giovedì, Aprile 25, 2024
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Il fenomeno dei Querdenker: la sfida delle Nuove destre tedesche

di Fernando D’Aniello

 

Il federalismo e la pandemia

In Germania la gestione della pandemia da SARS-Cov2 ha visto sino ad oggi il successo del sistema federale, vale a dire alla cooperazione tra Bund e Länder: le riunioni tra la Cancelliera Merkel e i Presidenti dei governi territoriali producono delle intese per la gestione comune dell’emergenza che vanno poi tradotte in norme dal Bundestag o dai Parlamenti territoriali (Landtage).

Nel corso delle ultime settimane sono stati realizzati gli incontri per la gestione della cosiddetta seconda fase. Il 28 ottobre 2020 sono state definite le prime misure, limitate al mese di novembre; queste misure sono state confermate nel corso di una nuova riunione il 16 novembre ed estese al mese di dicembre in quella del 25 novembre. La breve limitazione temporale è necessaria proprio per la proporzionalità delle misure, che devono costantemente essere aggiornate in ragione dello sviluppo della pandemia.

Si tratta di misure estremamente blande, se confrontate con quelle di altri paesi dell’Unione europea, non a caso, rispetto alla scorsa primavera, si parla di un lockdown ‘light’ (meno che mai si tratta di misure simili al coprifuoco, Ausgangssperre, espressione evitata anche nelle ricostruzioni giornalistiche). I cittadini sono invitati a restare il più possibile a casa, a evitare contatti, sono ammessi incontri fino a un massimo di cinque persone (costituenti al massimo due nuclei familiari, esclusi bambini al di sotto dei quattordici anni). I settori più colpiti sono la ristorazione e la gastronomia, costretti a chiudere o a limitarsi alla preparazione di piatti di asporto, e parte della logistica (soprattutto quella fieristica). Queste misure dovrebbero servire a limitare, entro una cifra ragionevole, i contatti (in particolar modo in ambienti chiusi), lasciando aperte le scuole e gli asili e limitando l’impatto sul resto dell’economia. L’esame dell’incidenza condotta un mese dopo la loro introduzione dimostra come sia stato possibile frenare lo sviluppo della pandemia, tuttavia i numeri del contagio sono ancora troppo elevati, ecco perché si è resa necessaria l’estensione delle misure anche al mese di dicembre.

Pur nella tenuta del sistema federale, vanno segnalate le voci critiche di quanti lamentano un inaccettabile “governo tramite la paura”, un paura “razionale prodotta dagli scienziati che i politici utilizzano per la legittimazione della loro politica” e come l’attuale uso della scienza e dei dati possa condurre ad un’assolutizzazione dell’uso della verità scientifica, incompatibile con la democrazi rappresentativa liberale. Da più parti, poi, si segnala la necessità di un maggiore coinvolgimento del Bundestag, preoccupazioni riconfermate e in parte aumentate dall’approvazione delle modifiche al Infektionsschutzgesetz (18 novembre 2020), la legge che disciplina il contrasto alle malattie infettive.


 
I Querdenker

Oltre queste legittime preoccupazioni, però, va segnalata anche la presenza di altri contestatori alla gestione dell’emergenza. Nonostante la buona gestione della pandemia (o forse proprio per questa ragione), da mesi, cresce in Germania un movimento a cui prendono parte i soggetti più diversi ma che si va sempre più caratterizzando per una massiccia presenza dell’estrema destra. Già lo scorso agosto, destarono l’indignazione di molti per aver tentato di entrare nel palazzo del Reichstag, sede del Bundestag, rimasto incredibilmente privo di protezione (appena tre agenti fronteggiarono i manifestanti, in quel frangente, va detto, più chiassosi che pericolosi).

Dalla scorsa estate, molte città tedesche sono state attraversate da cortei di cosiddetti Querdenker (vale a dire quelli che pensano fuori dagli schemi): a ottobre a Dresda, Berlino e Lipsia a novembre, solo per citarne alcune. In alcuni casi i tribunali hanno accolto i ricorsi dei manifestanti, quando la polizia aveva vietato le manifestazioni, in altri invece i divieti sono stati confermati. Va anche ricordato come proprio i tribunali siano stati in questo frangente un attore di primo piano nel contrasto allo sviluppo della pandemia, intervenendo anche nella limitazione delle misure previste dal Governo federale, verificandone la proporzionalità e bilanciando ulteriormente la tutela della salute con gli altri diritti fondamentali (ad esempio, tra settembre e ottobre a Berlino è stato ammesso il divieto di vendita di alcool a partire dalle 23 ma non l’obbligo per i locali di chiudere).

Tuttavia, la presenza di soggetti legati all’estrema destra aumenta di giorno in giorno, con esplicite minacce ai giornalisti, toni sempre più chiaramente razzisti e antisemiti, rivendicazioni tipiche della destra più radicale (la Repubblica federale sarebbe ancora ‘occupata’ da forze militari straniere, occorrerebbe liberare il paese e riconsegnarle la sua piena sovranità tramite un trattato di pace che metta fine alla Seconda guerra mondiale: slogan classici della parte più reazionaria della politica tedesca sin dalla fondazione della Repubblica federale).

Inutile precisare come la stessa denuncia di una ‘dittatura’ sia del tutto paradossale. Lo ha denunciato persino uno dei dirigenti di primissimo livello della Alternative für Deutschland (AfD), Jörg Meuthen, il quale, nel corso del Congresso straordinario del partito (28-29 novembre 2020), ha contestato l’idea, condivisa invece da alcuni suoi colleghi e strumentalmente riportata nelle interviste come nei dibattiti, di una dittatura: “Se fosse così, noi non potremmo tenere questo congresso”. Meuthen non è certamente un moderato, ed è tra i dirigenti più in vista del partito: la sua reazione si spiega soltanto con la consapevolezza che un appiattimento del partito su posizioni oltranziste ed eccessivamente radicali, vale a dire proprie della destra più estrema, impedirebbe la sua penetrazione nel settore più ‘borghese’ della società tedesca e ad una possibile convergenza con i conservatori per una svolta pienamente conservatrice della politica tedesca, che pare avviata oggi, invece, verso un’alleanza tra conservatori ed ecologisti.


 
Le Nuove destre e la svolta nella critica della gestione della pandemia

Ma come spiegare questo successo dei Querdenker? Preliminarmente va osservato che il fenomeno non è preoccupante in sé, perché, in una società democratica, va riconosciuto il diritto di contestare le decisioni del governo senza che nessuno possa ‘misurare’ il senso o l’attendibilità scientifica di queste proteste.

Per quanto paradossale possa sembrare, una delle ragioni del successo è da addebitarsi all’ottimale gestione della pandemia da parte del governo, che infatti vede nuovamente impennarsi le intenzioni di voto per i Conservatori come pure il gradimento per la Cancelliera. Questo ha permesso alla Germania di affrontare sin qui con grande successo – in particolare grazie ad una minuziosa strategia del TTI, test-trace-and-isolate – la pandemia, per numero di contagi e quindi anche per numero di morti. Ha poi ingenerato in una parte della popolazione l’idea che il virus fosse ‘scomparso’ o tutto sommato nient’affatto pericoloso.

Soprattutto, ha anche impedito di formulare critiche all’operato del governo da parte dei gruppi più conservatori e più estremisti che, nella fase iniziale della pandemia, reclamavano misure ben più draconiane: chiusura dei confini (quasi un classico, per questi gruppi), superamento del federalismo e centralizzazione, maggiore radicalità nell’imporre le misure alla popolazione. Uno Stato (nazionale) ancor più forte. Angela Merkel, però, ha scelto esattamente la strada opposta e a quel punto gran parte di quel mondo è stata obbligata a una svolta netta e ha deciso così di cavalcare e politicizzare gli slogan negazionisti (il virus un’invenzione, la pandemia un grande complotto internazionale) radicalizzandoli (quella della Cancelliera sarebbe una ‘dittatura’).

Che l’estrema destra fosse ormai un problema per la quotidianità della politica tedesca, è noto perlomeno dai fatti di Chemnitz dell’agosto del 2018: in quell’occasione le manifestazioni degli estremisti e dei Rechtspopulisten furono tanto partecipate e volutamente provocatorie da non poter non far pensare ad una prova di forza. Per la prima volta, cioè, questa complessa galassia (le “Nuove destre”) si mostrava per quello che è: apertamente xenofoba, razzista, violenta. Ma soprattutto sicura di sé.

Tuttavia, la pandemia ha imposto a questa galassia di rivedere la propria agenda, di non limitarsi alla questione degli ‘stranieri’ e di radicalizzare lo scontro con il governo proprio sulla questione del virus. In questo modo, non c’è alcuna mediazione possibile (non si tratta di formulare emendamenti in parlamento o di rafforzare il ruolo dei corpi politici e di quelli sociali di fronte al Governo federale o ai Governi territoriali) perché lo scontro con una ‘dittatura’ è per sua natura totale.

Da più parti è stato anche sottolineato a ragione il tentativo di disarticolare la tenuta sociale del paese: la tutela particolare per determinati soggetti a rischio viene vista come impropria e irragionevole, l’uso della maschera, un atto di autotutela e solidarietà, considerato invece un’indebita ingerenza nella sfera privata, persino quando essa è obbligatoria solo sui mezzi pubblici o negli esercizi commerciali.

Una radicalizzazione che si fa poi necessariamente antisemita: sebbene negli ultimi anni questi gruppi abbiano conquistato successo con iniziative contro gli immigrati, l’ebreo nelle analisi della Nuove destre resta a incarnare il nemico interno, quello più pericoloso, perché non più distinguibile dal resto della popolazione.

Non potendo più puntare, quindi, sulla richiesta di provvedimenti draconiani, le Nuove destre hanno capito che potevano utilizzare lo slogan della dittatura per far presa su una crescente parte di popolazione sempre più scettica verso le misure del Governo. In questo modo, pur restando formalmente dei ‘semplici’ Querdenker, le Nuove destre sono riuscite a infiltrarsi e a radicalizzare gran parte di questo movimento (che è socialmente e culturalmente trasversale).

La radicalità di questi gruppi pone ora, come già detto, un problema persino alla rappresentanza politica del populismo di destra, vale a dire AfD, perché la mette di fronte alla scelta di continuare a cavalcare la protesta, radicalizzandosi sempre di più, ma finendo così per auto-isolarsi, oppure lavorare ad un cambio di maggioranza politica nel paese.


 
No all’irrigidimento. Sì alla solidarietà

Come già ribadito, ad avviso di scrive non è in discussione la legittimità della contrarietà alle politiche del governo (critiche che, in alcuni casi, sono fondate). Inoltre, se è comprensibile un certo sbigottimento da parte di operatori sanitari o di altri lavoratori, costretti in questi mesi a uno sforzo eccezionale, non è certamente auspicabile un confronto ‘muscolare’ da parte della politica: l’ipotesi di escludere dalle cure chi contesta le misure di contenimento (anche solo in termini provocatori), oltre che insensata e irrealizzabile, costituisce un approccio senz’altro sbagliato e controproducente.

Come pure la richiesta di un obbligo vaccinale, ipotesi ad oggi decisamente contrastata (per fortuna) dalle autorità tedesche incaricate di elaborare dei criteri per la somministrazione del vaccino (meglio: dei futuri vaccini).

La minaccia dei Querdenker non va colta sul piano del contrasto della pandemia, dal momento che la società può tollerare un numero limitato di contestatori. Quanto piuttosto sulla sua critica radicale della solidarietà, dello stare insieme e della tenuta sociale del paese. Insomma, sulla sua sfida ai presupposti stessi del nostro vivere civile. Per farlo, però è necessario evitare che la parola d’ordine di ‘lotta alla dittatura’ si estenda soprattutto a quanti sono stati letteralmente travolti dalla pandemia, i quali hanno bisogno di un’alternativa politica concreta.

 

Fernando D’Aniello è dottore di ricerca in “Giustizia costituzionale e diritti fondamentali” all’Università di Pisa. Vive e lavora a Berlino. Email: fernando.daniello@gmail.com