La vendita di frutta e verdura in imballaggi di plastica sarà proibita in Spagna dal 2023
Nel sistema di distribuzione alimentare dominante nella nostra società, uno dei problemi più spesso denunciati negli ultimi anni riguarda l’imballaggio di frutta e verdura, considerato da molti superfluo e dannoso dal punto di vista ambientale, ma che può risultare pratico in un sistema sociale frenetico come il nostro. Molti fra distributori e consumatori lo preferiscono, soprattutto per quanto riguarda le norme igieniche: sostengono di comprare più volentieri il prodotto imballato perché si sentono più sicuri. Secondo molte associazioni, però, la plastica che riveste frutta e verdura è dannosa, non solo per l’impatto ambientale causato dalla produzione e dallo smaltimento dei materiali di imballaggio, ma anche per il fatto che non lascia respirare il prodotto e spesso crea un ambiente umido più favorevole alla proliferazione di germi e batteri. Questo articolo, pubblicato su El Pais, dà conto della decisione del governo spagnolo di eliminare gli imballaggi di plastica per frutta e verdura dal 2023. Dopo la Spagna, anche la Francia ha deciso di impegnarsi nella medesima direzione: il divieto di usare packaging in plastica entrerà in vigore già a partire dal prossimo anno.
di Manuel Planelles
La vendita di frutta e verdura in involucri di plastica sarà proibita per la vendita al dettaglio (sia nei piccoli che nei grandi supermercati) della Spagna, a partire dal 2023. È una delle misure contenute nel decreto su imballaggi e rifiuti che il governo sta mettendo a punto e che il Ministero per la Transizione Ecologica spagnolo sta per rendere di dominio pubblico, secondo quanto segnalano le fonti dello stesso dipartimento. Il decreto contempla anche misure per promuovere la vendita di prodotti sfusi e il consumo di acqua non imbottigliata.
Il divieto sugli involucri nel caso di frutta e verdura, sarà applicato a lotti che pesano meno di un chilo e mezzo. È un divieto simile a quello previsto dalla legge anti spreco francese, che entrerà in vigore nel 2022. L’esecutivo spagnolo vuole “combattere nella maniera più efficace l’utilizzo esagerato di imballaggi in plastica” specifica una portavoce del ministero. Le stesse fonti, per legittimare questo divieto, comunicano che l’inquinamento causato dalla plastica “ha già superato tutti i limiti”. Dentro e fuori dalla Spagna diverse ONG ambientaliste, come Greenpeace, lanciano da anni campagne dal motto “spoglia la frutta” per spingere i piccoli negozi e la grande distribuzione a non imballare i prodotti freschi.
Il dipartimento della vicepresidentessa Teresa Ribeira sta terminando la bozza del testo, ma si è già riunito con le associazioni imprenditoriali e ambientaliste più importanti per comunicare alcune delle principali linee di azione del decreto, che dovrà servire anche per applicare varie norme europee e incorporarle così nell’ordinamento giuridico spagnolo. Secondo le informazioni trasmesse, rimarranno fuori dal divieto di imballaggi in plastica di alimenti che rischiano di deteriorarsi se venduti sfusi. La lista dei prodotti sarà fissata dall’Agenzia Spagnola per la sicurezza Alimentare e Nutrizionale.
Julio Barea, di Greenpeace, è d’accordo con il divieto sulla frutta plastificata, nonostante ponga l’accento sull’importanza di analizzare come questo provvedimento verrà alla fine applicato. Rispetto al resto del decreto, l’attivista crede che l’esecutivo non si stia muovendo sufficientemente in fretta per “tagliare radicalmente il flusso di inquinamento dovuto alla plastica”. “Beviamo plastica, mangiamo plastica e respiriamo plastica” segnala Barea riferendosi agli effetti di una continua contaminazione che definisce da “pandemia”. Il decreto comprende anche l’obbligo per le amministrazioni di “promuovere installazioni di fonti di acqua potabile negli spazi pubblici”. Secondo le informazioni fornite ai gruppi ecologisti, lo scopo è quello di “introdurre alternative alla vendita di bibite imbottigliate” e alla “distribuzione di contenitori monouso”, anche durante eventi pubblici, sempre a partire dal 2023.
Per i piccoli negozi, il governo prevede misure che promuovono la vendita al dettaglio di prodotti freschi senza imballaggi. Questi negozi, per esempio, dovranno permettere ai clienti di portare i loro contenitori riutilizzabili per riempirli, anche se saranno gli stessi negozi a stabilire delle condizioni di pulizia e idoneità.
Contenitori riutilizzabili
Tra gli obiettivi generali del decreto, si stabilisce di arrivare a una riduzione del 50% della vendita di bibite in bottiglie di plastica nel 2030, sempre secondo le informazioni che il governo ha fornito ai principali esponenti del settore. Si sottolinea che, per la fine di questa decade, si vuole anche ottenere che il 100% dei contenitori messi in commercio siano riciclabili. Inoltre, nella documentazione fornita dal ministero alle ONG, sono presenti obiettivi che riguardano la promozione di imballaggi riutilizzabili – per esempio, bottiglie di plastica più dura o di vetro, che possano essere riutilizzati in varie occasioni. Nel caso di hotel, ristoranti e bar, si prospetta che il 50% dei contenitori venduti nel 2025 sarà riutilizzabile e per il 2030 si dovrà arrivare al 60%. Nel caso della birra, l’obiettivo è fissato al 80% per il 2025 e al 90% per il 2030. Per le bibite, le mete sono rispettivamente del 70% e del 80%. Nel caso della vendita per il consumo privato, gli obiettivi sono molto meno ambiziosi: un 10% degli imballaggi di bibite in generale per il 2025 e un 20% per il 2030.
Una delle grandi battaglie, tanto di questo decreto come della legge sui rifiuti che il Congresso dei Deputati sta mettendo a punto, è la messa in moto di un sistema di deposito, restituzione e ritorno in commercio delle bottiglie, meccanismo già esistente in alcuni paesi dell’Unione Europea. Tuttavia, la sua instaurazione in Spagna è motivo di disputa tra alcune organizzazioni ambientaliste, sostenitrici di questo modello, e Ecoembes – l’impresa che si occupa della gestione della maggior parte degli imballaggi domestici – che fa resistenza al progetto.
Carlos Arribas, responsabile dell’Area rifiuti di Ecologistas en Acción, spiega che il Ministero continua a lasciare aperta la possibilità di sollecitare l’instaurazione di questo sistema (che implica che il consumatore debba lasciare un centesimo di deposito per ogni contenitore, centesimo che gli viene restituito quando restituisce la bottiglia vuota).
Il testo del progetto legge che l’esecutivo ha trasmesso a maggio scorso al Congresso dei Deputati era abbastanza ambiguo e parlava semplicemente della possibilità di mettere in modo il sistema.
Il PSOE (Partido Socialista Obrero Español) e Unidas Podemos hanno trovato l’accordo in Parlamento, la settimana scorsa, su un emendamento che serva da guida per sapere ciò che il governo di coalizione intende realmente fare. Questo sistema di deposito e restituzione si instaurerà solo nel caso in cui non si portino a compimento gli obiettivi di raccolta separata delle bottiglie in plastica. Nel 2023, almeno il 70% del peso degli imballaggi introdotti nel mercato dovrà essere raccolto per essere riciclato; nel 2027 si dovrà arrivare al 85%. Se queste mete non verranno raggiunte, si instaurerà il sistema di deposito e restituzione, seguendo l’emendamento dei Socialisti e di Unidas Podemos. Il problema è che gli ambientalisti affermano che il sistema attuale, con il quale si calcola la percentuale di imballaggi recuperati, non è affidabile. “Si aspetta che la Commissione Europea unifichi il modo in cui si calcola questo dato” ha spiegato Arribas.
[Traduzione di Maria Antonietta Abate]
Fonte: El País, 21 settembre 2021.