venerdì, Aprile 26, 2024
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SIPRI Yearbook 2022: armamenti e disarmo a livello mondiale

a cura di Chiara Magneschi

 

Il 13 giugno scorso l’Istituto Internazionale di Stoccolma di ricerca sulla pace (SIPRI) ha reso pubblici i risultati del SIPRI Yearbook 2022 che, con cadenza annuale, documenta lo stato degli armamenti, del disarmo e della sicurezza internazionale.

L’Annuario SIPRI, pubblicato dalla Oxford University Press, è un compendio di informazioni e analisi all’avanguardia sugli sviluppi degli armamenti, del disarmo e della sicurezza internazionale. Oltre alla copertura dettagliata del controllo degli armamenti nucleari e delle questioni relative alla non proliferazione, l’ultima edizione dell’Annuario SIPRI include approfondimenti sugli sviluppi nel controllo degli armamenti convenzionali nel 2021, panoramiche regionali dei conflitti armati e della gestione dei conflitti, dati e discussioni approfondite su spese militari, trasferimenti internazionali di armi e produzione di armi, e una copertura completa degli sforzi per contrastare le minacce alla sicurezza chimica e biologica.

Il dato cruciale che emerge dall’ultimo rapporto è che, nonostante una diminuzione, sia pur lieve, del numero di testate nel 2021, per il prossimo decennio è dato prevedere un aumento degli arsenali nucleari da parte dei nove Stati dotati di armi atomiche, ovvero Stati Uniti, Federazione Russa, Regno Unito, Francia, Repubblica Popolare Cinese, India, Pakistan, Israele e Corea del Nord. Il fenomeno pare riconducibile a un allentamento dell’effetto post-guerra fredda, che aveva aperto la strada a un progressivo rallentamento nelle dotazioni nucleari.

In generale, dal documento emerge che le dotazioni nucleari complessive sono ancora elevatissime: circa 12.705 testate all’inizio del 2022, di cui circa 9.440 in scorte militari per un potenziale utilizzo e, di queste, circa 3.732 testate schierate con missili e aerei.

La diminuzione constatata nel corso del 2021, del resto, è da ricondurre non già alla rinuncia al possesso di armamenti nucleari, quanto piuttosto allo smantellamento di testate già ritirate e “inattive” da parte di Stati Uniti e Russia (che insieme possiedono il 90% degli armamenti nucleari).

Infatti, come si accennava, la tendenza globale è quella di un progressivo riarmo. Si tratta di un fenomeno già in atto. Qualche esempio: la Cina sta espandendo il proprio arsenale, con la costruzione di 300 nuovi silos missilistici; all’inizio del 2021 la Francia ha lanciato un programma per lo sviluppo di un sottomarino missilistico balistico a propulsione nucleare (SSBN) di terza generazione; l’India e il Pakistan stanno continuando a sviluppare nuovi sistemi nucleari nel 2021; si ritiene che anche Israele, che non riconosce pubblicamente di possedere armi nucleari, stia modernizzando il proprio arsenale; la Corea del Nord persegue un programma militare nucleare come elemento centrale della sua strategia di “sicurezza nazionale” e si stima che il paese abbia assemblato circa 20 testate e possieda materiale fissile sufficiente per un totale di 45-55 testate.

Un altro dato rilevante è la difficoltà di reperire dati sul riarmo, stante il diffondersi di un atteggiamento di “non trasparenza nucleare” adottato da molti stati. Tra questi figura anche il Regno Unito che, nel 2021, dopo aver annunciato la sua decisione di aumentare il tetto delle sue scorte totali di testate, ha dichiarato che non rivelerà più pubblicamente il numero di queste ultime. Inoltre, anche laddove i dati siano dichiarati, non v’è certezza che le cifre non siano fornite al ribasso.

D’altro canto, la “diplomazia nucleare” fornisce segnali contrastanti. Infatti, da un lato vanno ricordati i risultati ottenuti nella direzione del disarmo: l’entrata in vigore il 22 gennaio 2021 del Trattato sul divieto delle armi nucleari (TPNW); la proroga di cinque anni fino al 2026 del nuovo Strategic Arms Reduction (New START), l’accordo tra Stati Uniti e Russia che limita il possesso di armamenti strategici offensivi; la ripresa dei colloqui sul cosiddetto “nucleare iraniano” sulla base del Joint Comprehensive Plan of Action (JCPOA). Inoltre, i membri permanenti del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, tutti dotati di armi nucleari, hanno dichiarato congiuntamente che “la guerra nucleare non può essere vinta e non deve mai essere combattuta”. Gli stessi hanno anche riaffermato il loro impegno a rispettare gli accordi e le promesse di non proliferazione, disarmo e controllo degli armamenti, nonché i loro obblighi ai sensi del Trattato di non proliferazione delle armi nucleari del 1968, ribadendo l’obiettivo di un mondo senza armi nucleari.

Allo stesso tempo, però, tutti i membri del Consiglio di Sicurezza continuano a espandere o modernizzare i loro arsenali nucleari. Recentemente, come sappiamo, la Russia ha persino minacciato apertamente il possibile uso di armi nucleari nel contesto della guerra in Ucraina, e i colloqui bilaterali sulla stabilità strategica Russia-USA si sono bloccati a causa della guerra in corso. Una prospettiva senza dubbio preoccupante per la sicurezza e la stabilità globali.

 

Chiara Magneschi è avvocata, ricercatrice aggregata al Centro Interdisciplinare “Scienze per la Pace” e docente a contratto in Teorie giuridiche e politiche e diritti umani presso il Dipartimento di Civiltà e Forme del Sapere dell’Università di Pisa. E-mail: chiaramagneschi@gmail.com