mercoledì, Aprile 24, 2024
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Vivere il Ramadan all’università: intervista a Renata Pepicelli

In occasione della fine del Ramadan abbiamo intervistato la professoressa Renata Pepicelli, docente di Storia del mondo arabo contemporaneo all’Università di Pisa e membro del Centro Interdisciplinare “Scienze per la Pace”. Nel corso della conversazione è stato approfondito il significato religioso e culturale del Ramadan e si è discusso della decisione di celebrare per la prima volta l’Iftar, l’interruzione del digiuno giornaliero, alla mensa universitaria: un segnale importante per promuovere il pluralismo religioso nell’ateneo, anche per costruire una Pisa più inclusiva.

Cosa rappresenta il Ramadan per i credenti musulmani? Qual è il suo significato e il suo valore nell’Islam?

Il Ramadan è il nono mese dell’anno islamico. È un mese molto importante per i fedeli poiché, secondo la tradizione, è in questo mese che il profeta Mohammed ha ricevuto la prima rivelazione del Corano. La notte in cui è avvenuta questa rivelazione è nota come Laylat al-Qadr: per convenzione la si fa cadere nella notte di un giorno dispari dell’ultima decade di Ramadan e in questa occasione i musulmani intensificano le loro preghiere.

Il Ramadan è un mese in cui gli uomini e le donne musulmane ricercano una dimensione più intensa della loro spiritualità. Il digiuno dall’alba al tramonto – la pratica per cui il Ramadan è più conosciuto al di fuori della comunità musulmana – è una disciplina del corpo ma anche dello spirito e della mente: è una forma di autocontrollo sugli appetiti elementari, ma anche sulle passioni negative. Non si tratta solamente di digiuno dal cibo o di astensione dall’acqua: il Ramadan dovrebbe essere un periodo nel quale astenersi dai cattivi pensieri, dal parlar male degli altri, dalle cattive azioni, e non si dovrebbero neppure avere rapporti sessuali. È appunto un periodo di purificazione generale – del corpo, della mente e del cuore – dei musulmani e delle musulmane, così da poter meglio accogliere il messaggio di Dio. Tale messaggio arriva ai musulmani praticanti dalla lettura di tutto il Corano nel corso del mese di Ramadan: oltre che in 114 sure, il Corano è diviso in 30 parti proprio per dare modo ai praticanti di leggerne una per ciascuna notte del mese. Il Ramadan è inoltre caratterizzato da preghiere particolari, come il Tarawih: una preghiera straordinaria, non obbligatoria ma di fatto recitata dai musulmani regolarmente, da un’ora e mezzo dopo il tramonto a poco prima dell’alba.

Durante il mese di Ramadan ha promosso, in collaborazione con l’ateneo, due eventi per l’inclusività e il riconoscimento del pluralismo religioso all’Università di Pisa: si è trattato di due Iftar, ossia l’interruzione del digiuno. Perché ha scelto proprio l’Iftar? E come è nata l’idea di queste due iniziative?

Durante il mese di Ramadan la “rottura del digiuno” è un momento molto importante per sentirsi comunità. Pensando a tutti gli studenti e alle studentesse musulmane, che spesso vivono a Pisa senza le loro famiglie, l’idea di avere un momento di condivisione con loro mi è sembrato molto importante. Quest’anno, nel mio corso di Storia del mondo arabo contemporaneo, ci sono anche due ragazze musulmane cresciute in Italia con un background migratorio (anche se, purtroppo, non sono riconosciute come italiane dallo Stato) che vivono qui a Pisa senza le loro famiglie. Discutendo su cosa rappresentasse per loro il Ramadan in Italia e come fosse viverlo lontano da casa, ho proposto loro di fare un Iftar tutte e tutti insieme. Da questa proposta sono nate, una dopo l’altra, entrambe le iniziative: la prima è stata l’Iftar con la classe, la seconda è stata l’Iftar alla mensa universitaria, aperto a tutte e tutti.

Come si sono svolti i due Iftar?

Il primo si è tenuto in una residenza dove vivono alcuni dei miei studenti. Si è cucinato cibo marocchino, cui si sono aggiunti altri cibi portati da altri studenti e altre studentesse, ovviamente nel rispetto dei principi islamici in materia di alimentazione. È stata un’ottima occasione per conoscerci meglio come classe oltre che per approfondire praticandolo questo aspetto fondamentale della cultura islamica.

Abbiamo pensato a un progetto che andasse oltre alla nostra classe, che potesse rivolgersi agli studenti musulmani di tutto l’ateneo, ma anche a quelli non musulmani, ritenendo che attraverso il cibo e le pratiche culturali connesse passino forme di conoscenza importanti. Quindi, con la collaborazione della Prorettrice per la coesione della comunità universitaria, la professoressa Enza Pellecchia, e con l’appoggio della Società per il Diritto allo Studio, abbiamo organizzato la sera del 5 aprile l’Iftar alla mensa.

In questo caso non c’è stato un menù particolare, ma quello standard della mensa. In maniera simbolica abbiamo avuto datteri e latte per interrompere il digiuno. Uno studente marocchino, venuto tre anni fa in Italia per studiare, ha fatto un bellissimo Ahdan (il richiamo alla preghiera subito prima del tramonto): questo ci ha permesso di parlare insieme del significato del Ramadan e della pratica del digiuno. Da lì si sono aperte molte discussioni, a partire dalla macellazione della carne e l’alimentazione Halal,fino alla difficoltà di accesso alla cittadinanza per i figli e le figlie di immigrati, chiaramente non solo musulmani. È stato un ottimo momento di scambio tra i ragazzi proveniente da paesi del mondo islamico, ragazzi di cosiddetta “seconda generazione” e ragazzi non musulmani, ma erano presenti anche docenti e dipendenti tecnici-amministrativi dell’università: è stato un momento intenso, in cui ci siamo riconosciuti e riconosciute come comunità, nelle differenze e nel rispetto reciproco. Questa iniziativa si inserisce in una scelta dell’Università di Pisa di riconoscere il pluralismo religioso all’interno dell’ateneo. Quest’anno, in particolare, Pasqua ebraica, Pasqua cristiana e Ramadan sono caduti quasi nello stesso periodo: è stata l’occasione per il Rettore di fare gli auguri a tutti i fedeli di queste tre grandi religioni.

Pensa che questa iniziativa diventerà un appuntamento fisso dell’Università?

È ancora presto per poterlo affermare, nonostante la chiara volontà di proseguire in questa direzione. Siamo consapevoli delle difficoltà, ma questo è stato comunque un primo passo importante. Il grande successo di questa iniziativa sarà un punto di partenza per migliorare sempre di più l’inclusività nell’Università di Pisa.

Questa iniziativa ha un valore di pace e pluralismo che va oltre l’ateneo e si rivolge, in qualche modo, alla città nel suo complesso. Qual è la situazione della comunità musulmana a Pisa, specie per quanto riguarda la libertà di culto?

Solitamente i musulmani hanno luoghi di culto “internazionali” dove riunirsi, indipendentemente dal paese di provenienza, mentre altre volte si dividono, appunto, in comunità su base etnica o nazionale. Ma questo dipende dal contesto cittadino e dalle vicende locali delle varie comunità.

In questo momento ci sono due principali luoghi di ritrovo per i musulmani a Pisa: il Centro culturale islamico di Pisa, in via delle Belle Donne 16, vicino a Palazzo Blu, e il Centro culturale IQRAA, in via Monte Rosa 1, vicino all’aeroporto. Per gli eventi più grandi come il Gran Magal, la più importante ricorrenza religiosa della comunità senegalese, in passato sono stati messe a disposizione le strutture del CUS. Dopo un lungo iter autorizzativo, è iniziata proprio in questi mesi la costruzione di una grande moschea nella zona di Porta a Lucca.

L’intervista è stata realizzata da Amadou Makhtar Mbodj il 18 aprile ed è stata chiusa in redazione il 26 aprile.