giovedì, Novembre 21, 2024
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Le carceri italiane tra suicidi e sovraffollamento: l’ultimo rapporto Antigone

a cura di Elisa Veltre

La scorsa primavera l’associazione Antigone ha pubblicato il suo XX rapporto sulle condizioni di detenzione in Italia. Il titolo di quest’anno, Nodo alla gola, non lascia spazio a libere interpretazioni: il rapporto lancia un grido d’allarme sulla realtà sempre più critica delle carceri, caratterizzate da sovraffollamento, isolamento e un crescente numero di suicidi. “Ci sarebbe piaciuto titolarlo diversamente”, scrivono gli autori e le autrici nell’editoriale del rapporto, “utilizzando parole come innovazione, speranza e dignità. Tuttavia, di fronte alla gravità della situazione, l’espressione scelta simboleggia l’urgenza e la sofferenza che emergono dalle celle italiane”. 

Fondata alla fine degli anni Ottanta, Antigone è da sempre impegnata nella tutela dei diritti fondamentali nel sistema penale e nella denuncia dei problemi strutturali che affliggono il sistema carcerario italiano, organizzando dibattiti, promuovendo campagne di sensibilizzazione e raccogliendo dati e informazioni attraverso il suo Osservatorio nazionale.

Sovraffollamento in aumento 

La prima grave problematica che emerge dal rapporto è quella del sovraffollamento. Al 31 marzo 2024 erano presenti nelle case circondariali 61.049 detenuti e detenute: ben oltre la capienza regolamentare di 51.178 posti, con un esubero di circa 14.000 persone. Questo dato è reso ancor più allarmante dalla tendenza al costante aumento della popolazione carceraria: 331 nuovi detenuti ogni mese. Se tale crescita dovesse mantenere il ritmo attuale, entro la fine del 2024 si supererà la soglia di 65.000 presenze, aggravando ulteriormente le già precarie condizioni di vita nei penitenziari.

Le cause del sovraffollamento sono molteplici. Ad un aumento della lunghezza delle pene è corrisposta una diminuzione delle concessioni di misure alternative alla detenzione, con i magistrati di sorveglianza che le applicano con sempre maggiore parsimonia. Inoltre, l’introduzione di nuove norme penali ha ampliato sensibilmente il numero di reati punibili con il carcere. Tra queste si ricordano il cosiddetto “decreto rave” e il decreto Caivano, introdotti dall’attuale governo, che hanno contribuito all’incremento del numero di ingressi.

Il paradosso del calo dei reati 

Un dato che sorprende e genera preoccupazione è che l’aumento della popolazione carceraria non è correlato a un incremento dei reati. Tra gennaio e luglio 2023, infatti, i reati sono diminuiti del 5,5% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Ciò sottolinea come il sovraffollamento sia la conseguenza di politiche penali più severe piuttosto che di un aumento della criminalità. In particolare, l’inasprimento delle pene per violazioni minori legate alla legge sugli stupefacenti ha portato in carcere circa 20.000 persone, rendendo evidente il peso sproporzionato della repressione su reati di lieve entità. 

Il dramma dei suicidi 

La conseguenza più tragica di questa situazione è rappresentata dal tasso di suicidi in carcere, un fenomeno che il rapporto descrive come allarmante. Il più alto numero in un anno è stato registrato nel 2022 con 85 suicidi, seguito dal 2023 con 70 decessi. Nei primi quattro mesi del 2024 si sono già verificati 30 suicidi, una media di uno ogni tre giorni e mezzo. Al 17 settembre, i suicidi registrati sono stati 72. Se questa tendenza non dovesse arrestarsi, si rischia di raggiungere un nuovo picco entro la fine dell’anno.

La relazione tra sovraffollamento e malessere psicologico è diretta. I detenuti trascorrono gran parte della giornata in spazi ristretti senza possibilità di svolgere attività, venendo esposti a possibili gravi ripercussioni per la propria salute mentale. Secondo i dati di Antigone, il 12% dei detenuti soffre di gravi patologie psichiatriche, mentre il 40% assume regolarmente sedativi o ipnotici per far fronte al disagio della detenzione.

Un ulteriore problema è rappresentato dalla mancanza di posti nelle REMS (Residenze per l’Esecuzione delle Misure di Sicurezza), destinate a persone con problemi psichiatrici bisognose di cure. Alla fine di gennaio 2024, 755 persone erano in lista d’attesa per un posto, di cui 45 detenuti che, pur avendone diritto, sono ancora in carcere per mancanza di alternative. 

Carenze strutturali 

Le soluzioni proposte per affrontare il sovraffollamento – come la costruzione di nuove carceri – appaiono irrealizzabili nel breve termine. La costruzione di un nuovo istituto penitenziario con circa 400 posti richiede mediamente 8-10 anni e ha un costo di circa 30 milioni di euro. Per risolvere l’attuale crisi servirebbero 40 nuove carceri, con una spesa complessiva di oltre 1,2 miliardi di euro, senza contare i costi per il personale, stimati in 4 miliardi di euro all’anno. Unico progetto in corso è il carcere di Pordenone e, tuttavia, la data di completamento rimane incerta.

Nel frattempo, le condizioni di vita all’interno degli istituti peggiorano drasticamente. A fine marzo 2024, 39 istituti in Italia registravano un tasso di sovraffollamento superiore al 150%, con punte di oltre il 200% a Brescia Canton Mombello e Lodi. La crisi colpisce anche il sistema delle sezioni a custodia aperta, che permette ai detenuti maggiore libertà di movimento: mentre nel luglio 2023 i detenuti assegnati a queste sezioni erano 12.033, a dicembre 2023 il numero era crollato a 2.283.

Solo il 33% dei detenuti e delle detenute svolge un’attività lavorativa, in gran parte limitata a poche ore settimanali e svolta nell’ambito dell’amministrazione penitenziaria. I corsi formativi e scolastici sono altrettanto limitati. A giugno 2023 solo il 5,8% di detenuti e detenute era iscritto a uno dei 274 corsi attivi, mentre l’istruzione scolastica ha visto una dispersione preoccupante, con meno della metà degli iscritti che ha completato l’anno scolastico.

L’insufficienza di personale nelle carceri

Un altro elemento cruciale della desolante situazione carceraria è la carenza di personale. A febbraio 2024 si contavano 1.021 educatori, con una media di 59,7 detenuti e detenute per ogni educatore: numeri gravemente insufficienti per gestire l’alto numero di reclusi. In alcuni istituti, come Regina Coeli a Roma, un singolo educatore si occupa di 163 detenuti/e.

Anche il corpo di polizia penitenziaria soffre una grave carenza di personale: su 31.068 agenti manca il 16% delle unità previste, con un rapporto di un agente ogni due detenuti/e, ben al di sotto dei livelli di sicurezza raccomandati.

Prospettive future 

L’introduzione di nuove disposizioni come il reato di rivolta penitenziaria – che prevede pene severe anche per proteste non violente – rischia di aggravare significativamente il malessere dei detenuti. Senza la possibilità di esprimere pacificamente il proprio disagio, Antigone teme che l’unica via di protesta rimasta ai detenuti e alle detenute sarà il proprio corpo, con un conseguente aumento di suicidi e atti di autolesionismo. 

Il Rapporto Antigone 2024 dipinge un quadro allarmante di un sistema penitenziario al collasso, in cui l’unico modo per invertire la rotta sembra essere un profondo ripensamento delle politiche penali e una maggiore attenzione ai diritti umani dei detenuti, in linea con la funzione riabilitativa della pena prevista dalla Costituzione.

Elisa Veltre è laureata in “Storia e Civiltà” all’Università di Pisa e collabora attualmente, come volontaria del Servizio Civile Universale, con Scienza & Pace Magazine.