La difesa dell’ordine costituzionale: libertà, sicurezza e…cura
di Ana Marrades-Puig
In Spagna, la difesa dell’ordine costituzionale è affidata a meccanismi che la stessa Costituzione prevede. Quelli ordinari si applicano nei periodi di “normalità” e sono tesi a monitorare l’azione delle autorità pubbliche, mentre a quelli straordinari si ricorre in circostanze di “anomalia costituzionale”, e possono prevedere la limitazione di alcuni diritti, come nel caso in cui siano dichiarati lo “stato di allarme, di eccezione e di assedio” previsti dall’articolo 116 di detta Costituzione.
Nelle ultime settimane, ci troviamo a vivere un confinamento che rientra tra le misure decretate dal governo a seguito della dichiarazione dello “stato di allarme” legato alla crisi sanitaria del Covid-19.
Tuttavia, se analizziamo a fondo gli effetti che tali misure comportano, come la sospensione della libertà di circolazione e di diritti personalissimi legati alla propria morte o a quella degli stretti congiunti, secondo alcuni costituzionalisti, tra i quali Remedio Sànchez Ferriz1, sembra piuttosto ricorrere l’ipotesi dello “stato di eccezione”.
Infatti, ad essere minacciato sembrerebbe anche il funzionamento di istituzioni essenziali per il mantenimento del regime democratico. A questo proposito, l’ex giudice della Corte costituzionale, Manuel Aragon2, ha recentemente dichiarato che il controllo sul potere esecutivo – assolutamente indispensabile in una democrazia parlamentare – se può certamente adattarsi alle finalità di protezione e sicurezza che la situazione eccezionale richiede, “non può però in alcun modo essere interrotto o soppresso”. Anche altri esperti costituzionalisti, tra i quali Vicente Garrido Mayol3, ritengono che, sebbene la limitazione dei diritti che stiamo attraversando sia giustificata dall’attuale stato di allarme, altrettanto giustificato non sarebbe l’obbligo di un confinamento al di fuori del domicilio, e fa notare come, di fatto, anche i diritti di assemblea e di manifestazione siano sospesi. A queste limitazioni di diritti è necessario aggiungere quelle che potranno scaturire dall’utilizzo, in fase di prefezionamento, di applicazioni volte alla geolocalizzazione degli utenti4.
In definitiva, dunque, possiamo constatare che la dichiarazione dello stato di allarme ha determinato la lesione di alcuni diritti inerenti la libertà personale, nelle sue varie articolazioni, e le basi stesse della democrazia.
Tuttavia, il sacrificio della libertà appare giustificato dalla tutela del diritto alla salute delle persone e dalla difesa della sicurezza sanitaria, cosa che implica un delicato bilanciamento tra valori in conflitto.
Pochi giorni fa Geraldine Schwarz5 ha affermato che non avrebbe mai immaginato che “ai nostri giorni la gente avrebbe rinunciato alla libertà per la sicurezza”. Nel classico antagonismo tra libertà e sicurezza – in questo caso la sicurezza sanitaria – l’autrice si chiede se la minaccia della sicurezza sanitaria sia sufficiente a far rinunciare alla libertà personale, e se sia proporzionata alle limitazioni che stiamo subendo.
La discussione sui rischi del confinamento è dunque molto accesa, sia con riferimento alla lesione della libertà personale, sia per quanto riguarda la tenuta del regime democratico.
Lo psichiatra Rafael Tabarés6 ha riflettuto su ciò che dovrebbe prevalere in questa emergenza, se la protezione della specie umana o quella della democrazia, e ha risposto che sarebbe certamente la prima a dover prevalere, mostrando in tal modo proprio quanto sia attuale la minaccia che la democrazia può subire.
Personalmente non ho dubbi su ciò che dovrebbe prevalere, ma credo anche che far prevalere la protezione della salute umana e della sicurezza non debba mettere a repentaglio la democrazia. Come fare, allora, a rendere compatibili queste due esigenze?
Per capirlo, è necessario analizzare il concetto di democrazia da cui partiamo nel contesto dello stato di diritto sociale, che incorpora i valori della giustizia e dell’uguaglianza come valori fondamentali insieme a quello della libertà.
Occorre leggere da un’altra prospettiva il significato delle misure che ci sono richieste, fino a divenire consapevoli che la rinuncia alla libertà contribuisce a salvaguardare un bene comune, ovvero la salute pubblica, e a dar vita ad una nuova etica della solidarietà (che dovrebbe ispirare l’ordine costituzionale e rientrare tra quei valori fondanti di esso): si comprende così che le restrizioni in atto non sono altro che misure di protezione delle persone e della loro sicurezza, e, in questa misura, sia pur indirettamente, garanzie – non già minacce – per la democrazia.
Tensione tra libertà e sicurezza: la “cura” come risposta
Anche rinunciando provvisoriamente a una parte della nostra libertà in un periodo di anormalità costituzionale, a beneficio della solidarietà, esercitiamo la democrazia. Realizziamo l’esercizio democratico di non ammalarsi per non far collassare gli ospedali saturi dagli effetti devastanti di una pandemia che, sebbene avrebbe potuto essere anticipata guardando ai precedenti di altri paesi, sarebbe comunque avvenuta, e che deve essere affrontata con tutti i mezzi a nostra disposizione. Svolgiamo un esercizio democratico anche ponendo il valore dell’assistenza, proprio di questa “etica della solidarietà”, tra i valori apicali7.
È imprescindibile orientare gli sforzi per cambiare la nostra scala di valori. Cosa vale di più? Cosa è più importante? Sicuramente la vita delle persone e di coloro che le assistono deve costituire il significato della politica. Per questo abbiamo bisogno di una “epica della cura”, come ha affermato Irene Vallejo8: sappiamo già in cosa consiste l’etica della cura, ora abbiamo bisogno di costruire un’epica della cure che indichi chi sono ora le vere eroine e i veri eroi.
Recentemente Alain Touraine9 ha dichiarato che “stiamo entrando in un nuovo tipo di società, la società dei servizi, ma di servizi tra gli esseri umani. Questa crisi renderà ancora più evidente agli occhi di tutti l’importanza di tutte quelle persone che si occupano di accudire gli altri: non possono continuare ad essere così mal pagati”. Ma è necessario anche prestare attenzione al “genere” di quel collettivo di persone preposte all’accudimento: la maggior parte sono donne, che si occupano regolarmente della cura nelle case e anche negli spazi pubblici. Touraine pone come fondamentale per l’Europa l’abbandono, grazie al ruolo delle donne, della ragione come fulcro della personalità e la valorizzazione degli affetti e della comunicazione, in una società che ponga al centro la cura degli altri. In altre parole, è prioritario sviluppare un nuovo modello di Stato sociale e democratico che dia priorità al concetto e all’attività di cura/accudimento.
Come spiega Katrine Marçal10, se si vuole mantenere il servizio di cura delle persone nella nostra società, occorre destinare ad essa le risorse economiche necessarie. In questo modo, si considereranno quali beni essenziali per l’economia, non solo i beni produttivi, ma anche quelli riproduttivi, solo in questo modo si possono conciliare i diversi valori democratici.
Le donne e l’accudimento ai tempi del Covid-19
Le donne sono in prima linea come sostegno fondamentale alla vita in tutte le regioni del mondo. In Spagna, esse rappresentano più dell’80% degli operatori sanitari (assistenza infermieristica e relative occupazioni); il 70% dei farmacisti; il 90% degli addetti alle pulizie nelle imprese, negli alberghi e nelle famiglie (compreso il servizio dei lavoratori domestici) e circa l’85% dei cassieri dei supermercati. Pertanto, a seguito dell’emergenza sanitaria pubblica, vi è anche un’emergenza economica che colpirà un mercato del lavoro in cui le donne svolgono il 74% dei lavori a tempo parziale, subiscono le condizioni di lavoro più precarie e, dato l’attuale divario retributivo, sono più a rischio di povertà. Inoltre, gran parte del sostegno domiciliare e dell’assistenza professionale fornita entro le mura domestiche ha cessato di funzionare, in quanto non può essere effettuata con sufficienti garanzie sanitarie, soprattutto l’assistenza agli anziani, i più vulnerabili al contagio. La chiusura dei centri di assistenza pubblica fa sì che saranno prevalentemente le donne ad occuparsi di assistere i familiari, durante questo periodo di isolamento.
Anche la relazione delle Nazioni Unite avverte che la pandemia avrà un costo particolarmente elevato per le donne, perché la maggior parte di coloro che lavorano nel campo della salute sono donne: l’aumento del rischio associato al tipo di attività lavorativa svolta si somma alla maggiore precarietà di posti di lavoro e occupazioni a componente prevalentemente femminile, laddove molte delle lavoratrici sono irregolari e dunque impossibilitate ad accedere alle misure di protezione sociale ed economica eventualmente erogate per far fronte alla drammatica contingenza storica che ci troviamo a vivere.
Ecco perché, dalle Nazioni Unite, Anita Bathia invita i governi ad azioni essenziali: in primo luogo, e nella prospettiva di tutte quelle donne che svolgono un servizio di cura a livello professionale, occorre garantire che le esigenze delle donne infermiere e dei medici siano integrate in ogni aspetto delle iniziative di risposta, in modo che esse non attraversino inutili disagi, in un contesto già molto difficile. Soprattutto, è necessario parlare con le cittadine e ascoltare le loro esigenze per poi sviluppare la risposta a tali esigenze: meritano tutto il supporto che si può dare loro in questo momento, ed in particolare meritano sostegno in termini di attrezzature mediche di base.
In secondo luogo, nel campo dell’assistenza domestica occorre prestare attenzione a ciò che accade all’interno dei focolari domestici, e sostenere un’equa ripartizione dell’onere dell’assistenza tra uomini e donne: si tratta di una grande opportunità per sradicare gli stereotipi dai ruoli di genere che si verificano in molte parti del mondo.
In generale, occorre prestare una particolare attenzione a tutte quelle situazioni eccezionali che le donne attraversano in questa delicata fase, ai congedi di lavoro per le donne con minori o non autosufficienti a carico, e alle situazioni di violenza di genere esacerbate dall’emergenza e dal confinamento.
Le Nazioni Unite invitano i governi ad aderire alla campagna HeforShe e a tenersi aggiornati sull’iniziativa HeforShe@home, che chiede la partecipazione di bambini e uomini adulti per assicurarsi che facciano la loro parte nelle faccende domestiche, al fine di alleviare l’onere delle cure, essenziali per la vita, che ricade soprattutto sulle donne.
(Traduzione di Chiara Magneschi)
Ana Marrades-Puig è professoressa di Diritto costituzionale all’Universitat de València. Email: Ana.I.Marrades@uv.es
Note
1 Estado de alarma y defensa de la Constitución, Diario Levante, 5 aprile 2020.
2 Diario El Español, 4 aprile 2020.
3 OK Diario, 7 aprile 2020.
4 Orden SND/297/2020, de 27 de marzo, por la que se encomienda a la Secretaría de Estado de Digitalización e Inteligencia Artificial, del Ministerio de Asuntos Económicos y Transformación Digital, el desarrollo de diversas actuaciones para la gestión de la crisis sanitaria ocasionada por el COVID-1.
5 El País, 6 aprile 2020.
6 ¿Por qué todo está en juego?, Valencia Plaza, 3 aprile 2020.
7 “La solidaridad científica global es lo único que puede detener el coronavirus”. Ana María Henao è responsabile di Solidaridad, uno studio clinico globale che cerca di trovare il trattamento più efficace contro la Covid-19.
8 El País, 15 marzo 2020.
9 El País, 30 marzo 2020.
10 ¿Quién le hacía la cena a Adam Smith?, Penguin, 2016, p. 127.