La Spagna alle prese con il Covid-19
di Victoria Pérez de Guzmán Puya
Chi avrebbe detto, qualche mese fa, che il mondo avrebbe brancolato di fronte a una pandemia di coronavirus? La Spagna, come tanti paesi, si trova in una situazione senza precedenti di straordinaria gravità. La notizia dell’esistenza del virus è arrivata attraverso i media nel mese di novembre. Man mano che aumentavano casi in Cina, ci siamo trovati a guardare dalla finestra, ad attendere ciò che sarebbe accaduto, nella speranza che la cosa sarebbe stata sotto controllo e che si sarebbe trattato nient’altro che di un’altra storia lontana da raccontare, giacché il coronavirus non avrebbe raggiunto il nostro paese. Alla fine di gennaio si ha conferma dei primi casi infettati nel paese vicino a noi, l’Italia. In Spagna, dal primo caso rilevato il 19 marzo sull’isola di Hierro nelle Canarie e dai primi positivi locali, il numero di persone colpite è andato aumentando a partire dal 25 febbraio, quando sono stati resi pubblici i primi dati su soggetti risultati positivi a Madrid, Barcellona e Castellón. Il primo decesso risale al 4 marzo.
Il capo della Polizia Nazionale per la Prevenzione dei rischi professionali in Spagna ha raccomandato il 24 gennaio di evitare affollamenti e il 7 marzo l’OMS ha avvertito dei rischi derivanti da grandi assembramenti di persone poiché favorivano la diffusione del virus. Malgrado ciò, in Spagna si sono tenute grandi concentrazioni, come le partite di calcio, i carnevali, la Festa dell’8 marzo1, Mascletà a Valencia2, ecc. Il 13 marzo Tedros Adhanom Ghebreyesus, direttore generale dell’OMS, ha dichiarato che la pandemia era ancora controllabile ma che, nondimeno, le autorità dovevano prendere sul serio il virus. Il 14 marzo il governo spagnolo ha decretato lo stato di allarme (Regio Decreto 463/2020). A quel momento, una parte dei cittadini ha iniziato a chiedersi se non si fosse dovuto agire prima, poiché eventi e fiere nazionali e internazionali come il ‘Mobile World Congress’, che si sarebbe tenuto a Barcellona alla fine di febbraio, erano già stati cancellati.
Nei giorni precedenti il confinamento in casa i supermercati erano vuoti, ma dopo che il governo aveva annunciato il cambio di scenario, in direzione di un “contenimento rafforzato” come strategia per combattere l’epidemia, la gente ha iniziato a comprare prodotti per immagazzinarli nella dispensa in caso di un’eventuale carenza. È stato anche il caso di alcuni prodotti farmaceutici, principalmente maschere e gel disinfettanti. Nella vita quotidiana è diventato allora evidente un improvviso sconcerto, così come la speranza che il provvedimento fosse passeggero. Messaggi di calma furono inviati dal Ministero della Salute e dal Ministero dell’Agricoltura per informare che non ci sarebbe stata alcuna penuria.
Durante il confinamento, informazioni di ogni tipo sono arrivate attraverso i media. Decine di notizie, barzellette, messaggi di incoraggiamento, riflessioni sono entrati nelle case e nella vita di ognuno attraverso diversi social network, l’uso dei quali in questo periodo è aumentato di oltre il 50%. Molte notizie però si sono rivelate fake news e mezze falsità, generando sentimenti contrastanti nei confronti del possibile contagio e seminando paure incontrollate. L’uso massiccio dei social ha dimostrato, nonostante certi abusi e capziosità, che le tecnologie elettroniche avvicinano, che siamo esseri sociali che non possono fare a meno di interagire con gli altri, magari in modo virtuale quando mancano le interazioni faccia a faccia.
Con il passare dei giorni della situazione epidemica, la creatività e la generosità di molte persone diventano più evidenti. Cantanti che eseguono concerti gratuiti, cori che compongono e lanciano brani a distanza, musei che aprono i loro portali virtuali, programmi per insegnare e intrattenere, ecc. cercano di dar coraggio giorno dopo giorno. Partono dimostrazioni di solidarietà, persone che mettono avvisi di aiuto per i più vulnerabili per fare acquisti o gettare l’immondizia, applausi alle otto di ogni pomeriggio a tutte quelle persone che lavorano instancabilmente nel settore primario e nei servizi sanitari. Molte sono le persone che in questo grave momento si mobilitano per dare il meglio di se stesse.
Se guardiamo però alla leadership di governo, le informazioni diffuse non sono chiare e per questo molte sono le persone che chiedono maggiori certezze. In Spagna non sono stati illustrati in modo chiaro i dati epidemiologici e i modelli matematici che descrivono e predicono l’evoluzione dell’epidemia da nuovo coronavirus. Ma mentre i politici si posizionano secondo le loro diverse ideologie, provando a volte – per mancanza di etica – a dimostrare l’indimostrabile, i contagi del virus continuano ad aumentare e, sfortunatamente, anche i decessi. Dal versante giornalistico viene detto che il numero di vittime è maggiore di quanto riportato ufficialmente e che il governo sta semplicemente diffondendo slogan su come comportarsi. Tuttavia, dovremmo riflettere anche sul tipo di informazioni fornite dai media. Offensivo è infatti che i morti siano sempre presentati come un numero, senza l’umanità dovuta né a loro, né al dolore che molte famiglie stanno patendo.
Dato questo scenario, dobbiamo chiederci: in che modo il coronavirus sta influenzando e in che modo influenzerà il nostro paese? Ci sono, e quali sono le prospettive per il futuro?
La situazione che stiamo vivendo è una “cartina di tornasole” del funzionamento delle istituzioni pubbliche in generale e del nostro sistema di sanità pubblica in particolare. In alcuni luoghi, principalmente a Madrid, in Catalogna e nei Paesi Baschi, il personale sanitario è stato sopraffatto. Il numero di pazienti ha superato di gran lunga il numero di letti negli ospedali. Ci sono state continue lamentele contro la mancanza di risorse di base per la cura dei pazienti (maschere, guanti, apparecchi per ossigeno, respiratori, ecc.). Le proteste di disperazione di molti professionisti della sanità sui media, e principalmente sui social network, hanno raggiunto il cuore dei cittadini spagnoli. L’esercito ha aiutato a mettere in piedi ospedali da campo, ma ha dovuto anche improvvisare spazi per ospitare nuovi obitori.
A partire dal 5 aprile, la Spagna è diventata uno dei peggiori focolai di coronavirus, ma le apparecchiature mediche sono arrivate con il contagocce. Un grande sforzo è stato fatto anche dal settore privato per fornire le risorse necessarie, ad esempio il gruppo Inditex dall’inizio della crisi ha fornito 35 milioni di dispositivi di protezione individuale. Questa situazione suggerisce quanto siano importanti gli investimenti nel sistema sanitario pubblico, l’aumento dell’organico del personal e medico-sanitario e la stabilizzazione dei posti di lavoro.
Dal 16 marzo le scuole sono state chiuse come misura per combattere la diffusione del virus, interessando oltre nove milioni e mezzo di studenti (8.217.000 alunne/i e 1.335.000 studenti/studentesse universitari/e). Ciò ha richiesto un rapido adattamento da parte di famiglie e insegnanti. Il passaggio dall’insegnamento frontale all’insegnamento a distanza ha generato un processo di adattamento di ogni tipo nelle risorse utilizzate (pagine Web, app e altri strumenti virtuali). Ha anche significato una grande sfida per gli insegnanti di fronte a una richiesta di cambiamento improvvisa e inaspettata, a cui rispondere senza perdere di vista gli obiettivi didattici e l’entusiasmo per l’insegnamento. Questa situazione sta generando più disuguaglianze nell’istruzione e contribuisce ad allargare il divario culturale. Le famiglie con bassi livelli socioeconomici e culturali hanno grandi difficoltà a far sì che i ragazzi e le ragazze seguano le lezioni in modo ottimale. Non tutti gli studenti hanno le risorse materiali che consentano loro di accedere a lezioni virtuali, non avendo accesso a Internet o non possedendo le competenze digitali richieste in questo momento. A ciò si aggiungono ambienti familiari spesso inadeguati, o con familiari a carico che non hanno nessuno che si prenda cura di loro. Secondo fonti governative, il 14% degli studenti non si connette con i propri insegnanti da remoto. Inoltre, man mano che passano i giorni iniziano a manifestarsi le ansie tipiche di un contesto di confinamento. Questo ci porta a pensare a quale equilibrio possa esserci tra un insegnamento flessibile, che non cada nella trascuratezza, e il mantenimento della qualità educativa: una sfida aperta per tutte e tutti i docenti.
Negli ultimi giorni sono state rese pubbliche da diversi organismi ufficiali ulteriori informazioni su come prevenire le reazioni causate dalla situazione che stiamo vivendo. In particolare, il 1° aprile, i Centri per la prevenzione e il controllo delle malattie hanno comunicato che lo stress prodotto dall’epidemia di una malattia infettiva potrebbe creare reazioni di forte effetto, quali paura e preoccupazione per la propria salute e la salute dei propri cari, cambiamenti nei ritmi del sonno o nei modelli di alimentazione, difficoltà di concentrazione, peggioramento dei problemi cronici di salute e aumento dell’uso di alcol, tabacco o altre droghe. Un dato rilevante è l’aumento del consumo di ansiolitici. A dimostrazione dell’importanza del prendersi cura, in questa fase ancora di più, della salute mentale e fisica.
Il Terzo settore sta facendo un ottimo lavoro in questo momento, coprendo una moltitudine di bisogni della popolazione. In Spagna quasi 30.000 associazioni ne fanno parte e servono oltre sette milioni di persone ogni anno, per contrastare la povertà e l’esclusione sociale. In questo momento di crisi, il loro lavoro è estremamente rilevante nel mitigare gli effetti che stanno colpendo quella parte più vulnerabile della popolazione. Le persone che erano in corso di riabilitazione dall’uso di droghe, ad esempio, vengono trattate attraverso videochiamate dai centri di trattamento. La Fondazione per l’aiuto contro la tossicodipendenza (FAD) riferisce che la maggior parte delle richiese riflettono l’angoscia di non essere in grado di uscirne e sottolinea che sono aumentate le chiamate di madri e padri di adolescenti che chiedono assistenza su come gestire la situazione dei loro ragazzi. Anche la violenza maschile è in aumento e riguarda anche il coinvolgendo di minori, sia come vittime che come aggressori. L’esercito e le ONG improvvisano strumenti per prendersi cura dei senzatetto, molti di loro con malattie pregresse. Le 54 banche alimentari che forniscono alle ONG le necessità di base da inviare alle famiglie hanno dovuto sospendere la raccolta di alimenti a medio termine. Ecco perché la Federazione spagnola delle banche alimentari sta raccogliendo fondi per continuare a fornire questo servizio, tanto necessario per la popolazione più in difficoltà.
Come ormai sappiamo bene, un settore particolarmente vulnerabile alle infezioni gravi o fatali da COVID-19, e che infatti ne è stato maggiormente colpito, è quello delle persone di età superiore ai 60 anni. Secondo gli ultimi dati dell’Istituto Nazionale di Statistica, in Spagna quasi il 20% della popolazione ha più di 65 anni e la percentuale di ottuagenari supera il 6% della popolazione. Il contagio del coronavirus nei Centri per anziani, così come il numero di decessi, ha causato alcune chiusure, il che ha evidenziato la necessità sia di risorse economiche che di formazione specifica per il personale sanitario. La mancanza di informazioni su cure fisiche ed emotive sta anche creando situazioni allarmanti in questa fascia demografica, che ora richiede più che mai l’aiuto del governo e di professionisti in campo sociale.
La realtà che si vive in Spagna, così come in altri Paesi, ha messo in luce le nuove potenze, i nuovi attori della geopolitica mondiale. Ci fa pensare, oggi più che mai, all’interdipendenza che in regime di globalizzazione collega città e paesi distinti e distanti. Lo stato da solo non sa come affrontare la situazione e appare superato. Sono in gioco attori chiave, come le multinazionali farmaceutiche e gruppi economico-finanziari internazionali.
È ancora difficile comprendere l’impatto economico che questa situazione porterà a lungo termine al paese. Sebbene gli effetti siano già stati notati. La paralisi di gran parte delle attività, la chiusura di molte aziende o la drastica diminuzione dei posti di lavoro in altre, ha portato molte persone a entrare nella disciplina ERTE (Expediente de Regulación Temporal de Empleo, equivalente del nostro Contratto di Solidarietà, NdT) e all’aumento considerevole del numero di disoccupati.
Il presidente della Camera di Commercio spagnola ha sottolineato l’importanza di iniziare a pensare alla ricostruzione economica. Il calo del PIL di oltre il 2,5% sarà difficile da recuperare solo con misure fiscali. Da parte del governo, dei partiti politici e di altri settori è emersa la necessità di attuare un Piano europeo per uscire dalla crisi. Nel corso di questa battaglia molte persone stanno dimostrando il loro valore cercando di dare un senso all’assurdità di uno Stato sociale e di un intero sistema che sembrano andare in pezzi. Le conseguenze e gli strascichi della crisi non si verificheranno solo a livello generale, ossia economico, sociale, culturale o politico, ma anche a livello personale: psicologico-emotivo, relazionale, ecc. Quando cesserà lo stato di allarme, il percorso verso una certa “normalità” non sarà facile e dovrà essere progressivo. Sempre sperando che le libertà, limitate da questo stato di allarme, non rimangano limitate troppo a lungo nel tempo.
(Traduzione di Tiziano Telleschi)
Victoria Pérez de Guzmán Puya è presidentessa della Sociedad Iberoamericana de Pedagogia Social e professoressa di Teoria e storia dell’educazione all’Università “Pablo de Olavide” di Siviglia. E-mail: mvperpuy@upo.es
Note
1 L’OMS ha diffuso una raccomandazione specifica in riferimento alla celebrazione dell’8 marzo.
2 Mascletà è uno spettacolo di grande attrattiva che si celebra a Valencia con lo scoppio di potenti petardi sonori spesso sparati anche da cannoni. Rumori, fumo e colori riuniscono migliaia di persone dal 1 al 19 Marzo di ogni anno (NdT).