venerdì, Dicembre 27, 2024
DirittiSalute

Trasferire stranieri già presenti sul territorio sulle “navi quarantena” è illegale

Per alcune settimane sono stati eseguiti trasferimenti a bordo delle navi quarantena di migranti regolarmente residenti nei CAS sul territorio italiano risultati positivi al Covid-19. Le navi quarantena sono state introdotte da un decreto della Protezione Civile il 12 aprile scorso ma erano destinate ai migranti di primo arrivo via mare. Tuttavia, già all’inizio di ottobre erano arrivate le prime segnalazioni da parte dell’Associazione Studi Giuridici sull’Immigrazione su questi trasferimenti illegali, in quanto privi di fondamento normativo. Nell’articolo pubblicato su Open Migration si sottolinea come le navi quarantena, da misura eccezionale destinata ai soli salvati in mare, possano rischiare di diventare un nuovo luogo di detenzione per gli stranieri regolari; senza contare l’impatto psicologico che tale trasferimento potrebbe avere sulle persone. queste persone. Inoltre le condizioni sanitarie all’interno delle navi quarantena sono inadeguate e molte associazioni hanno denunciato violazioni di vari diritti fondamentali a bordo. Dopo l’ultima riunione del Tavolo Asilo, il 15 ottobre, sembra che la voce delle associazioni sia stata ascoltata: il Ministero degli Interni ha dato disposizioni di fermare il trasferimento dai centri di accoglienza alle navi quarantena degli stranieri regolari. Bisognerà capire nei prossimi giorni come verrà gestito il rientro delle persone, ora a bordo delle navi, nei rispettivi centri di accoglienza.

 

di Tommaso Fusco

 

Il timore già espresso da avvocati e associazioni al momento dell’adozione della misura si sta rilevando fondato: le navi quarantena, da misura eccezionale destinata ai soli salvati in mare, rischiano di diventare nuovo luogo di detenzione per stranieri regolari e potenzialmente anche per italiani.

Le prime segnalazioni sono arrivate all’alba dell’8 ottobre: migranti con regolare permesso di soggiorno, uomini e donne “ospiti” dei Cas di Roma e di altre città d’Italia risultate positive al Coronavirus stanno per essere trasferite sulle così dette “navi quarantena”.

Di quarantena da svolgersi a bordo delle navi abbiamo iniziato a sentirne parlare dopo il 12 aprile, quando con il Decreto n. 1287/2020 del Capo Dipartimento della Protezione civile è stato affidata al Dipartimento per le libertà civili e l’immigrazione del Ministero dell’interno la gestione delle procedure legate all’isolamento fiduciario e alla quarantena dei cittadini stranieri soccorsi o arrivati autonomamente via mare “con riferimento alle persone soccorse in mare e per le quali non è possibile indicare il “Place of Safety” (luogo sicuro)”.

Già con il decreto Cura Italia, ai Prefetti era stato affidato il potere di requisire alberghi e altre strutture simili in cui poter far svolgere la quarantena o in cui sistemare le persone potenzialmente entrate in contatto con il virus e che non hanno un domicilio dove svolgere l’isolamento, come ad esempio nel caso dei senza fissa dimora.

Il problema si presenta ora perché le misure adottate, non trattandosi di primo arrivo via mare sarebbero ingiustificate e prive di base legale.

Come reagiremmo se a venire trasferito sulle navi quarantena, lontano dal suo luogo di residenza, fosse un paziente ricoverato nelle RSA?

Le misure inoltre erano state pensate per la quarantena della persone soccorse in mare da navi non battente bandiera italiana, di seguito allargate anche a quelle che invece la battevano, mentre in questa fase perdono addirittura la propria specificità.

Va inoltre ricordato come tali navi sin dalla loro istituzione siano finite sotto l’attenzione delle organizzazioni e del Garante per le persone recluse per il mancato rispetto di diritti essenziali. È notizia della settimana scorsa, invece, quella relativa alla morte di Abou – ragazzo di 15 anni, costretto a trascorrere i 15 giorni di isolamento necessari a causa dell’emergenza coronavirus a bordo della nave quarantena “Allegra”, nonostante fosse “in stato di salute molto grave” allo sbarco e il suo corpo presentasse segni di tortura.

 

Il caso Farouk

Tra le prime a segnalare i trasferimenti verso le navi quarantena l’avv. Valentina Tortorella, socia Asgi e legale di Farouk (nome di fantasia).

La storia di Farouk è quella di tanti: lascia il Gambia nel 2015 e dopo un soggiorno di 5 mesi in Libia entra in Italia nel febbraio del 2017, all’età di 17 anni, sulla costa siciliana. Da lì lo inviano in un centro minori a Bari e qualche tempo, prima di fare richiesta di protezione, se ne va in Germania. Dopo un lungo iter “Dublino” in Germania, viene rimandato coattivamente in Italia e accolto a Roma. Formalizza la domanda di protezione nel luglio del 2019. A ottobre dello stesso anno incontra la Commissione territoriale che rigetta la sua domanda e presenta ricorso al Tribunale di Roma. In attesa dell’udienza davanti al Giudice fissata per il dicembre prossimo, il ragazzo è accolto al Centro Porrino e a settembre ha ritirato in Questura il permesso di soggiorno di 6 mesi che al momento ha con sé.

Proprio al Centro Porrino è stato raggiunto dalla notizia della propria positività al virus e in seguito trasferito su una nave quarantena a Palermo.

“Ero a conoscenza – dichiara l’Avv. Tortorella ad Open Migration – che il ragazzo in data 04.10.2020 fosse stato sottoposto a tampone antigenico rapido, su intervento della ASL a seguito della segnalazione di un caso positivo nel centro di accoglienza. Lui insieme ad altre 15 persone circa era risultato positivo e, privo di sintomi, sottoposto a isolamento fiduciario all’interno del centro”.

“Invece – prosegue la legale -, sono stata nuovamente contattata da Farouk la mattina dell’8 ottobre che mi riferiva che durante la notte, intorno all’una, era stato prelevato da un autobus della Croce Rossa insieme agli altri casi positivi accertati nel centro, per essere condotto su una ‘nave quarantena‘, ma senza conoscerne realmente l’ubicazione, né avere notizie sulle modalità e tempistiche del trasferimento. Solo alle 5 del pomeriggio di quello stesso giorno mi faceva sapere che si trovava al porto di Palermo. Esprimeva forte preoccupazione sia per l’assenza totale di informazioni ricevute sia per l’incertezza di rientro a Roma. Lo stesso, infatti, ha un percorso giuridico per il riconoscimento della protezione internazionale, avviato da tempo a Roma e ancora pendente in fase giudiziaria, ed è ben integrato nel tessuto sociale. È infatti in Italia dal febbraio 2017 quando era ancora minorenne ed è accolto sul Territorio Romano, nel centro Porrino, da più di un anno. La procedura attuata ai suoi danni, oltre che priva di ogni fondamento giuridico, è gravemente discriminatoria e lesiva dei suoi diritti in quanto persona”.

 

Non un caso isolato

La storia di Farouk non è purtroppo un caso isolato e in questo momento, secondo le segnalazioni arrivate ad Asgi, altre decine di persone si trovano nella stessa situazione: regolari titolari di permesso di soggiorno e di un domicilio che sono stati trasferiti senza preavviso e informativa sui loro diritti in navi quarantena distanti decine se non centinaia di chilometri dal loro quotidiano.

L’antico timore, che una misura eccezionale destinata ai soli soccorsi in mare potesse  diventare un nuovo luogo di detenzione anche per stranieri regolari, si sta realizzando.

L’Avvocato Gennaro Santoro, esperto di diritto della migrazione della Coalizione Italiana Libertà e Diritti civili, raggiunto telefonicamente da Open Migration mette in guardia da tali pratiche:

“Già con gli hotpost abbiamo assistito ad un fenomeno simile. Aperti nel 2015 come misura eccezionale per gli arrivi massicci via mare in Italia e Grecia, sono poi diventati la normalità. Ora le navi quarantena, introdotte ad aprile di quest’anno in fase di emergenza e per soli arrivi via mare, diventano  ‘Lazzaretti‘ anche per migranti con regolare permesso di soggiorno che dovrebbero invece trascorrere l’isolamento fiduciario su terra ferma, al pari dei cittadini italiani”.

“Chi ha deciso questi trasferimenti coatti” si domanda l’avvocato Santoro “esiste un provvedimento e, in caso affermativo, emanato da chi? È possibile in uno stato di diritto trasferire e detenere una persona su una nave senza neanche fornirgli un provvedimento scritto, un’informativa? È possibile limitare la libertà personale senza la convalida di un giudice, come impone l’art. 13 della Costituzione? Dopo i migranti che arrivano via mare e i migranti ospitati in centri di accoglienza chi saranno i prossimi deportati?”

 

Fonte: Open Migration, 9 ottobre 2020.