giovedì, Novembre 21, 2024
AmbienteEconomia

COP28: un passo avanti rispetto alla precedenti conferenze sul clima?

di Guglielmo Accardo

Dal 30 novembre al 13 dicembre 2023 si è tenuta la ventottesima edizione della Conferenza delle Parti, conosciuta come COP28, quest’anno ospitata a Dubai negli Emirati Arabi Uniti, che ne hanno assunto la presidenza. Questo evento annuale, fondamentale nel panorama della diplomazia ambientale globale, riunisce i 198 paesi firmatari della Convenzione Quadro delle Nazioni Unite sui Cambiamenti Climatici (UNFCCC). La prima di queste conferenze si tenne in Germania, a Berlino, nel marzo 1995, inaugurando la stagione di un’impegno internazionale importante ma altalenante nella lotta contro il cambiamento climatico.

La COP1 si concentrò sull’analisi dei progressi realizzati dai paesi industrializzati per onorare i loro primi impegni, con un focus particolare sulla stabilizzazione delle emissioni di gas serra ai livelli del 1990 entro l’anno 2000. La COP28 di Dubai, invece, si distingue per i suoi tre temi chiave, alcuni dei quali sono stati un filo conduttore nelle precedenti 27 edizioni.

Il primo tema affrontato dalla COP28 ha riguardato la “responsabilità differenziata”. Questo concetto riconosce che, sebbene i paesi meno sviluppati abbiano contribuito in misura inferiore alla crisi climatica, essi ne risentiranno in modo più acuto. Di conseguenza, la COP28 ha posto l’enfasi sul sostegno a questi paesi nell’affrontare gli effetti negativi del riscaldamento globale. In risposta, l’Unione Europea e i suoi Stati membri hanno annunciato un contributo di 220 milioni di euro a un fondo per risarcire le perdite e i danni, mirando così a sostenere i paesi più vulnerabili.

Allo stesso tempo, il meccanismo per il risarcimento delle perdite e dei danni, noto come “Loss and Damage”, introdotto durante la COP21 di Parigi e formalmente riconosciuto alla COP27 in Egitto, non dispone ancora di una dotazione finanziaria adeguata. Inoltre, un incontro a Aswan, in Egitto, precedente alla COP28, non ha portato a una decisione definitiva sulla gestione del fondo: i paesi sviluppati propendono per un controllo da parte della Banca Mondiale, mentre le nazioni emergenti auspicano un meccanismo indipendente.

La seconda questione affrontata durante la COP28 è stata la riduzione delle emissioni di gas serra. In conformità con l’Accordo di Parigi, la COP28 ha discusso l’avvio della prima sessione di valutazione globale (Global Stocktake). Questo processo prevede un’analisi approfondita dell’efficacia collettiva dei Contributi Determinati a Livello Nazionale (Nationally Determined Contributions – NDC) di ogni paese. Gli NDC sono piani nazionali in cui ogni Stato delinea le proprie strategie e obiettivi per affrontare il cambiamento climatico, inclusi i target di riduzione delle emissioni di gas serra e le relative politiche attuative. La sessione di valutazione globale servirà a verificare se gli impegni attuali degli Stati siano allineati e adeguati per conseguire gli obiettivi fissati nell’Accordo di Parigi.

Bisogna tuttavia considerare come, secondo un report ufficiale delle Nazioni Unite pubblicato il 14 novembre 2023, aggregando tutti gli NDC – e ipotizzando che gli obiettivi in essi contenuti siano pienamente raggiunti – le emissioni mondiali di gas serra si ridurrebbero, nella migliore delle ipotesi, di meno del 10%, scendendo da 53 a 48 miliardi di tonnellate l’anno. Questo risultato è significativamente inferiore a quanto necessario per raggiungere l’obiettivo dell’Accordo di Parigi di limitare l’aumento della temperatura globale tra 1,5 e 2°C, che richiederebbe una riduzione delle emissioni tra il 30% e il 43%.

Il terzo e ultimo tema, strettamente collegato al precedente, ha riguardato la necessità urgente di sviluppare una roadmap dettagliata per ridurre drasticamente l’uso di fonti energetiche fossili come carbone, petrolio e gas. Questa roadmap dovrebbe includere piani specifici, scadenze realistiche e strategie per la transizione verso fonti di energia rinnovabile e sostenibile. Tale piano rappresenta anche un passo fondamentale verso il raggiungimento degli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile (SDGs) a livello globale, assicurando una transizione energetica equa e inclusiva.

Tuttavia, un altro report pubblicato recentemente dal Programma delle Nazioni Unite per l’ambiente (UNEP) ha rivelato una verità scomoda: nonostante molti paesi abbiano fissato obiettivi di azzeramento delle proprie emissioni di gas serra, i 20 principali paesi produttori di combustibili fossili hanno programmi di sviluppo per la produzione di carbone, petrolio e gas incompatibili con l’Accordo di Parigi. Questi programmi porterebbero, entro il 2030, a una produzione annuale di combustibili fossili doppia rispetto a quella sostenibile. Tra questi paesi figurano gli stessi Emirati Arabi Uniti (settimo produttore mondiale di petrolio e tra i principali esportatori), che prevedono un notevole aumento della loro produzione nel prossimo decennio. Allo stesso modo, altri paesi del Golfo, con l’Arabia Saudita in prima linea, progettano di espandere la propria capacità di estrazione e raffinazione di petrolio. In questo modo, secondo le proiezioni dell’Agenzia Internazionale dell’Energia, la quota di produzione di petrolio e gas del Medio Oriente aumenterà dall’attuale 25% al 40% nel 2050.

Nella notte del 13 dicembre, un giorno dopo la conclusione ufficiale della conferenza, dopo il rifiuto della prima bozza, è stata raggiunta una risoluzione tra le parti per l’approvazione del testo del documento finale. La soluzione adottata introduce nel testo una nuova formulazione, “transitioning away”, in alternativa alle espressioni più vincolanti “phase out” e “phase down”, in riferimento alla produzione e all’uso di combustibili fossili. Questo nuovo approccio prevede una transizione graduale da tali combustibili verso fonti di energia sostenibili, con l’obiettivo di raggiungere emissioni nette zero entro il 2050. Secondo alcuni analisti, questa espressione rappresenta un compromesso tra l’eliminazione completa e la riduzione graduale dei combustibili fossili, evidenziando sia l’intenzione di allontanarsi dalle attuali modalità di produzione energetica, sia l’urgenza di completare la transizione.

All’interno del punto 28 del testo finale, le azioni proposte per raggiungere “riduzioni profonde, rapide e durature delle emissioni di gas serra, in linea con l’obiettivo di 1,5 gradi”, prevedono di triplicare la capacità globale di energia rinnovabile e raddoppiare la media del tasso annuo di efficienza energetica entro il 2030. Viene, inoltre, enfatizzata la necessità di accelerare la riduzione graduale dell’uso del carbone senza tecnologie di cattura e stoccaggio del carbonio. Il documento sollecita altresì un’immediata accelerazione verso sistemi energetici a zero emissioni nette e l’utilizzo di combustibili a zero o basso contenuto di carbonio, idealmente entro la metà di questo secolo.

Il documento finale della COP28 ribadisce, come nelle bozze precedenti, l’importanza di “accelerare lo sviluppo di tecnologie a zero e basse emissioni”. Questo include l’utilizzo di energie rinnovabili, il nucleare, e tecnologie per la riduzione e rimozione delle emissioni di carbonio, come la cattura, lo stoccaggio e l’utilizzo del carbonio, specialmente nei settori difficili da decarbonizzare, e la produzione di idrogeno a basse emissioni.

Inoltre, il testo finale propone di ridurre significativamente le emissioni globali di metano entro il 2030, oltre a quelle derivanti dal trasporto stradale. Quest’ultimo obiettivo, secondo il testo, sarà perseguito attraverso lo sviluppo di infrastrutture e la rapida diffusione di veicoli a zero e a basse emissioni.

Infine, l’articolo 28 del documento chiede di eliminare, nel più breve tempo possibile, i sussidi “inefficienti” ai combustibili fossili ovvero quelli che non contribuiscono alla lotta contro la povertà energetica o a una transizione energetica equa.

In virtù di tali accordi, secondo alcuni analisti, i risultati conseguiti alla COP28 segnano un progresso rispetto alla COP26 di Glasgow di due anni fa. Allora, la comunità internazionale aveva espresso solo l’intenzione di ridurre gradualmente l’uso del carbone, tra i combustibili fossili. Tuttavia, da un punto di vista critico, alcuni analisti sostengono che i fallimenti ripetuti delle precedenti Conferenze delle Parti, inclusa la COP27 in Egitto, e le difficoltà nel raggiungere un accordo che hanno portato al ritardo di un giorno nella conclusione della COP28, riflettono l’inconsistenza dell’impegno internazionale nella lotta contro il cambiamento climatico.

Guglielmo Accardo è laureato in “Sociologia e ricerca sociale” all’Università di Pisa e collabora con Scienza&Pace Magazine.