domenica, Dicembre 22, 2024
Conflitti

La continuità nucleare

L’attuale quadro politico-militare vede una netta discrepanza tra le dichiarazioni di intenti e le reali strategie messe in campo dagli Stati per quanto riguarda le armi nucleari. Sono numerose, infatti, le potenze che stanno aumentando e rinnovando negli ultimi anni i propri armamenti nucleari. In questo articolo scritto per Ilbolive dell’Università di Padova Alessandro Pascolini ricostruisce gli elementi fondamentali del programma nucleare degli Stati Uniti d’America, contestualizzandole all’interno delle strategie belliche globali della superpotenza a rischio declino. I documenti analizzati sono il Joint Nuclear Operations, con il quale vengono definiti i principi guida per le operazioni nucleari, l‘Interim National Security Strategic Guidance, nel quale si evidenziano le minacce alla stabilità dello status quo e si sottolinea l’importanza di ridurre il ruolo delle armi nucleari al fine di evitare tensioni tra potenze mondiali, e infine la Fiscal Year 2022 Defence Founding Bill, che prevede ulteriori ingenti stanziamenti in vari settori strategici militari, in contrasto tuttavia con gli intenti elettorali di Biden. Tali documenti provano come sia oggi assente una volontà concreta di ridurre gli arsenali nucleari e che i risultati finora raggiunti siano ancora lontani dall’iobiettivo di un mondo libero dalla paura di una guerra nucleare.

 

di Alessandro Pascolini

Mentre l’umanità sta soffrendo sotto il feroce morso del Covid-19, le armi nucleari sono in piena fioritura, dal Regno Unito alla Cina, dalla Corea del Nord all’India e lo stesso Iran sta acquisendo nuove cruciali competenze con la produzione di uranio altamente arricchito e la sua conversione in forma metallica. Per quanto riguarda gli Stati Uniti, che hanno cambiato l’amministrazione da Donald John Trump a Joseph Robinette Biden, abbiamo a disposizione tre documenti che ci forniscono la chiave per comprendere la situazione presente e la linea di tendenza: il Joint Nuclear Operations, la Interim National Security Strategic Guidance e la Fiscal Year 2022 Defense Funding Bill.

 

Il Joint Nuclear Operations

La Federation of American Scientists (FAS), sulla base del Freedom of Information Act, ha recentemente ottenuto accesso al Joint Nuclear Operations (JP 3-72, April 2020), il documento che sintetizza la corrente dottrina del Pentagono sulla guerra nucleare e “fornisce i principi fondamentali e la guida per pianificare, eseguire e valutare le operazioni nucleari”. A tal fine, il documento presenta le attuali minacce agli USA, precisa la strategia, descrive le forze nucleari e le strutture di supporto, discute la scelta degli obiettivi, le architetture di comando e controllo e spiega gli obiettivi e i principi delle operazioni e attività nucleari.

Il nuovo documento sostituisce l’edizione del 2019 (Nuclear Operations)e impiega un linguaggio meno enfatico e diretto sul raggiungimento di “risultati decisivi” attraverso attacchi nucleari per “prevalere nelconflitto”. Comunque ribadisce che “le armi nucleari sono un aspetto chiave del contesto di sicurezza. Esse scoraggiano minacce esterne sostenendo moderne e credibili capacità militari. È imperativo che le capacità delle forze nucleari siano diverse, flessibili, adattabili, efficaci, reattive e in grado di sopravvivere.”

A tale scopo “Gli Stati Uniti mantengono una triade di forze nucleari strategiche costituite da missili balistici intercontinentali, missili balistici lanciati da sottomarini e bombardieri a lungo raggio. Ogni sistema fornisce agli Stati Uniti una posizione di forza nucleare attraverso capacità specifiche e complementari. Gli Stati Uniti e alcuni alleati della NATO mantengono aerei in grado di trasportare sia armi nucleari che convenzionali a sostegno della deterrenza estesa e della difesa della NATO.”

Il messaggio più importante e inquietante del documento è che il Pentagono vede un aumento della possibilità di un conflitto nucleare, sia in conflitti regionali coinvolgenti avversari con armi nucleari, sia a seguito dell’escalation in situazioni di crisi fino a un confronto nucleare da parte di avversari.

Infatti, secondo il documento, “mentre gli Stati Uniti hanno continuato a ridurre il numero e la rilevanza delle armi nucleari, altri, tra cui Russia e Cina, si sono mossi nella direzione opposta. Hanno aggiunto nuovi tipi di capacità nucleari al loro arsenale, aumentato la rilevanza delle forze nucleari nelle loro strategie e piani, e sono impegnati in un comportamento aggressivo.” Altre minacce nucleari agli USA e a suoi alleati vengono anche dalla Corea del Nord, che continua a espandere le capacità nucleari, e dall’Iran, il cui “sviluppo di capacità di missili balistici a raggio d’azione sempre maggiore, la sua strategia aggressiva e le attività per destabilizzare i governi vicini, sollevano domande sul suo impegno a lungo termine a rinunciare alla capacità di armi nucleari. “

Data la crescente minaccia, “una risposta e opzioni nucleari statunitensi flessibili e limitate possono svolgere un ruolo importante nel ripristinare la deterrenza a seguito di una limitata escalation nucleare avversaria”.

Il Pentagono si sta quindi preparando esplicitamente a una guerra nucleare combattuta sul campo: “forse la più grande sfida che deve affrontare la forza congiunta in un conflitto nucleare è come operare in un ambiente radiologico post-NUDET [detonazione nucleare]. I comandanti devono pianificare e attuare misure protettive per mitigare questi effetti e continuare le operazioni”.

 

L’Interim National Security Strategic Guidance

Il Joint Nuclear Operations è stato redatto durante la presidenza Trump e fa riferimento alla Nuclear Posture Review dell’allora segretario della difesa James Mattis, ma non è stato dismesso dalla nuova amministrazione e quindi rimane tuttora valido per le forze armate americane. Finora l’unico testo del presidente Biden relativo alla strategia militare è l’Interim National Security Strategic Guidance del marzo 2021, che ha un tono molto più aperto a un approccio negoziale per il controllo degli armamenti e l’equilibrio strategico.

Tuttavia riecheggia il documento del Pentagono sulle minacce attuali: “siamo di fronte a un mondo di nazionalismi in ascesa, democrazia in declino, rivalità crescente con Cina, Russia e altri stati autoritari e una rivoluzione tecnologica che sta rimodellando ogni aspetto delle nostre vite. Sia Pechino che Mosca hanno investito molto in sforzi volti a sfidare i punti di forza degli Stati Uniti e a impedirci di difendere i nostri interessi e gli alleati in tutto il mondo. Attori regionali come l’Iran e la Corea del Nord continuano a perseguire capacità e tecnologie rivoluzionarie, minacciando alleati e partner degli Stati Uniti e sfidando la stabilità regionale.”

Ciò richiede, secondo Biden, “un esercito potente nel contesto globale della sicurezza. Gli Stati Uniti non esiteranno mai a usare la forza quando richiesto per difendere i nostri vitali interessi nazionali. Faremo in modo che le nostre forze armate siano attrezzate per dissuadere i nostri avversari, difendere il nostro popolo, i nostri interessi e i nostri alleati e sconfiggere le minacce emergenti.”

Coerentemente con il Joint Nuclear Operations, “garantiremo che le forze armate statunitensi rimangano le meglio addestrate e attrezzate al mondo, garantendo che il nostro deterrente strategico nucleare rimanga sicuro, protetto ed efficace e che i nostri impegni di deterrenza estesa ai nostri alleati rimangano forti e credibili.”

“Di fronte alle sfide strategiche di una Cina sempre più assertiva e di una Russia destabilizzante, valuteremo l’appropriatezza della struttura, le capacità e il dimensionamento delle forze armate con investimenti nelle tecnologie all’avanguardia, che determineranno il nostro vantaggio militare e la futura sicurezza nazionale. Manterremo la competenza delle forze operative speciali per concentrarci sulla risposta alle crisi e sulle missioni prioritarie di antiterrorismo e di guerra non convenzionale. E svilupperemo capacità per competere meglio e scoraggiare le azioni nella zona grigia.”

Lo strumento operativo immediato per l’attuazione della politica strategica degli USA è il piano di finanziamento del bilancio della difesa e per le spese militari nucleari nel 2022, la Fiscal Year 2022 Defense Funding Bill proposta dall’amministrazione Biden e in fase di approvazione da parte del Congresso.

 

La Fiscal Year 2022 Defense Funding Bill

Nella Interim National Security Strategic Guidance, Biden si era impegnato ad “adottare misure per ridurre il ruolo delle armi nucleari nella nostra strategia di sicurezza nazionale” e durante la campagna elettorale aveva condannato i nuovi progetti nucleari della precedente amministrazione. La sua prima richiesta di bilancio invece continua lo sviluppo delle costose e controverse armi nucleari e dei piani di sostegno e modernizzazione ereditati dall’amministrazione Trump.

La Fiscal Year 2022 Defense Funding richiede globalmente per la difesa nazionale 753 miliardi di dollari, 715 per il Dipartimento della difesa e 37,9 per il Dipartimento dell’energia e altre agenzie, con un aumento dell’1,7% rispetto al bilancio del 2021.

La spesa proposta per le armi nucleari costituisce circa il 5,7% della richiesta totale e prevede 43,2 miliardi di dollari per sostenere e modernizzare i vettori e le testate nucleari statunitensi e la loro infrastruttura di supporto: 27,7 miliardi di dollari per il Dipartimento della difesa e 15,5 miliardi per la semiautonoma Amministrazione per la Sicurezza Nucleare Nazionale (NNSA) del Dipartimento dell’energia.

Un confronto diretto tra la proposta attuale e quanto finanziato nell’anno fiscale 2021 (44,2 miliardi di dollari) e le previsioni di spesa di Trump per il 2022 (45,9 miliardi di dollari) è difficile perché la nuova amministrazionericlassifica il modo in cui si conteggia la spesa per i programmi di comando, controllo e comunicazioni nucleari, portando a un importo inferiore. La differenza è comunque di circa il -2,3%.

Il 10 giugno il segretario alla difesa Lloyd Austin ha dichiarato alla Commissione per le forze armate del Senato che “la triade nucleare rimane il fondamento della nostra difesa nazionale e della deterrenza strategica”, e che il bilancio 2022 “investe negli sforzi di modernizzazione delle forze nucleari”.

I costi per i nuovi vettori a lunga gittata delle tre “gambe” della triade, notevolmente cresciuti negli ultimi quattro anni, trovano ulteriori aumenti: per i nuovi missili balistici intercontinentali, il Ground Based Strategic Deterrent (GBSD), sono previsti 2,6 miliardi; per la nuova flotta di sottomarini nucleari classe Columbia 5 miliardi e ulteriori 1,6 miliardi per i loro missili Trident II; per il bombardiere strategico B-21 2,9 miliardi e per i suoi missili cruise (Long Range Standoff Weapon – LRSO) 609 milioni; per le bombe B61-12 (destinate anche alle forze aeree della NATO) 772 milioni; globalmente un aumento del 21% rispetto al bilancio 2021, circa il 15%  in più di quanto previsto da Trump per il 2022.

La proposta di bilancio prevede in particolare la continuazione e lo sviluppo delle controverse novità nucleari proposte da Trump: lo schieramento di testate W76-2 di limitata potenza su missili lanciati da sommergibili e lo sviluppo di un nuovo missile nucleare cruise lanciato da navi (SLCM) con una testata di “bassa” potenza. Gli SLCM nucleari erano stati eliminati dalla marina negli anni ’90 e formalmente ritirati da Obama nel 2013 e la loro re-introduzione osteggiata dagli ambienti democratici.

Il principale impegno della NNSA è l’investimento di 1,9 miliardi per la Plutonium Modernization, un programma per il raggiungimento della capacità di produrre annualmente 80 nuove testate nucleari, 50 ai laboratori nazionali di Los Alamos e 30 a Savannah River.  Vengono finanziati anche una nuova testata di alta resa (la W93) per missili balistici lanciati da sottomarini, il sostegno indefinito della bomba aerea B83-1 con potenza fino a 1,2 megaton e lo sviluppo della nuova testata W87-1 per i GBSD. La NNSA riduce i finanziamenti per attività di ricerca, i programmi accademici e la fusione a confinamento inerziale.

La Fiscal Year 2022 Defense Funding Bill ha suscitato reazioni contrastanti al Congresso. I repubblicani hanno generalmente espresso sostegno, ma alcuni democratici hanno affermato che non è coerente con le preoccupazioni sollevate dal presidente Biden durante la campagna elettorale. L’iter parlamentare procede speditamente: il giorno 30 giugno la Fiscal Year 2022 Defense Funding Bill è passata all’House Appropriations Subcommittee on Defense e il 13 luglio l’House Appropriations Committeeha approvato la parte relativa al Dipartimento della Difesa, con le obiezioni dei repubblicani che ritengono l’aumento di soli 10 miliardi di dollari insufficiente a contrastare le minacce della Cina.

La continuità del progresso degli armamenti nucleari porta a credere che il tentativo di fermarlo sia “una guerra senza alcuna ragionevole aspettativa di ottenere una vittoria”, parafrasando il detto di Biden relativo alla situazione in Afghanistan. Come per il cambiamento climatico e la pandemia virale, ci si può rassegnare a considerare le armi nucleari come inevitabili e imparare a conviverci, cercando di evitare i rischi peggiori. Se invece non ci si vuole arrendere e rinunciare a perseguire l’obiettivo della loro eliminazione, bisogna capire perché finora si è sempre fallito e individuare delle strategie finalmente efficaci.

 

Fonte: Ilbolive, 17 luglio 2021.