domenica, Dicembre 22, 2024
ConflittiDiritti

I molti problemi di Frontex

L’Agenzia europea della guardia di frontiera e costiera, nota anche come Frontex, sembra essere molto apprezzata dai governi nazionali dell’Unione Europea ma è, fin dalla sua fondazione, oggetto di critiche da parte delle associazioni e dei movimenti per i diritti umani. Stanno via via emergendo prove evidenti di una cattiva gestione e soprattutto di uno scarso rispetto dei diritti. Proprio nel giorno in cui veniva presentata la nuova uniforme delle guardie europee di frontiera è emerso che la sua sede principale – situata a Varsavia – è stata perquisita dall’Ufficio europeo antifrode (OLAF) nell’ambito di un’inchiesta su alcune pratiche interne sospette di irregolarità. Altre accuse sono emerse, nel frattempo, da parte di diverse ONG e associazioni impegnate nella tutela dei migranti: Frontex avrebbe collaborato a operare respingimenti illegali di migranti in vari momenti della “rotta balcanica”. Questo breve articolo, a cura della redazione de il Post, ricostruisce queste vicende.

 

Nelle istituzioni europee è opinione condivisa che la gestione delle migrazioni abbia bisogno di due pilastri: garantire vie legali e sicure per assicurare un flusso costante ma controllato di persone, e rafforzare le frontiere esterne per scoraggiare gli ingressi irregolari. Mentre il primo è totalmente in mano agli stati – che a parte alcune eccezioni non sembrano intenzionati ad adottare parametri più inclusivi – sul secondo esiste ormai da anni una stabile collaborazione fra istituzioni e governi nazionali che cinque anni fa ha portato alla creazione di un’agenzia di frontiera europea, Frontex, da allora molto coinvolta nel pattugliamento dei confini di mare e di terra dell’Unione.

Nei prossimi anni Frontex avrà un ruolo ancora più rilevante: entro il 2027 passerà dagli attuali 1.500 a 10mila effettivi – di cui 7.000 distaccati dalle forze dell’ordine nazionali – e un budget superiore alla maggior parte delle agenzie dell’Unione Europea. La settimana scorsa è persino diventata la prima agenzia europea ad avere una propria uniforme. Eppure il suo lavoro non è apprezzato da tutti allo stesso modo, e di recente è oggetto di critiche sempre maggiori e di indagini interne all’Unione. Proprio nel giorno in cui veniva presentata la nuova uniforme è emerso che la sua sede principale – situata a Varsavia, in Polonia – è stata perquisita dall’Ufficio europeo antifrode (OLAF) nell’ambito di un’inchiesta su alcune pratiche interne.

Una delle principali accuse che vengono rivolte a Frontex è la scarsissima trasparenza sulle sue attività non solo nei confronti di giornalisti e osservatori esterni, ma anche degli altri organi comunitari. «È un’agenzia molto chiusa», ha raccontato al Financial Times l’europarlamentare olandese Tineke Strik, che siede nella commissione Affari interni del Parlamento Europeo: «è molto difficile capire se le procedure che adottano, per esempio, riguardo alle denunce interne siano sufficientemente efficaci».

La mancanza di trasparenza è un problema enorme, per un’agenzia europea: soprattutto per una che si occupa di temi così delicati come la sicurezza interna. «Alcune cose che ha riferito in Parlamento non sono vere», ha detto la commissaria agli Affari interni Ylva Johansson al Guardian citando una recente audizione del capo dell’agenzia Fabrice Leggeri davanti alla commissione Affari interni. Ma secondo molti osservatori l’opacità di Frontex non è un incidente di percorso di un’agenzia che si sta rapidamente espandendo, ma un tratto distintivo.

Politico ha ricostruito per esempio che entro il 5 dicembre 2020 Frontex avrebbe dovuto assumere 40 esperti di diritti umani per supervisionare le attività dell’agenzia. Ora però il termine è stato spostato di due mesi. Frontex ha dato la colpa alla pandemia, ma una fonte di Politico sostiene che in realtà i ritardi sono stati causati dal fatto che il capo di gabinetto dell’agenzia, Thibauld de La Haye Jousselin, non ritiene la loro assunzione una priorità.

Eppure Frontex ne avrebbe un gran bisogno. Soltanto negli ultimi mesi è stata accusata di irregolarità in varie parti d’Europa. Una lunga inchiesta del sito di giornalismo investigativo Bellingcat in collaborazione con altri giornali europei fra cui lo Spiegel ha scoperto che gli effettivi di Frontex attivi nel tratto di mare fra Grecia e Turchia hanno compiuto almeno un respingimento di richiedenti asilo – una pratica illegale, secondo le leggi europee –, sono stati presenti durante un altro respingimento effettuato dalle autorità greche, e sono rimasti nelle vicinanze senza intervenire in altri quattro respingimenti.

In un altro caso raccontato dalla tv di stato danese, il comando di Frontex nel Mar Egeo avrebbe ordinato a una nave della guardia costiera danese distaccata nei pressi della Turchia di respingere un gommone di richiedenti asilo: l’equipaggio si è rifiutato di farlo e successivamente è stato trasferito in un’altra zona.

Non sono casi isolati: ong e associazioni per i diritti dei migranti che lavorano nei Balcani raccontano spesso che i membri di Frontex collaborano a respingimenti illegali di migranti nelle varie tappe della cosiddetta “rotta balcanica” che dalla Turchia arriva fino in Austria e Ungheria. Due settimane fa Deutsche Welle ha raccontato che membri di Frontex sembrano attivi sul confine fra Albania e Grecia per impedire ai richiedenti asilo di uscire dalla Grecia, mentre il sospetto che Frontex sia implicata nel respingimento e nelle violenze contro i richiedenti asilo bloccati fra Croazia e Bosnia è sfociato in un’interrogazione parlamentare al Parlamento Europeo.

«Frontex vuole diventare l’equivalente europeo dell’ICE», cioè la controversa agenzia federale statunitense per il contrasto dell’immigrazione irregolare, ha detto al Financial Times Giulia Laganà, esperta di immigrazione che lavora per lo Open Society European Policy Institute: «Il loro obiettivo è quello di tenere fuori dall’Europa il più alto numero di persone con ogni mezzo possibile». In sintesi, Laganà e diversi altri esperti descrivono Frontex come un corpo militare che col benestare degli stati nazionali si occupa di proteggere le frontiere in una zona grigia di metodi leciti e meno leciti, da cui è facile prendere le distanze in caso di scandali o accuse di irregolarità.

Accuse che peraltro non mancano. Oltre alla questione dei respingimenti e del rispetto dei diritti umani, a Frontex viene anche contestato di non aver saputo adattare la propria struttura organizzativa all’espansione avviata negli ultimi due anni.

Tre fonti hanno raccontato a Politico che De La Haye Jousselin, strettissimo collaboratore del capo dell’agenzia Fabrice Leggeri, è noto per intimidire e trattare abusivamente collaboratori e dipendenti: e in una struttura ancora molto verticale «si è creato un clima di paura e sfiducia che blocca tutta l’agenzia», ha raccontato una fonte a Politico.

Altri sintomi che Frontex non abbia ancora raggiunto gli standard delle altre agenzie europee nel creare un ambiente di lavoro funzionale riguardano le procedure per le assunzioni – durante l’epidemia decine di nuovi assunti sono stati tenuti in un limbo e accusati di non aver superato alcuni esami medici, racconta Politico – e la sicurezza delle proprie strutture: da ottobre a oggi sono emersi due importanti focolai in altrettante strutture di addestramento di Frontex rispettivamente a Koszalin, in Polonia (58 casi di positivi al coronavirus) e a Bari, in Italia (34 casi, finora).

Rispondendo alle molte domande del Financial Times e di Politico, che nei giorni scorsi hanno pubblicato due corpose inchieste sulle operazioni dell’agenzia, Frontex ha respinto qualsiasi accusa di coinvolgimento nei respingimenti dei richiedenti asilo e di irregolarità nelle proprie pratiche interne. Al momento non è ancora chiaro su cosa si stia concentrando l’indagine dell’OLAF nei confronti di Frontex, né quando ne parlerà pubblicamente.

Dopo una recente riunione del consiglio direttivo di Frontex in cui sono state esaminate alcune delle accuse circolate in questi mesi, un portavoce dell’agenzia ha fatto sapere che «i membri del consiglio direttivo, che rappresentano i corpi di guardia di frontiera degli stati nazionali, non hanno sollevato alcuna obiezione» al lavoro del capo dell’agenzia, Fabrice Leggeri.