fonte: Ansa

Più di 2000 cittadini si sono riuniti in Rabin Square, a Tel Aviv, il 15 aprile 2020 rispettando le norme sul distanziamento sociale per protestare contro Netanyahu e il suo tentativo di formare un governo di unità nazionale con il suo ex contendente, Benny Gantz.

Fonte: EPA/ABIR SULTAN.

Nelle giornate di Pasqua gli unici ad affollare le metropolitane delle grandi città italiane (Milano, nella foto a sinistra) sono stati i riders, ossia i lavoratori delle consegne di cibo a domicilio per conto delle piattaforme digitali. In tanti hanno lamentato l’assenza di idonei dispositivi individuali di protezione (foto a destra). Il 1° aprile 2020 il Tribunale di Firenze ha accolto il ricorso di un rider estendendo al committente, ossia alla piattaforma digitale, l’obbligo di mettere a disposizione dei lavoratori attrezzature idonee a tutelare la loro salute e sicurezza.

Fonte: blitzquotidiano.it

La pandemia da COVID-19 è diventata subito oggetto di rappresentazione da parte degli/delle street artists di tutto il mondo, secondo una molteplicità di stili e modalità. Fin dalla sua apparizione, l’arte di strada costituisce un potente mezzo di comunicazione e sensibilizzazione sociale, e potrà certamente contribuire a farci comprendere il senso della pandemia da punti di vista inediti. Qui una donna in gravidanza passa davanti un murale a Hong Kong, il 23 marzo 2020.

Fonte: Anthony Wallace/AFP via Getty Images