Proiettili all’uranio impoverito dal Regno Unito all’Ucraina: quali rischi reali?
di Roberto Fieschi
Un mese fa i media europei hanno rilanciato la notizia, arrivata da Londra, dell’invio a Kiev di proiettili contenenti uranio impoverito da parte del Regno Unito. La decisione, annunciata dalla vice-ministra della Difesa Annabel MacNicoll Goldie, riguardava l’invio di proiettili perforanti Charm 1 e Charm 3, usati come munizioni per i cannoni da 120 millimetri montati su alcuni tank dell’esercito inglese, i Challenger 2, che il governo britannico ha deciso di inviare all’Ucraina. La Vice-ministra ha chiarito i termini della questione nel corso di un suo intervento alla Camera dei Lord.
Commentando duramente la notizia, il Ministro degli Esteri russo Sergei Lavrov ha dichiarato: «Proiettili con uranio impoverito sono un passo verso l’escalation». Ha poi aggiunto: «l’utilizzo di munizioni con uranio impoverito» da parte dell’esercito di Kiev «danneggerà l’agricoltura dell’Ucraina».
Il presidente della Duma russa, Vyacheslav Volodin, ha affermato che «Washington e i suoi satelliti» stanno «facendo di tutto perché la “guerra all’ultimo ucraino” diventi una “guerra all’ultimo europeo”», aggiungendo che la decisione britannica sull’invio di munizioni all’uranio impoverito «porta a una tragedia su scala globale, che colpirà principalmente gli stati europei». Secondo Volodin «è necessario comprendere che il passo successivo alla fornitura di munizioni con uranio impoverito potrebbe essere l’uso di una bomba sporca da parte del regime di Kiev. O l’uso di armi nucleari tattiche».
Il Presidente bielorusso Alexander Lukashenko, da parte sua, ha affermato che la Russia potrebbe consegnare alla Bielorussia “munizioni con uranio vero” e ha aggiunto: «Se l’Occidente è così pazzo, darà impulso a questo processo».
In risposta a queste reazioni, il Ministero della Difesa inglese ha confermato l’invio delle munizioni, ma ha tenuto a chiarire che queste non hanno nulla a che fare con armi o con capacità nucleari. Si tratta invece di un materiale standard, utilizzato dall’esercito britannico da decenni: «La Russia lo sa, ma sta deliberatamente cercando di disinformare».
A fronte delle dure risposte russe e bielorusse, e delle reazioni britanniche, cerchiamo di capire come stanno realmente le cose.
Innanzitutto, è corretto quanto sostiene il Ministero della Difesa inglese: proiettili con uranio impoverito non hanno nulla a che fare con la “bomba sporca”, né con le armi nucleari tattiche, né distruggeranno l’agricoltura ucraina. In questo senso, non sarebbero un passo verso l’escalation. Aggiungiamo che l’uranio impoverito è impiegato in vari campi dell’industria civile e che su Amazon lo si può acquistare al prezzo di 39,95 $ (non è specificato se all’oncia o al grammo). Un’ulteriore testimonianza della sua non elevata pericolosità.
Il punto è che, come ogni altro invio di armi all’Ucraina, anche questo non farà compiere passi avanti né verso il cessate il fuoco, né verso una vera trattativa diplomatica. Farà invece proseguire indefinitamente la guerra, accrescendo la distruzione del paese e il numero delle vittime militari e civili. Soprattutto in questo consiste la sua pericolosità.
Vediamo comunque, sia pure in sintesi, che cos’è l’uranio “impoverito”, cosa lo distingue da altre forme di uranio e cosa comporta il suo impiego militare. L’uranio è un metallo bianco-argenteo, debolmente radioattivo, molto denso. Si estrae da due minerali: l’uraninite e la carnotite. È composto da una miscela di tre isotopi, 234U, 235U e 238U, di cui 238U è il più abbondante (99,3%), mentre il 234U costituisce una percentuale trascurabile del totale.
Come noto, i nuclei degli atomi contengono due tipi di particelle: i protoni, che hanno carica elettrica, e i neutroni, che sono elettricamente neutri. Il numero di protoni è caratteristico di ogni elemento chimico. Il nucleo dell’idrogeno ha un solo protone, il carbonio ne ha sei, l’uranio ne ha 92. Il numero di neutroni nel nucleo dei vari elementi, invece, può variare: nuclei di uno stesso elemento con un diverso numero di neutroni si chiamano isotopi.
L’isotopo leggero 235U contiene 92 protoni e 143 neutroni, mentre l’isotopo pesante 239U, contiene 92 protoni e 146 neutroni. Per la maggior parte degli usi civili e militari, l’uranio naturale non è utile; è necessario accrescere la concentrazione dell’isotopo leggero tramite un processo detto “arricchimento”. È l’isotopo leggero che, assorbendo un neutrone, si spezza (fissione nucleare) emettendo molta energia: quella che serve ad alimentare i reattori nucleari o a generare le esplosioni delle bombe.
Nei reattori nucleari delle centrali elettriche, ma anche nei reattori nucleari dei sottomarini e delle portaerei a propulsione nucleare, la concentrazione di 235U passa dallo 0,7% dell’uranio naturale a circa il 3-7%. Come esplosivo per le bombe atomiche (o, più propriamente nucleari) è necessario un arricchimento di 235U fino a circa l’85% o più.
Il processo di arricchimento produce grandi quantità di uranio impoverito, ossia uranio a cui manca la corrispondente quantità di 235U. L’uranio si considera impoverito quando contiene valori di 235U generalmente compresi tra lo 0,2% e lo 0,3%, a seconda delle esigenze economiche e di produzione.
Notevoli quantitativi di uranio impoverito vengono prodotti ogni anno come scarti dell’arricchimento per le centrali nucleari: da 12 kg di uranio naturale si ottengono all’incirca 1 kg di uranio arricchito al 5% di 235U e 11 kg di uranio impoverito.
L’uranio impoverito viene utilizzato in vari campi dell’industria civile. Questo utilizzo è favorito dal suo basso costo e dalla sua relativa abbondanza, dovuta al fatto che da più di 40 anni si accumula nei depositi di materiale di scarto dopo l’arricchimento richiesto dai reattori nucleari.
L’ applicazione militare si basa sul fatto che l’uranio è un metallo molto denso e, proprio per questo, è utilizzato per rendere le corazzature dei carri armati particolarmente resistenti e per costruire munizioni anticarro più penetranti, al posto del più costoso e meno efficiente tungsteno. Ad esempio, la versione Heavy Armor dei blindati americani è dotata di una corazza di uranio impoverito inglobata nell’acciaio, per rendere il veicolo molto più resistente ai colpi provenienti dall’esterno.
Figura 1. Munizioni APFSDS per carri armati statunitensi M829: la parte in bianco (a destra) è composta da una lega all’uranio impoverito
Dal momento che l’uranio è piroforico, all’impatto col bersaglio le particelle che si staccano dal corpo del proiettile si incendiano spontaneamente al contatto con l’aria, aumentando l’effetto distruttivo. Esplosioni di test e studi sul campo hanno mostrato che la maggior parte della polvere prodotta dagli impatti, costituita dal proiettile e in maggior proporzione dal bersaglio stesso, finisce per depositarsi entro un raggio di 50 metri dal bersaglio. Il problema con questo tipo di proiettili non è la radioattività, che è molto debole, ma il fatto che l’inalazione delle particelle disperse nell’esplosione e il raggiungimento dei siti più profondi del sistema bronco-polmonare causano danni alla salute, per i militari e per le popolazioni civili. Circa 300 tonnellate di munizioni all’uranio impoverito sono state esplose durante la prima Guerra del Golfo da parte dell’esercito statunitense, principalmente da cannoni i cui proiettili contenevano ognuno 270 grammi di uranio impoverito. In seguito anche nelle guerre in Bosnia (2,75 tonnellate), in Kosovo, nella seconda guerra del Golfo, in Somalia, in Afganistan e anche in esercitazioni navali nel Mediterraneo. Nel 2001 Carla Del Ponte, allora a capo del Tribunale penale internazionale per l’ex-Jugoslavia, affermò che l’uso di armi all’uranio impoverito da parte della NATO avrebbe potuto essere considerato un crimine di guerra.
Figura 2. Zone del Kosovo in cui sono stati usate munizioni a Uranio impoverito
In conclusione, l’impiego militare dell’uranio impoverito è tutt’altro che benefico ma rientra (almeno finora) nell’impiego di armi convenzionali, e non ha nulla a che fare con le armi nucleari. E allora perché un così alto allarme? Forse anche perché nell’opinione pubblica non informata il termine “uranio” tende a perdere il suo significato puramente tecnico ed evoca eventi spaventosi: Hiroshima, Nagasaki, Chernobyl, Fukushima.
Roberto Fieschi è professore emerito all’Università di Parma. Ha dedicato gran parte dei suoi studi alla fisica dello stato solido. Ha pubblicato vari libri e articoli per la diffusione della cultura scientifica e della cultura della pace.