La repressione delle proteste in Perù potrebbe costituire un massacro
La Commissione interamericana per i diritti umani sostiene, in un suo recente rapporto, che le uccisioni di manifestanti in Perù durante le proteste per la destituzione del presidente Pedro Castillo potrebbero costituire “esecuzioni extragiudiziali”. Il rapporto denuncia violazioni dei diritti umani da parte della polizia così gravi da poter essere classificate come un “massacro” e, denunciando il maggior numero di morti tra le comunità indigene, rileva nella repressione anche una componente di “razzismo sistematico”. Amnesty International ha invitato i governi del mondo a fermare le esportazioni di armi al Perù. E anche Human Rights Watch ha pubblicato un rapporto molto critico sull’uccisione di manifestanti civili nel corso delle proteste. La crisi politica in Perù non sembra aver fine: i manifestanti continuano a chiedere le dimissioni del presidente Boluarte, elezioni anticipate e la convocazione di un’assemblea costituente per una profonda riforma della Costituzione.
a cura della redazione di Al Jazeera
In un rapporto pubblicato in spagnolo mercoledì 26 aprile, la Commissione interamericana per i diritti umani (IACHR) ha affermato che la risposta del governo peruviano alle proteste scoppiate nel paese dopo la destituzione e l’arresto dell’ex presidente Pedro Castillo lo scorso dicembre potrebbe essere classificata come un “massacro”.
“Ci sono state gravi violazioni dei diritti umani che devono essere indagate con la dovuta diligenza e un approccio etnico-razziale”, ha affermato il presidente della IACHR Margarette May Macaulay. “Le morti potrebbero costituire esecuzioni extragiudiziali”.
Il Perù è nel pieno di una grave crisi politica, scoppiata il 7 dicembre quando Castillo ha tentato di sciogliere il Congresso mentre stava per affrontare una richiesta di impeachment – la terza dal suo insediamento. Ciò ha portato al suo arresto e alle successive proteste, che hanno chiesto oltre al suo rilascio nuove elezioni e una profonda riforma della Costituzione.
Reuters ha riferito che più di 60 persone sono state uccise negli scontri tra polizia e manifestanti da dicembre ad aprile, la stragrande maggioranza dei quali manifestanti civili.
Ma l’esecutivo che ha preso il posto di Castillo, guidato da Dina Boluarte vice del deposto presidente, ha bollato le proteste come il prodotto di “terroristi” e agitatori, chiedendo una “tregua nazionale”. Le autorità peruviane hanno negato di aver commesso abusi sui manifestanti, nonostante le critiche alla azioni repressive del governo.
La IACHR ha affermato che un gran numero di persone uccise e ferite durante le proteste sono state colpite da armi da fuoco. Ha anche scoperto che molte delle reazioni più dure della polizia si sono verificate nelle regioni andine rurali come Ayacucho e Puno, entrambe con grandi comunità indigene.
Un precedente rapporto di Amnesty International, organizzazione non governativa globale per la difesa dei diritti umani, ha definito la repressione del governo espressione di un “razzismo sistematico” per aver preso di mira in modo sproporzionato le popolazioni indigene, che nella storia del paese hanno subito una pesante esclusione, la privazione di fatto dei diritti civili e frequenti violenze di stato.
In una dichiarazione di mercoledì, Amnesty ha invitato in particolare il governo canadese a fermare le esportazioni di armi al governo peruviano. “L’insensibile disprezzo del governo per la vita e i diritti delle persone dovrebbe suonare come un campanello d’allarme per qualsiasi paese che abbia venduto o abbia intenzione di vendere armi al Perù”, ha dichiarato Marina Navarro, direttrice esecutiva di Amnesty International Perù.
Il rapporto IACHR è stato scritto dopo che la commissione ha visitato il Perù per incontrare i parenti delle vittime, vari funzionari governativi e numerosi membri della società civile per due giorni, lo scorso gennaio. Anche Human Rights Watch in un recente rapporto ha concluso che le forze governative hanno deliberatamente ucciso vari manifestanti.
A gennaio, il procuratore generale del Perù ha avviato una serie di inchieste sulle morti legate alle proteste. I manifestanti continuano a chiedere le dimissioni di Boluarte e le elezioni anticipate. Tuttavia, tali appelli al momento non riescono a tradursi in assunzioni di responsabilità da parte dell’esecutivo, né si intravede un percorso per uscire dalla crisi politica del paese. La stessa Boluarte ha esortato il Congresso ad accelerare i tempi per nuove elezioni, ma i parlamentari hanno finora respinto tali richieste.
Fonte: Al Jazeera, 3 maggio 2023 (traduzione a cura di Daniele Risaliti e Federico Oliveri)