Tessiture: un progetto sperimentale di didattica transdisciplinare
a cura di Guendalina Simoncini
La visione transdisciplinare è decisamente aperta, nella misura in cui essa supera il campo delle scienza esatte, per spingerle al dialogo e alla riconciliazione, non solo con le scienza umane ma anche con l’arte, la letteratura, la poesia e l’esperienza interiore.
B. Nicolescu, E. Morin, L. De Freitas, Carta della Transdisciplinarità, Articolo 5
È passato circa mezzo secolo dalla nascita del concetto di transdisciplinarità. Tuttavia le sfide per la sua applicazione, dentro e fuori dallo spazio universitario, continuano a essere numerose. Questo approccio scientifico e culturale, basato sulla relazione, l’influenza e lo scambio reciproco tra le discipline, non è necessariamente premiato dal sistema universitario italiano ma rappresenta un’importante potenzialità per la didattica in un’epoca duramente segnata dalla pandemia.
Sabato 11 dicembre 2021 si è conclusa un’importante esperienza di didattica transdisciplinare sperimentata dall’Università di Pisa: il “Progetto Tessiture. Fonti e metodi per una lettura trasversale e culturale delle sfide del presente e del passato”. Si tratta di un progetto speciale per la didattica, ideato da Caterina Di Pasquale, Renata Pepicelli, Chiara Tognolotti e Chiara Barbati, e finanziato dall’Università di Pisa. In questa cornice, tra ottobre e dicembre 2021, si sono tenuti una serie di incontri in presenza presso il cinema Arsenale e la Gipsoteca di Arte Antica dell’Università di Pisa.
Attraverso un cineforum accompagnato da incontri seminariali di approfondimento e di riflessione condivisa, con la preziosa partecipazione di ospiti interni ed esterni all’ateneo, il progetto si è trasformato in un cantiere aperto alla pluralità di strumenti, metodi e fonti della ricerca umanistica in un approccio transdisciplinare e sperimentale, capace di investigare la complessità tanto del presente come del passato.
“Tessiture” ha unito varie discipline e prospettive: dalla storia del cinema, all’antropologia, alla storia dei paesi arabi e dell’Iran, coinvolgendo anche la storia contemporanea dell’Africa e dell’Italia. L’obiettivo è stato quello di offrire chiavi di lettura plurali su temi dell’attualità, esplorando la diversità di linguaggi e di approcci propri delle scienze umane. Come si evince dal nome, il progetto ha voluto intrecciare i fili delle diverse fonti creando trame policromatiche tra letteratura, cinema, graphic novel, musica, ricerca etnografica e archivistica. Tale prospettiva transdisciplinare ha invitato studenti e studentesse a considerare la realtà come un sistema complesso che dev’essere compreso attraverso un’analisi multidimensionale, critica ed ibrida.
Gli incontri hanno anche coinvolto le ideatrici di progetti transdisciplinari sviluppati da ex-studentesse dell’Università di Pisa, dando spazio alla promozione di “buone pratiche” nel settore umanistico.
Fare i conti con la nostra eredità coloniale: una sfida intergenerazionale
Tra i temi che si sono imposti come fil rouge di questo progetto è emersa, in tutta la sua pertinenza, la relazione tra storia e memoria e più in particolare tra storia pubblica e memorie familiari della colonizzazione italiana. Attraverso un primo incontro dedicato ai processi di decolonizzazione, a partire dal documentario diretto da Sabrina Varani, Pagine Nascoste, e dal romanzo di Francesca Melandri, Sangue Giusto, la prima coppia di incontri ha voluto indagare la controversa memoria dell’esperienza coloniale italiana.
L’impresa coloniale del nostro paese resta spesso avvolta nel silenzio o viene narrata in maniera ambigua o edulcorata. Tuttavia, si trova oggi al centro di una serie di iniziative che, dentro e fuori le università italiane, si oppongono al processo di rimozione spingendo verso la riappropriazione della storia pubblica e delle storie individuali del colonialismo italiano, per costruire una memoria collettiva che coinvolga tanto le persone quanto i luoghi.
Una prospettiva transdisciplinare capace di tessere relazioni tra storia, letteratura, cinema, ricerca odonomastica, ricerca di archivio e etnografia, ha permesso di affrontare il tema del rimosso coloniale problematizzando le narrative e le tracce di quel passato che segnano anche gli spazi urbani che abitiamo.
Una discussione tra la scrittrice Francesca Melandri e la storica Liliana Ellena ha approfondito le connessioni tra storia e attualità, tra finzione letteraria e ricerca di archivio, insistendo sul bisogno di osservare il passato alla luce degli avvenimenti del presente.
I silenzi che avvolgono la storia della violenza coloniale italiana si articolano su delle coordinate generazionali che il progetto ha voluto esaminare dando spazio alle importanti prese di parola di soggettività migranti e razzializzate, che si riappropriano di spazi e di narrative problematizzandole e decostruendole. Questo progetto si inserisce, infatti, in una più ampia traiettoria di sforzi fatti nel nostro paese in tal senso, sforzi a cui contribuisce anche il Dipartimento di Civiltà e Forme del Sapere dell’Università di Pisa. Un esempio è il progetto ideato dalla professoressa Renata Pepicelli nel contesto del corso di Storia dei Paesi Islamici, intitolato“Sulle tracce della colonizzazione Libica nelle nostre città”. Il progetto “Tessiture” ha coinvolto le studentesse Matilde Collavini, Federica Natale, Daniela Burba e Angela Carmela Di Salvo, valorizzando la loro ricerca dedicata alle tracce toponomastiche e alle memorie pubbliche e private della storia coloniale in Libia a Pisa e sul litorale toscano.
Esplorare il genere, tra oscurantismi e crisi dei modelli
Secondo il suo ideatore Jean Piaget, il posizionamento transdisciplinare deve “individuare quei collegamenti all’interno di un sistema totale, senza confini stabili tra le discipline stesse”. Tale approccio si presta allo sviluppo di una prospettiva trasversale di esplorazione della differenza di genere a livello di ruoli, identità, relazioni e rappresentazioni. Da questo punto di vista il progetto “Tessiture” ha interrogato il genere a più riprese e secondo varie prospettive.
Se Liliana Ellena ha sottolineato la dimensione di genere della violenza coloniale e le forme di governo del corpo delle donne durante il fascismo, gli incontri successivi hanno dimostrato come altri tipi di oscurantismi si siano concentrati sul controllo del corpo delle donne, divenuto vero e proprio “campo di battaglia”. Lo dimostra il film algerino Non conosci Papicha, diretto nel 2019 da Mounia Meddour, incentrato sul processo velocissimo attraverso il quale durante gli anni ’90 le donne algerine sono state private di agency e diritti per mano del Fronte Islamico di Salvezza. Lo dimostra anche il fumetto Persepolis, di Marjane Satrapi, che ripercorre le tappe dell’instaurazione della Repubblica Islamica dell’Iran e i cambiamenti che essa ha comportato per le donne iraniane a partire dal 1979.
Proprio la realtà iraniana, nelle sue complessità e contraddizioni, è stata al centro di un approfondimento da parte di Rassa Ghaffari che, durante l’ultimo incontro, ha sottolineato da un punto di vista sociopolitico quanto una prospettiva sensibile al genere nell’analisi dell’Iran contemporaneo debba tenere di conto della dimensione di classe e della provenienza geografica, e non possa in nessun modo focalizzarsi esclusivamente sul genere femminile, ma debba approfondire l’analisi anche riguardo al genere maschile.
Oltre il trauma: tra cinema letteratura e nuove forme narrative
Come sottolinea la definizione avanzata dall’UNESCO, la transdisciplinarietà “è lo ‘spazio intellettuale’ in cui è possibile esplorare e svelare la natura dei molteplici collegamenti tra questioni isolate, lo spazio in cui vengono ripensate le questioni, riconsiderate le alternative e rivelate le interrelazioni”.
Il trauma coloniale, la guerra civile algerina, la rivoluzione iraniana sono stati eventi che hanno segnato persone e luoghi in maniera irreversibile. Un approccio scientifico e culturale incentrato sulla pluralità di fonti e metodi di analisi consente di andare oltre il trauma ed esplorare tanto le nuove narrazioni che ne emergono, come la diversità dei mezzi di espressione artistica usati per “fare memoria” e, in qualche modo,. sublimare tali traumi. Non conosci Papicha ha permesso, infatti, alla regista e ad un’intera generazione, quella degli anni ’90, di tornare a parlare di un periodo storico avvolto da silenzi che in Algeria sono stati istituzionalizzati attraverso la scelta dell’amnistia.
Se il cinema è stato tradizionalmente un mezzo privilegiato per l’elaborazione del trauma, gli ultimi venti anni hanno però visto l’affermarsi di nuove forme di espressione e, in particolare, quella della graphic novel, che si è imposta come strumento di esplorazione identitaria individuale e collettiva. Il fumetto, che durante l’epoca coloniale è stato impugnato per narrare e sostenere l’impresa occidentale e generare un immaginario comune, è oggi attraverso la graphic novel risignificato da soggettività che hanno sperimentato in prima persona o attraverso una storia familiare l’esperienza della colonizzazione, della guerra e della migrazione. Gli studi di Barbara Spadaro dell’Università di Liverpool, visiting professor presso il Dipartimento di Civiltà e Forme del Sapere dell’Università di Pisa, hanno approfondito la relazione tra graphic novel, storia e identità attraverso l’esempio già ricordato di Persepolis(prima fumetto e poi film nel 2007) e di altri importanti casi studio, come quello di Primavere e autunni di Ciaj Rocchi e Matteo Demonte e di Palacinche. Storia di un’esule fiumana di Caterina Sansone e Alessandro Tota.
Senza dubbio, la prospettiva transdisciplinare arricchisce la ricerca nell’ambito delle scienze umane, mettendo in luce l’importanza multidimensionale non solo dei mezzi ma anche degli strumenti comunicativi. L’hanno sottolineato anche Barbara Sommovigo e Karim Metref, discutendo dell’importanza della letteratura francofona e della lingua francese, strumento allo stesso tempo narrativo e politico, per gli scrittori e le scrittrici algerine post-coloniali. Metref e Sommovigo hanno guidato i partecipanti al seminario in un viaggio attraverso la storia dell’Algeria, esplorandone le traiettorie sociali e politiche fino ad arrivare al movimento pacifico dell’Hirak che, nel 2019, ha riempito nuovamente le piazze e le strade algerine chiedendo giustizia sociale e opponendosi alla candidatura per il quinto mandato del presidente Abdelaziz Bouteflika.
Valorizzare i percorsi transdisciplinari degli ex-studenti e studentesse
Riconoscendo il valore delle iniziative transdisciplinari che, negli ultimi anni, sono nate grazie alla determinazione dell’Università di Pisa di aprire percorsi formativi finalizzati a promuovere la cultura imprenditoriale e l’innovazione, il progetto “Tessiture” ha coinvolto due ulteriori progetti di spiccato interesse nell’area umanistica.
La casa editrice Astarte , primo spin off umanistico dell’ateneo pisano, è nata proprio dalla volontà di promuovere una cultura inclusiva, mediterranea, attenta alle pluralità e capace di promuovere diritti individuali e collettivi. Nata per iniziativa di tre laureate dell’Università di Pisa, Astarte ha beneficiato del percorso di Contamination Lab, un’occasione di formazione offerta dall’ateneo che mira a fornire strumenti e capacità progettuali, organizzative, e un bagaglio di competenze trasversali, per iniziative imprenditoriali di taglio innovativo.
Sempre nel contesto letterario e culturale, Oriental book club si presenta come un’iniziativa di rilievo. Nato alla fine del 2019, è un progetto di promozione e divulgazione culturale dedicato alla letteratura mediterranea, araba, persiana e giapponese, anch’esso beneficiario della formazione transdisciplinare del Contamination Lab.
La transdisciplinarità come strumento di trasformazione per una didattica inclusiva e critica
Il progetto “Tessiture” ha dimostrato il valore aggiunto di un approccio transdisciplinare alle sfide del presente e del passato, confermando le opportunità che tale “spazio intellettuale” offre, in termine di didattica inclusiva e alternativa, volta a favorire lo sviluppo di capacità critiche di analisi. Secondo la visione di Piaget, infatti, il “sogno” transdisciplinare porta con sé la volontà di trasformare il processo didattico e la società sulla base della conoscenza. In tale trasformazione l’università svolge un ruolo fondamentale di produzione e diffusione di un sapere emancipatorio. Una didattica realmente transdisciplinare non toglie valore e importanza alle singole discipline: si propone, piuttosto, come un tentativo virtuoso di dare risposte concrete, condivise, alle sfide poste da contesto sociale sempre più complesso, in un momento storico dove la didattica a distanza ha spinto verso una progressiva frammentazione dei saperi e degli insegnamenti, nonché all’isolamento degli individui.
Guendalina Simoncini, laureata in Studi Arabo-Islamici, è attualmente dottoranda presso il Dipartimento di Scienze Politiche dell’Università di Pisa dove sta ultimando la sua tesi sui temi della sicurezza e dei diritti umani nella Tunisia post-rivoluzionaria. Tra ottobre e dicembre 2021 ha svolto l’incarico di tutor per il progetto Tessiture. Fonti e metodi per una lettura trasversale e culturale delle sfide del presente e del passato.