domenica, Luglio 20, 2025
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La coscienza dice no alla guerra: intervista a Enzo Sanfilippo e Maria Albanese

Il Centro Gandhi di Pisa ha da poco pubblicato il n. 48 dei Quaderni Satyāgraha, preziosa collana che ha pubblicato dal 2003 a oggi numerosi testi sul metodo nonviolento e la risoluzione dei conflitti. L’ultimo volume ha per titolo La coscienza dice no alla guerra. Per un rilancio dell’obiezione di coscienza e per una nuova idea di difesa ed è stato curato da Enzo Sanfilippo e Annibale Raineri della Comunità dell’Arca. Il 30 maggio 2005, Enzo Sanfilippo e Maria Albanese, Responsabili per l’Italia della Comunità dell’Arca, Nonviolenza e Spiritualità, sono stati invitati al Centro Interdisciplinare Scienze per la Pace per discutere di questa impresa editoriale che parte da storie vissute. A margine di questa iniziativa, abbiamo brevemente intervistato i due relatori.

 

Enzo, puoi presentarci brevemente il Movimento della Comunità dell’Arca, che ha avuto un ruolo importante nello sviluppo della nonviolenza in Europa?

La Comunità dell’Arca è stata fondata da Lanza del Vasto (1901-1981) personalità poliedrica che, nel secolo scorso, dopo gli studi in Filosofia a Pisa, sconvolto e impotente per la violenza che vedeva propagarsi in Europa, tra le due guerre mondiali, si decide per un pellegrinaggio in India dove va a conoscere Gandhi. Da lui vorrebbe trovare una risposta ai mali del secolo. Ne resta affascinato e diventa presto suo discepolo. Dopo pochi mesi tuttavia la sua inquietudine persiste e lo porta a compiere un pellegrinaggio alle sorgenti del Gange. Sull’Himalaya sente una nuova e decisiva chiamata: “Va’ e fonda!”. Comprende allora che la sua realizzazione di vita sarà quella di portare la nonviolenza in Europa.

La storia di quel viaggio e di quell’incontro è narrata nel libro Il Pellegrinaggio alle sorgenti che ebbe un grande successo in quegli anni. Tornato in Italia, dopo vari tentativi, nel 1948 fonda la prima Comunità dell’Arca. Dall’insegnamento del Mahatma, Lanza aveva compreso che la vita comunitaria e il lavoro manuale, necessario per vivere, sono le prime tappe per realizzare innanzi tutto giustizia, cercando di non vivere del lavoro altrui. Solo dopo sette anni di vita comunitaria hanno inizio le prime azioni nonviolente in Francia: contro le servitù militari in Larzac, dove il governo voleva togliere la terra ai contadini e ai pastori, contro la guerra e la tortura in Algeria, contro la costruzione della bomba atomica.

 

Lo sviluppo successivo della Comunità dell’Arca è molto interessante. Vogliamo ora ritornare al libro. Maria, come nasce questa idea di un libro sull’obiezione di coscienza?

Il 24 febbraio 2022 la Russia invade l’Ucraina. In Sicilia la nostra Fraternità vive, forse come il nostro fondatore nel secolo scorso, lo sgomento di una guerra che già coinvolge il blocco occidentale, la Nato, che non trova altra soluzione che l’invio di armi. La guerra che qualcuno immaginava breve, perdura ancora oggi dopo più di tre anni dal suo inizio. Una coppia di impegnati dell’Arca, Tito e Nella, decidono di recarsi in Ucraina, con la Carovana Stop the war now. Questo viaggio è un punto importante per tutta la Comunità: la prima risposta è, infatti, un tentativo di “essere presenti”.

Essere presenti al presente è un punto fondamentale della riflessione di Lanza del Vasto. Proprio per questo, la Comunità dell’Arca aveva stretto rapporti di amicizia e sostegno con i volontari di Operazione Colomba, Corpo Nonviolento di Pace dell’Associazione Papa Giovanni XXIII, che sperimenta da più di trent’anni la presenza in zone di conflitto (Palestina, Libano, Colombia e altre zone).

Al rientro in Italia di Tito e Nella, la Fraternità siciliana dell’Arca continua a porsi delle domande. Perché – ci siamo chiesti – la cultura e la pratica della nonviolenza non dice più niente al mondo? Perché è spesso derisa e ritenuta non credibile? Inizia così una riflessione collettiva che ha portato il gruppo a prendere atto che non esiste in Italia e in Europa un movimento popolare in grado di incanalare in azioni pubbliche, partecipate e visibili, un sentire che ancora oggi si oppone alla guerra ma che non trova, tuttavia, il modo di emergere nel discorso pubblico e mediatico. Abbiamo ritrovato e riflettuto sulla pratica dell’obiezione di coscienza che nei primi anni ‘60 vide le Comunità dell’Arca a sostegno dei giovani francesi che si rifiutavano, affrontando tribunali e carcere, di combattere contro l’Algeria, dove si praticava perfino la tortura contro i dissidenti. Uno dei primi contributi del libro è proprio la narrazione che Lanza del Vasto fa di quell’esperienza.

 

Enzo, come avete tradotto quell’impegno per l’obiezione di coscienza nella storia di oggi?

Per prima cosa ci siamo collegati al Movimento Nonviolento, aderendo alla Campagna “Obiezione alla Guerra”. Il Movimento Nonviolento è stato fondato da Aldo Capitini, altra figura fondamentale della nonviolenza in Italia. La nostra preoccupazione era tuttavia che questa campagna non fosse abbastanza diffusa, mentre, d’altra parte, ci accorgevamo che il sentimento di opposizione all’agire bellico era molto presente tra la gente, che tante persone non erano d’accordo all’invio di armi in Ucraina perché si prevedeva che nessuno dei due contendenti poteva arrivare a una “vittoria” e che ogni vittoria, comunque, come sempre è stato, è solo un armistizio e non un vero accordo.

La preoccupazione di una scarsa visibilità della Campagna è quella che nutriamo ancora oggi. Per questo abbiamo invitato il Movimento Nonviolento ad aprire la Campagna al contributo di altri movimenti. Ci è sembrato comunque importante partire da un primo gesto individuale, che abbiamo poi proposto a centinaia di amici in Italia: rendere pubblico il nostro rifiuto a uccidere e, allo stesso tempo, la richiesta di sperimentare vie concrete per la gestione nonviolenta dei conflitti, anche tra Stati. Gli amici del Movimento Nonviolento avevano preso contatto e invitato in Italia obiettori di coscienza russi, bielorussi ed Ucraini. La nostra obiezione è stata dunque un gesto di solidarietà a loro, ma il nostro è un invito all’intera cittadinanza ad assumere un posizionamento etico generale contro la logica della guerra che, prima o poi, potrebbe toccarci più da vicino. L’Italia, che ha riconosciuto l’obiezione di coscienza ma, cosa ancor più importante, la difesa civile non armata e nonviolenta, è un luogo privilegiato per riaprire questa pratica e portarla verso realizzazioni più avanzate.

Le riflessioni e i documenti che via via si raccoglievano sul tema sono stati organizzati in un opuscolo. A un certo punto, ci siamo resi conto che i materiali messi insieme, anche sollecitando altri soggetti associativi, avevano un valore di riflessione collettiva che era bene condividere in cerchi più grandi.

 

Sembra che questa storia nasca fuori dalla “rete”: essa si sviluppa prima dentro la vostra Fraternità ma poi, via via, si allarga ad altri soggetti. Maria, ci puoi dire qualcosa di questo percorso?

Questo libro, nella sua costruzione e ora nella fase di diffusione, ha molto a che fare con dei viaggi. Quando con Enzo abbiamo assunto il servizio di Responsabili dell’Arca Italiana, avevamo in mente che quest’incarico avrebbe significato anche spostarci, incontrare vecchi e nuovi amici, costruire legami, tessere trame inedite, ricami che potessero cogliere la bellezza di sguardi e la risonanza di cuori. Sì, mentre la guerra fa notizia e distrugge, noi, con un ardore insperato, abbiamo cercato di riannodare fili. Ci siamo sentiti chiamati a un primo viaggio per costruire o ri-costruire legami e speranza con responsabili nazionali di altri modi associativi: MIR, Movimento Nonviolento, Pax Christi, Movimento dei Focolari, AGESCI, Ricostruttori nella Preghiera, ACLI, Azione Cattolica.

Il nostro primo viaggio si è svolto nella primavera del 2024. In quel periodo avevamo in mano il primo opuscolo. Tornando a casa, quelle riflessioni e altre sono confluite in questo libro. Quest’anno abbiamo ripetuto l’esperienza del viaggio per presentare questo lavoro in 12 città italiane. Sentiamo crescere la consapevolezza e tutto questo che non poteva certo svilupparsi in una chat o attraverso incontri online. Sì, possiamo dire che abbiamo sposato una modalità non-streaming! Questa dimensione “relazionale” della nonviolenza è un po’ uno specifico della nostra Comunità.

 

Enzo, a questo proposito che impressione vi siete fatti dello stato dei movimenti per la pace in Italia?

Non mi sento di dire che lo stato di salute di questo mondo sia buono. Lo si è visto in questi anni di guerra. In periodi meno drammatici di quello che attraversiamo, la mobilitazione per la Pace ha coinvolto molte più persone di quelle che vediamo oggi. Ci sembra che questo elemento a cui accennava Maria sia fondamentale. Ci si affida alle “Reti”, che – beninteso – possono essere uno strumento organizzativo prezioso, ma è necessario un lavoro più profondo di interconnessione e contaminazione reciproca, per declinare la nonviolenza in un mondo certamente diverso da quello del secolo scorso, ma che non può saltare il valore della relazione, anche difficile tra chi desidera la Pace.

Riconnettere allora tante realtà che hanno alla base la nonviolenza ci è sembrato un compito imprescindibile in questo momento e – per quanto la nostra realtà sia veramente piccola! – abbiamo deciso di contribuire a questa ricostruzione. Ogni contributo del libro è stato richiesto incontrando realmente ogni autore, magari attorno a un tavolo cenando o pranzando insieme. E così, incontro dopo incontro, tutto il gruppo ha acquisito una conoscenza diversa della storia dell’obiezione di coscienza e della sua attuale deriva.

Dopo due anni dall’inizio della nostra riflessione e dopo la pubblicazione del libro emerge che la storia dell’obiezione di coscienza, dal suo riconoscimento giuridico, alla prima fase del servizio civile è una storia che ancora oggi costituisce un patrimonio fecondo. Con tutti gli amici e le amiche che abbiano incontrato, ci siamo interrogati sulle cause dell’incapacità attuale del pensiero e del sentire nonviolento a diventare risorsa credibile per una alternativa alla gestione militare dei conflitti. E per far questo l’obiezione di coscienza e il suo rilancio ci è sembrato un buon punto da cui partire.

 

Maria, ci puoi dire in sintesi quali sono i contenuti del libro?

Il libro si compone di quattro parti. La prima ripercorre le origini dell’obiezione di coscienza, la seconda raccoglie contributi sui modi di rilanciare l’obiezione di coscienza oggi, la terza riguarda le esperienze alternative alla gestione violenta dei conflitti con due sotto-parti: una sui casi di risoluzione nonviolenta dei conflitti nella storia e nella realtà attuale e una che dà voce a contributi femminili che propongono modalità e stili che ribaltano la logica patriarcale e maschile che ha prevalso fino a oggi. L’ultimo capitolo dà indicazioni pratiche per formulare e inoltrare ai referenti istituzionali le dichiarazioni di obiezione di coscienza.

 

Enzo, per concludere, quali nuovi passaggi sono oggi auspicabili per questo rilancio?

Abbiamo raccolto alcune indicazioni durante questi incontri. La prima è l’importanza di coinvolgere le nuove generazioni. Sopratutto i giovani di sesso maschile che ogni anno (a loro insaputa!) sono inseriti delle “liste di leva” dei comuni. Essi potrebbero essere invitati a richiedere al proprio sindaco di essere, già in questa fase, considerati obiettori di coscienza e ricompresi in un gruppo che, come previsto dalla legislazione vigente, dovrebbe essere impegnato alla Difesa non armata e nonviolenta. Il secondo campo di impegno è quello di aprire un confronto con tutti gli Enti di Servizio Civile, valorizzando la funzione del servizio civile universale che è ancora oggi, ma solo sulla carta, finalizzato alla difesa non armata e nonviolenta del Paese.

Su queste due proposte sarebbe auspicabile far convergere tanti soggetti del mondo associativo laico e cattolico. Accanto alla Campagna “Obiezione alla guerra” potrebbe quindi costituirsi un Forum di approfondimento e di proposta per immaginare le azioni da mettere in campo.

 

Intervista curata da Valentina Bartolucci, docente di Sociologia dei conflitti e della pace nel corso di laurea triennale in Scienze per la Pace: Cooperazione internazionale e trasformazione dei conflitti.