lunedì, Novembre 25, 2024
Economia

Il mondo dopo il Covid-19: che gli economisti dicano la verità!

di Tommaso Luzzati e Tiziano Distefano

 

L’Economia Ecologica offre una prospettiva privilegiata per formulare indicazioni sia per gestire la pandemia sia per fronteggiare la crisi economica. In primo luogo, l’Economia Ecologica adotta il principio di precauzione sin dalla sua nascita, come nel 1989 ha scritto Bob Costanza nell’editoriale del primo numero della rivista Ecological Economics. L’elevata incertezza che caratterizza le società contemporanee richiede, più che in passato, politiche che minimizzino il rischio collettivo. La rapida crescita e diffusione del Covid-19 avrebbe dovuto persuadere i decisori politici, e le persone in generale, circa l’importanza di adottare il suddetto principio di precauzione: se i governi avessero preso sul serio i primi segnali di allarme, l’epidemia non sarebbe diventata una pandemia e la crisi economica sarebbe stata molto meno grave.

In secondo luogo, per gli economisti ecologici il principio alla base di qualsiasi politica di sostenibilità deve essere quello di ridurre al minimo l’uso di materia (ed energia) – principio sottolineato da anni anche nell’ambito dell’ecologia industriale. Al contrario, la crescita del PIL si basa sull’aumento della velocità con cui i materiali estratti diventano rifiuti – come osservato già negli anni ’70 da Georgescu-Roegen, uno degli studiosi che più ha influenzato l’economia ecologica – provocando così degrado ambientale ed effetti negativi sul nostro benessere e sulla nostra felicità.

In terzo luogo, come tutte le discipline economiche, l’economia ecologica è ben consapevole dei limiti e dei difetti del PIL se usato come indicatore per misurare il progresso e per valutare la politica economica.

La profonda crisi economica innescata dal Covid-19 ci offre una grande opportunità per migliorare radicalmente la nostra economia e la nostra società, in modo da realizzare quel cambiamento strutturale che da decenni si vorrebbe raggiungere e al quale è stata dedicata tanta ricerca. Per realizzare un cambiamento di tale portata, tuttavia, è necessario convincere gli esitanti – coloro che, prigionieri di vecchi slogan, sono ancora convinti che sia necessario stimolare la domanda affinché una crescita incessante del PIL possa garantire occupazione e benessere.

La persistenza di queste idee è davvero paradossale. Agli studenti di economia del primo anno viene insegnato che l’economia studia l’allocazione di risorse scarse tra fini alternativi e che i mercati generano una cattiva allocazione dei fattori produttivi che, a sua volta, conduce a produrre una quantità eccessiva di alcuni beni e insufficiente di altri. Il motivo di questi “errori” risiede nella diffusa presenza di esternalità, cioè di effetti collaterali che non ricadono su chi, producendo o consumando, li genera; la conseguenza è che i prezzi finiscono per non riflettere il vero valore (di scambio) che le persone attribuiscono ai beni e servizi che consumano, e nemmeno i danni ambientali e sociali provocati dai processi economici.

Purtroppo, come è noto, il PIL non distingue tra beni economici ed esternalità negative. Questo è il motivo per cui gli economisti “ortodossi” dovrebbero essere i primi a chiedere di smettere di incentrare la narrazione sulla crescita del PIL – se solo volessero essere coerenti con il loro apparato teorico e con quello che insegnano. Ovviamente, alcuni economisti sollevano critiche all’attuale sistema che vanno molto più in profondità rispetto al problema dell’inefficienza allocativa. Tuttavia, sarebbe già un risultato importante se venisse meno la schizofrenia di molti economisti che propugnano la crescita incessante del PIL quando parlano come macroeconomisti, e che invece puntano il dito contro le inefficienze allocative quando parlano come microeconomisti. Nel reagire all’attuale retorica su come rilanciare l’economia, per promuovere una sana transizione verso un sistema socioeconomico meno insostenibile, riteniamo che sia anche utile convincere gli esitanti e gli scettici, convincerli del fatto che anche impiegando un punto di vista del tutto tradizionale, la crescita del PIL non necessariamente è desiderabile per la società.

Per diffondere l’idea qui esposta, abbiamo preparato un breve appello, disponibile qui. Molti economisti di tutto il mondo lo hanno già firmato e altri economisti lo possono ancora firmare. Lo invieremo a diverse istituzioni nazionali e internazionali e lo diffonderemo attraverso i media.

 

Tommaso Luzzati è membro del Dipartimento di Economia e Management, del Responsible Management Research Centre (REMARC) e del Centro Interdisciplinare “Scienze per la Pace” dell’Università di Pisa. Email: tommaso.luzzati@unipi.it.

Tiziano Distefano è ricercatore a tempo determinato presso il Dipartimento di Economia e management dell’Università di Pisa. Si occupa di macroeconomia ecologica, network theory e sostenibilità delle risorse idriche.

 

La versione inglese di questo documento è stata pubblicata sui siti della società internazionale e della società europea di economia ecologica.