martedì, Dicembre 30, 2025
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The Gaza Tribunal: un’esperienza di giustizia dal basso

di Matteo Fantoni

Il Gaza Tribunal è un tribunale popolare (people’s tribunal), ossia un’inchiesta pubblica senza potere legale formale, nato per indagare sui crimini commessi da Israele a Gaza e sul ruolo della comunità internazionale nelle operazioni militari israeliane che, dopo il 7 ottobre, hanno distrutto la Striscia e ucciso almeno 70.000 palestinesi. 

Fondato nel novembre 2024 a Londra, da accademici, giuristi/e, attivisti/e ed esponenti della società civile, il Gaza Tribunal si ispira a precedenti tribunali di opinione indipendenti e non giurisdizionali, come quello fondato da Bertrand Russell e Jean-Paul Sartre nel novembre 1966 per indagare sui crimini commessi dall’esercito statunitense nella guerra del Vietnam. Il suo scopo è morale e politico: raccogliere testimonianze e prove sulle violazioni del diritto internazionale contro la popolazione palestinese, per esercitare una pressione su Israele, sulla comunità internazionale e sull’opinione pubblica globale.

Dal 26 al 29 maggio 2025 il Tribunale ha tenuto le sue prime udienze pubbliche a Sarajevo, scelta simbolicamente come sede per il suo lunghissimo assedio durato dal 1992 al 1996. La Sarajevo Declaration, redatta sulla base di 45 testimonianze, contiene una presa di posizione chiara e molto dura: “Condanniamo il regime israeliano – vi si legge – per l’attuazione del genocidio e le sue politiche e pratiche decennali di colonialismo d’insediamento, suprematismo, apartheid, segregazione razziale, persecuzione, insediamenti illegali, negazione del diritto al ritorno, punizione collettiva, detenzione di massa, tortura e trattamenti e punizioni crudeli e inumani, esecuzioni extragiudiziali, violenza sessuale sistematica, demolizioni, sfollamenti e espulsioni forzate, pulizia etnica e mutamento demografico forzato, inedia forzata, negazione sistematica di tutti i diritti economici e sociali e sterminio”. 

La Dichiarazione ha denunciato anche come decenni di impunità concessa a Israele abbiano “eroso il diritto internazionale”, fino a renderlo impotente. Il testo ha anche messo in luce aspetti rilevanti, ma spesso trascurati nel dibattito pubblico relativo a Gaza, come la distruzione del patrimonio culturale palestinese, le violazioni dei diritti riproduttivi delle donne e delle persone con disabilità, l’arricchimento di varie aziende sia nelle operazioni militari che nella futura ricostruzione, l’uso strumentale dell’accusa di antisemitismo contro i critici del governo israeliano. 

Dopo Sarajevo, l’ex leader laburista ora parlamentare indipendente Jeremy Corbyn ha organizzato un Gaza Tribunal per il Regno Unito: tenutosi a Londra, tra il 4 e il 5 settembre 2025, l’evento ha permesso di analizzare specificamente il ruolo del governo britannico e la sua complicità nei crimini internazionali commessi da Israele nella Striscia.

La prima sessione si è concentrata sulla ricostruzione degli eventi, evidenziando le violazioni del diritto internazionale umanitario. La seconda ha ricostruito le responsabilità legali del Regno Unito, valutando la sua possibile complicità nei crimini commessi da Israele. La terza ha approfondito ulteriormente il ruolo del governo britannico, con particolare attenzione alle forniture militari e alla copertura diplomatica fornita al governo israeliano. La quarta, infine, ha valutato se il Regno Unito abbia o meno rispettato i propri obblighi nazionali e internazionali, in particolare quelli relativi alla protezione dei civili e alla compravendita di armi.

Le sedute del Gaza Tribunal per il Regno Unito hanno incluso testimonianze di sopravvissuti, operatori umanitari, medici e giuristi di livello internazionale. 

Il chirurgo dell’Università di Oxford, Nick Maynard, ha rivelato ad esempio che gli F-35 utilizzati per colpire ospedali e bambini erano dotati di componenti britannici, e ha riportato casi in cui ragazzi tra gli 11 e i 14 anni erano stati bersagliati con colpi d’arma da fuoco all’addome, al torace e ai testicoli.  

La dottoressa Victoria Rose ha fornito prove delle condizioni disperate in cui si è trovata a operare, come l’obbligo di operare bambini senza anestesia e la morte per malnutrizione di una neonata, causata dalla rimozione deliberata di latte artificiale da parte dei militari israeliani.  

La relatrice speciale delle Nazioni Unite per i diritti nel Territorio Palestinese Occupato, Francesca Albanese, ha avvertito che la mancata interruzione dei rapporti economici e militari del Regno Unito con Israele potrebbe comportare una responsabilità penale per alcuni funzionari britannici.

Dal 23 al 26 ottobre 2025, infine, si è tenuta ad Istanbul la sessione finale del Tribunale di Gaza, con l’obiettivo di unire alla denuncia documentata del genocidio, la promozione di un cessate il fuoco efficace e di un percorso per l’affettiva autodeterminazione del popolo palestinese, contro ogni tentativo di normalizzare quanto accaduto dopo il 7 ottobre. 

Richard Falk, ex relatore speciale delle Nazioni Unite per il Territorio Palestinese Occupato e Presidente del tribunale, ha riconosciuto in apertura il forte sostegno della Turchia alla causa della liberazione palestinese. Nel corso delle udienze sono stati ascoltati oltre 150 testimoni, che hanno permesso di documentare numerosi crimini, fornendo elementi per la stesura del “verdetto finale”.

La “giuria di coscienza”, composta da sei esperti/e internazionali di chiara fama, ha concluso che “Israele sta perpetrando un genocidio contro il popolo palestinese a Gaza”, inquadrando gli eventi successivi al 7 ottobre nel contesto più ampio dell’occupazione, dell’apartheid e del progetto coloniale di insediamento portato avanti da Israele. Christine Chinkin, presidente della giuria, ha sottolineato l’importanza che la società civile prenda la parola e agisca quando i governi tacciono, avvertendo che “il silenzio è complicità”.

Nello specifico il Gaza Tribunal ha “condannato” Israele per numerosi crimini, facendo emergere le molteplici e complesse dimensioni del genocidio in corso: l’uso della fame come arma di guerra, domicidio (ossia la distruzione di abitazioni e infrastrutture civili), ecocidio (distruzione dell’ambiente), attacco deliberato al sistema sanitario, scolasticidio (distruzione del sistema educativo), impedimento di nascite, attacchi mirati a giornalisti/e e personale medico-sanitario, arresti arbitrari, torture, violenze sessuali e sparizioni.

In tutti questi crimini, la giuria ha riscontrato un “modello coerente e costante di violenza sterminatrice”, non giustificata da obiettivi militari ma “guidata dall’ideologia suprematista e razzista del sionismo”, ed ha anche condannato la complicità e la collusione di una “struttura di potere neocoloniale oppressiva, guidata dagli Stati Uniti e dai loro alleati”, che ha consentito e sostenuto materialmente il genocidio.

Il verdetto finale rappresenta un atto di coscienza globale che supera i limiti della giurisdizione formale. La sua forza non risiede nel potere di imporre sanzioni, ma nel richiamo morale che lancia all’umanità intera: quando il diritto tace, resta la responsabilità dei popoli nel nominare l’ingiustizia e rifiutarne la banalizzazione.

Questa presa di posizione diventa ancora più significativa alla luce del “piano di pace” imposto da Donald Trump e fatto proprio dal Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite. Nella prospettiva sviluppata dal Gaza Tribunal, tali proposte incarnano un paradigma coloniale: consolidano rapporti di forza storicamente radicati, invece di riparare ai torti, ridefiniscono la pace come imposizione e gestione di un ordine imperiale, piuttosto che come l’esito di una giustizia autentica, e relegano i palestinesi al ruolo di destinatari passivi di decisioni esterne.

Il suo messaggio finale — che “genocidio in Gaza è una questione che riguarda tutta l’umanità” — non è solo una condanna del presente, ma un invito a immaginare un futuro che non sia costruito sulle macerie dell’impunità.

 

Matteo Fantoni è laureato in Scienze della Comunicazione all’Università di Pisa e collabora con “Scienza e Pace Magazine”.