RUniPace: la Rete italiana delle università per la pace a convegno
a cura di Chiara Magneschi
L’Aula magna storica della Sapienza di Pisa ha ospitato, lo scorso 9 e 10 settembre, il primo Convegno Nazionale di RUniPace, la Rete delle università italiane per la pace nata nel dicembre 2020 su impulso della Conferenza dei Rettori. Ispirata ai principi fondamentali della Costituzione, della Carta delle Nazioni Unite, dei Trattati istitutivi dell’Unione Europea, dell’Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa, del Consiglio d’Europa, la rete chiama il mondo universitario a svolgere un ruolo chiave nella costruzione di una società pacifica, fondata sul rispetto dei diritti umani e della pari dignità di tutte e tutti, sulla cooperazione e la solidarietà tra i popoli, e sul ripudio della guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo per la risoluzione delle controversie internazionali.
A oggi 67 atenei italiani hanno aderito a RUniPace. Come ricordato nei saluti introduttivi da Enza Pellecchia, Coordinatrice della rete, questo elevato numero di adesioni è un fatto significativo e non scontato, che si rispecchia nella partecipazione al primo convegno nazionale di delegati e delegate provenienti dalla maggior parte delle università aderenti.
Perché e come impegnarsi per la pace
La pace non è un’utopia nel senso deteriore del termine, ha affermato il Rettore dell’Università di Pisa Paolo Mancarella all’apertura dei lavori, ma un obiettivo concreto e praticabile: le università possono scegliere, qui e ora, di “stare dalla parte dell’umanità”, prendendosi cura della formazione delle nuove generazioni e mettendole in grado di dialogare, di assumere il punto di vista degli altri, di prevenire l’insorgere di conflitti violenti, di costruire le condizioni affinché la guerra esca dalla storia.
Molti altri Rettori e Rettrici sono intervenuti per ribadire le ragioni che hanno spinto le rispettive università ad aderire alla rete. È emersa, nella pluralità delle motivazioni, una forte convergenza sull’esigenza di promuovere un tipo di formazione e di sapere capace di contribuire realmente a diffondere valori e pratiche di pace, in un tempo segnato da molteplici crisi e conflitti che mettono a repentaglio il futuro dell’umanità.
Il Rettore dell’Università degli Studi di Brescia, Maurizio Tira, ha ricordato la cerimonia con cui, nell’anniversario della promulgazione delle leggi razziali fasciste, è stato chiesto il perdono alle Comunità ebraiche che hanno sofferto l’espulsione dall’accademia di numerosi docenti e ricercatori, oltre che di studenti e studentesse. Questo evento segnala, a suo avviso, come il mondo universitario debba porsi in costante dialogo con la società civile, sviluppando uno sguardo critico sulla propria storia e sul proprio modo di operare, promuovendo forme di collegamento tra i diversi atenei ispirate alla collaborazione e non alla competizione.
La Rettrice della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa, Sabina Nuti, ha espresso l’auspicio che la Rete aiuti le varie università italiane a elaborare una visione condivisa sulle grandi sfide del nostro tempo, trovando la forza di prendere posizione in modo netto, con consapevolezza, rispetto alla difficile situazione mondiale. Ci sono almeno 165 conflitti armati oggi nel mondo, ha ricordato Stefano Bronzini, Rettore dell’Università di Bari, la maggior parte dei quali sono ignorati dai media e dimenticati dall’opinione pubblica: contro l’indifferenza e la normalizzazione della guerra, la Rete deve promuovere in tutte le sue forme l’educazione alla pace, a partire dalla cura per il linguaggio. Occorre ridare valore alle parole che usiamo, come hanno fatto i/le costituenti quando hanno deciso di esprimere non un generico rifiuto ma un più forte e radicale ripudio della guerra. Giovanni Molari, in rappresentanza dell’Università di Bologna, si è unito all’auspicio che la Rete diventi sempre più capace di inviare alla società e alla politica un messaggio chiaro: le università sono impegnate concretamente a costruire una società di pace, svolgendo un ruolo di monitoraggio e indirizzo rispetto alle politiche nazionali, affinché siano attuati i principi della nostra Costituzione.
Claudio Pettinari, Rettore dell’Università di Camerino, ha auspicato che l’educazione alla pace, nel senso più ampio e profondo del concetto, vada oltre l’istituzione di singoli corsi di laurea per diventare parte integrante di ogni percorso formativo universitario. Tutti i corsi di laurea dovrebbero, a suo avviso, includere insegnamenti che facciano riflettere sul contributo che ogni disciplina può dare alla costruzione della pace, così come sulla responsabilità sociale del mondo della ricerca. Questa prospettiva radicalmente interdisciplinare è stata ripresa da Francesca Longo, intervenuta in rappresentanza del Rettore dell’Università di Catania: gli studi sui conflitti e sulla pace sono necessari in tutte le discipline, ancora di più in un tempo come il nostro in cui la guerra sembra essere accettata come un “male necessario”, incancellabile dalle relazioni internazionali.
L’impegno per la pace delle università non consiste soltanto in interventi formativi o in un’accresciuta consapevolezza del ruolo della ricerca per l’innovazione sociale e la tenuta democratica. Alessandra Petrucci, Rettrice dell’Università di Firenze, ha ricordato come il suo ateneo abbia promosso azioni concrete per contrastare le vulnerabilità e le discriminazioni, favorendo il dialogo e l’inclusione. Nello stesso spirito il Rettore dell’Università di Modena e Reggio Emilia, Carlo Adolfo Posti, ha augurato che RUniPace possa promuovere dentro e fuori di sé una autentica “cultura del rispetto” e sappia indirizzare il lavoro di ricerca all’analisi e al contrasto delle disuguaglianze, spesso causa di conflitti violenti, in collaborazione con la società civile. Anche la partecipazione della Rete alla Marcia per la Pace Perugia-Assisi, ha fatto notare Gian Luca Gregori, Rettore della Università Politecnica delle Marche, ha contribuito a ripensare e rinsaldare i rapporti tra società civile e università nell’attuazione dei principi costituzionali.
La Rete, in fondo, dà visibilità e forza a livello nazionale a impegni che molte università hanno già assunto da tempo. Lo ha ricordato Daniela Mapelli, Rettrice dell’Università di Padova, richiamando l’articolo 1 del proprio Statuto, che impegna l’ateneo a “promuove l’elaborazione di una cultura fondata su valori universali quali i diritti umani, la pace, la salvaguardia dell’ambiente e la solidarietà internazionale”. Tale impegno si è concretizzato, tra le altre cose, nella fondazione del Centro diritti umani “Antonio Papisca”, la cui missione è quella di “trasferire” nella società i frutti degli “studi sulla pace”. Il medesimo impegno è stato ribadito da Paolo Andrei, Rettore dell’Università di Parma, che ha sottolineato come l’attività di ricerca debba essere orientata al rispetto e alla promozione della dignità umana, contro l’indifferenza ma anche contro la strumentalizzazione dei saperi a finalità estranee o contrarie alla costruzione di società pacifiche.
Rivive e prende forza, nelle finalità di RUniPace, la difesa di valori che le università hanno da sempre dichiarato di voler difendere, come la libertà della ricerca e di espressione. Su questo punto ha insistito Antonella Forlino, Prorettrice alle relazioni internazionali dell’Università di Pavia, facendo riferimento alla collaborazione con la rete Scholars at Risk (SAR), il network internazionale di istituti di istruzione superiore nato per garantire la libertà accademica e tutelare i diritti fondamentali degli studiosi e delle studiose di tutto il mondo, con particolare attenzione a quei contesti in cui l’indipendenza e l’integrità di chi studia e fa ricerca sono minacciate.
Analogo impegno si esprime nell’adesione di numerosi atenei al Manifesto dell’università inclusiva, l’iniziativa dell’Agenzia delle Nazioni Unite per i Rifugiati finalizzata a sostenere giovani titolari di protezione internazionale che intendono proseguire il loro percorso di studi e ricerca nel paese d’asilo: un’iniziativa nata dalla consapevolezza che le esperienze culturali e personali dei rifugiati possano costituire un’opportunità di apprendimento e innovazione per la comunità di arrivo. Stefano Ubertini, Rettore dell’Università della Tuscia, ha osservato come la pace cominci nei corridoi degli atenei anche tramite l’accoglienza di studenti e studentesse straniere, alcune delle quali fuggono da guerra e violenza: partire da queste esperienze è necessario per ristabilire, tra le priorità del mondo universitario, la costruzione della pace a tutti i livelli.
Secondo Tomaso Montanari, Rettore dell’Università per Stranieri di Siena, l’impegno per la pace non deve essere uno tra i tanti ma il principale tra quelli perseguiti dagli atenei. La formazione superiore sarebbe, alla fine, inutile se non preparasse le nuove generazioni a prevenire la guerra, coltivando la loro capacità di parlarsi e di ascoltarsi, ma anche e soprattutto alimentando il loro spirito critico e l’autonomia di pensiero: qualità essenziali che insegnano a “disertare”, a non obbedire a norme ingiuste. Ripudiare, innanzitutto culturalmente, la guerra significa realizzare fino in fondo la missione degli atenei di promuovere il pluralismo e il confronto delle idee.
Maurizio Oliviero, Rettore dell’Università di Perugia, ha sottolineato come l’ambizione di RUniPace non possa limitarsi alla pur importante prevenzione e risoluzione di “conflitti di prossimità”: le sfide del presente possono essere affrontate solo se, da una parte, si persegue una memoria attiva del passato finalizzata a prevenirne i tragici errori e, dall’altra parte, si tiene conto della scala europea e globale dei conflitti. In questo senso, la Rete deve fin da subito guardare oltre i confini dell’Italia e mettersi nella prospettiva di costruire una rete europea delle università impegnate sul terreno della pace.
Oltre a tragici errori, la storia offre anche buoni esempi di pacificazione e riconciliazione cui fare riferimento, come fonte di ispirazione. In questo senso Giorgio Alberti, delegato all’internazionalizzazione dell’Università di Udine, ha ricordato come l’ateneo friulano si collochi in un territorio attraversato per tutto il Novecento da guerre, ma che abbia anche sperimentato la gioia di festeggiare l’ingresso della Slovenia e della Croazia nell’Unione Europea, nata anche per garantire la pace tra le nazioni del vecchio continente.
Fare della formazione universitaria uno strumento di pace
Nell’aprire la prima sessione tematica del convegno, Enza Pellecchia ha sottolineato come la formazione, sia in termini di corsi di studio e di singoli insegnamenti, che in termini di percorsi formativi rivolti a varie figure professionali dentro e fuori gli atenei, costituisca uno dei primi terreni su cui le università possono contribuire alla costruzione della pace.
Marco Mascia, Coordinatore della Rete, ha ricordato la co-promozione da parte di RUniPace, del Comune di Parma e dell’Università di Parma, in occasione del 60° anniversario della Marcia Perugia-Assisi, dell’iniziativa “Facciamo pace!”: una conferenza nazionale dedicata interamente alla cultura di pace, molto partecipata da studenti e studentesse delle scuole superiori. Si tratta di consolidare questo tipo di scambi e collaborazioni col mondo della scuola, facendo il miglior uso possibile del nuovo insegnamento di Educazione civica, già oggi utilizzato da molti e molte docenti per far riflettere le classi sui diritti fondamentali, sulla giustizia sociale e ambientale, sulle cause delle guerre e dei conflitti, e su altre questioni cruciali per costruire una società pacifica.
Sonia Paone, Presidente del corso di laurea in Scienze per la Pace dell’Università di Pisa, ha messo in luce come la postura interdisciplinare e teorico-pratica adottata dal corso, il primo del genere in Italia, affondi le proprie radici nell’esperienza del Centro Interdisciplinare Scienze per la Pace (CISP) e abbia fatto tesoro di varie esperienze internazionali nell’ambito dei Peace Studies e della Peace Research, sviluppando nel corso degli anni varie collaborazioni con altri atenei, da Brescia e Paris Dauphine. Il corso di laurea pisano ha ospitato fin da principio insegnamenti unici nel loro genere, dedicati alle teorie e alle pratiche della nonviolenza, ma ha anche saputo declinare i classici insegnamenti di tipo storico, sociologico, giuridico, economico, fisico-matematico, ecc. mettendone in luce il contributo alla trasformazione dei conflitti e alla costruzione della pace. Il corso ha anche alimentato la cittadinanza attiva degli studenti e delle studentesse, come nel caso di un progetto di autogestione di un centro di accoglienza per richiedenti asilo alla periferia di Pisa.
Carlo Alberto Romano, della University for Peace di Brescia, ha presentato l’esperienza bresciana di didattica universitaria in tema di pace. Ha tenuto subito a rilevare come la responsabilità sociale delle università, in risposta ai bisogni formativi e di innovazione dei territori, sia colta solo in parte dalla nozione di “Terza Missione”, se questa è intesa come funzione aggiuntiva e non pervasiva rispetto alle due classiche missioni degli atenei, ossia la didattica e la ricerca. Ha ricordato, invece, la feconda intuizione del collega Antonello Calore di introdurre il concetto di pace come snodo fondamentale per ripensare tutti i saperi e le loro applicazioni pratiche. Da questa prima intuizione è nata una convenzione dell’Università di Brescia con l’Associazione familiari caduti strage di Piazza della Loggia (cui si sono successivamente aggiunte la Provincia e il Comune di Brescia), da cui sono scaturiti negli anni numerosi convegni e seminari, la costruzione del Centro studi e ricerche della University for Peace, di taglio interdisciplinare e con una forte propensione a occuparsi di terrorismo, e una proficua collaborazione con la Casa della memoria. Non a caso, proprio tra l’Università di Brescia e quella di Pisa è nato il corso di laurea magistrale interateneo in “Scienze per la Pace: trasformazione dei conflitti e cooperazione allo sviluppo”.
Andrea Valdambrini, ricercatore del CISP, ha condiviso le numerose esperienze formative sviluppate negli ultimi anni per fare dell’università un luogo di lavoro in cui “promuovere una cultura organizzativa sensibile alla trasformazione dei conflitti”. A partire dal 2017, sono stati organizzati cicli di incontri destinati ai/alle dipendenti dell’Università di Pisa per gestire i conflitti nei luoghi di lavoro secondo una metodologia nonviolenta. I corsi hanno interessato un pubblico via via sempre più numeroso ed eterogeneo, composto da personale tecnico-amministrativo, docenti, dirigenti amministrativi, direttori di dipartimento, direttori di centri d’ateneo. Alla gestione dei conflitti all’interno delle organizzazioni sono stati dedicati, inoltre, due cicli di seminari formativi, uno più introduttivo e uno più avanzato, in collaborazione con l’University for Peace di Brescia. Questi, come tutti i corsi di formazione organizzati dal CISP, sottostanno a una certificazione della qualità che prevede, tra le altre cose, il bilanciamento di genere tra formatori e formatrici e l’attenzione agli obiettivi dell’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile.
Fare rete con altre reti
La ricchezza di temi e la complessità delle questioni legate alla pace richiede la costruzione di reti di collaborazione. RUniPace, nel corso dei suoi quasi due anni di vita, ha stretto importanti relazioni con altre reti universitarie in una prospettiva di condivisione di obiettivi e risorse.
Ester Gallo, dell’Università di Trento, ha presentato le attività della rete Scholars At Risk, di cui è referente per l’Italia. Nata negli Stati Uniti nel 1999, e arrivata in Italia nel 2019, la rete conta oggi 34 membri e promuove soprattutto tre tipi di azioni: protegge ricercatori e ricercatrici la cui libertà e incolumità sono a rischio nei paesi d’origine, attraverso borse di studio da 3 a 12 mesi, prolungate in alcuni casi fino a 3 anni; svolge advocacy in casi di violazione della libertà di ricerca e di studio che riguardano ricercatori/trici e studenti/esse; difende “without fear and favour”, senza paura né favoritismi, la libertà accademica e la libera manifestazione delle opinioni nella sfera pubblica. Tra i 34 enti universitari e di ricerca aderenti a SAR vige un clima di grande solidarietà, in particolare verso colleghi e colleghe che si espongono pubblicamente in difesa della pace e dei diritti umani.
Lelio Iapadre, dell’Università dell’Aquila, ha condiviso la propria esperienza di referente della Rete delle Università per lo sviluppo sostenibile (RUS). Nata nel 2016, la rete conta oggi 81 atenei ed è tuttora in espansione: le sue iniziative sono guidate da un concetto critico di “sviluppo”, che va oltre la semplice crescita economica, per far emergere gli aspetti sociali e umani che esso necessariamente implica. La Rete conta 7 gruppi di lavoro (educazione, energia, cambiamento climatico, mobilità, risorse e rifiuti, cibo, inclusione e giustizia sociale) che, al di là delle specificità tematiche, adottano un metodo di lavoro comune volto a standardizzare le metriche e i criteri di valutazione dei propri risultati e del loro impatto sociale. A riguardo, Iapadre ha ricordato la collaborazione tra alcune università della rete e il Forum disuguaglianze e diversità che ha influito – attraverso il lavoro di un gruppo misto appositamente istituito su invito del Ministero dell’Università e della ricerca e del CNEL – sui criteri adottati dall’Agenzia Nazionale per la Valutazione per “misurare” l’impatto delle azioni di “Terza missione”. L’esperienza della RUS può essere utile a RUniPace per indirizzarla a un ruolo attivo nei confronti del legislatore in tema di tutela dei diritti umani e di sviluppo sostenibile.
Valeria Saggiomo, dell’Università di Napoli “L’Orientale”, ha presentato l’attività del Coordinamento universitario per la cooperazione allo sviluppo (CUGS). Nato formalmente nel 2007, e formato a oggi da 40 atenei, il coordinamento supporta la partecipazione a programmi di ricerca da parte di studenti e studentesse provenienti da paesi in via di sviluppo, fornisce supporto tecnico alle istituzioni sui progetti di sviluppo approntati in sede ministeriale, promuove la cooperazione tra enti omologhi. Il Congresso triennale del CUGS, tenutosi a Napoli nei mesi scorsi con la partecipazione di RUniPace e della RUS, è stato l’occasione per sottolineare l’importanza delle reti per intervenire su questioni complesse, come la risoluzione dei conflitti e la costruzione della pace, entrambe precondizioni per uno sviluppo umano e sociale, non solo economico.
Luisa del Turco, dell’Università di Roma “La Sapienza”, ha infine presentato le attività del Tavolo interventi civili di pace, di cui è referente nazionale. Si tratta di una rete nata per sostenere volontari e professionisti impegnati a costruire nel mondo le condizioni per una “pace positiva”, ovvero non la semplice assenza di conflitti violenti ma uno stato di vero e diffuso benessere dell’intera società. Formatosi negli anni ’90, il Tavolo si è rafforzato con l’avvio dei cosiddetti “interventi umanitari”, nonché con la nascita dell’Agenda Donne Pace Sicurezza, che promuove la partecipazione attiva delle donne ai processi di pace e pacificazione. Il metodo adottato dal Tavolo nelle sue attività si ispira a quello elaborato da Johan Galtung per la trasformazione nonviolenta dei conflitti: si tratta di partire dall’analisi delle diverse forme di violenza – diretta, culturale e strutturale – per individuare percorsi di cambiamento profondo, da portare avanti sia a livello di sistema, che di comportamenti e di atteggiamenti. Su questo terreno, le opportunità di collaborazione con RUniPace sono molteplici, dall’elaborazione di proposte indirizzate al legislatore su come rafforzare l’azione di pace intorno al nesso tra sviluppo umano, diritti e pace, all’organizzazione di corsi universitari ispirati alle iniziative dell’Agenda Donne Pace Sicurezza, alla formazione sui metodi di trasformazione nonviolenta dei conflitti per operatori e operatrici delle organizzazioni della società civile.
Comunicare le proprie azioni e organizzare le attività per gruppi di lavoro
Nell’epoca della comunicazione e delle nuove tecnologie, chi opera per la pace non può fare a meno di elaborare strategie adeguate per condividere con un pubblico ampio, anche di non addetti ai lavori, la propria visione e le proprie attività. Marco Mancini, gestore del sito web di RUniPace, ha condiviso alcune riflessioni su come impostare nella maniera più efficace possibile la comunicazione della Rete, a partire dalla pagina internet e dai canali social, tenendo conto della pluralità di voci – i diversi atenei aderenti – che vi deve trovare spazio in forma coerente. Si tratta di conciliare diverse esigenze – ricchezza e completezza di contenuti, leggibilità, riconoscibilità – affinché la pagina e i social di RUniPace possano diventare punti di riferimento nel panorama nazionale.
Per organizzare e portare avanti le proprie attività, coinvolgendo le diverse competenze e i diversi saperi messi a disposizione dai propri membri, RUniPace si è infine dotata di gruppi di lavoro tematici. Oltre a quelli già esistenti, altri gruppi sono stati istituiti in base alle proposte e alle disponibilità emerse durante il convegno. La Rete lavorerà così, attraversi i propri gruppi tematici, alla creazione di un dottorato in studi per la pace, alla diffusione dell’educazione alla pace nelle scuole, alla costruzione di città pacifiche, alla progettazione di insegnamenti e percorsi formativi in tema di pace, alla promozione di approcci nonviolenti alla risoluzione di conflitti in ambito lavorativo, a promuovere ricerche e iniziative pubbliche in tema di migrazioni, etica della scienza e delle tecnologie, spese militari e disarmo, linguaggio e comunicazione nonviolenta.
Nella diversità degli obiettivi e dei metodi di lavoro specifici dei vari gruppi, è emerso l’interesse comune a dotarsi di indicatori – più qualitativi che quantitativi – capaci di misurare e monitorare sia i progressi dei vari gruppi rispetto ai propri scopi, sia i cambiamenti apportati in termini di innovazione sociale e diffusione di una cultura di pace. I gruppi di lavoro sono ben consapevoli delle sfide che dovranno affrontare: si tratta di assumere una prospettiva interdisciplinare, di definire o ridefinire i concetti fondamentali dei diversi settori di intervento, di programmare e produrre azioni concrete, di aprirsi alla società e al territorio creando reti e forme stabili di intervento, di incoraggiare la partecipazione attiva di tutto il mondo universitario a partire dagli studenti e dalle studentesse, di costruire collaborazioni istituzionali al fine di poter influire sui processi decisionali, di diffondere una cultura di pace moltiplicando le occasioni di dibattito.
Questo approccio rigoroso mostra ancora una volta, qualora ce ne fosse bisogno, che la costruzione della pace non è un’utopia né un’astrazione, ma è il frutto di una comprensione profonda e complessa della realtà, delle dinamiche dei conflitti e della violenza, così come dei potenziali di cambiamento e dei percorsi possibili di emancipazione – dai bisogni, dalla paura, dalle varie forme di dominio.
Chiara Magneschi è avvocata, ricercatrice aggregata al Centro Interdisciplinare “Scienze per la Pace” e docente a contratto in Teorie giuridiche e politiche e diritti umani presso il Dipartimento di Civiltà e Forme del Sapere dell’Università di Pisa. E-mail: chiaramagneschi@gmail.com