Chi rifornisce di carburante l’aviazione israeliana? Il rapporto del Centro SOMO
a cura di Elisa Veltre
Il centro di ricerca olandese SOMO, specializzato nell’analisi del comportamento delle multinazionali e nella promozione della giustizia sociale a livello globale, ha pubblicato lo scorso maggio un rapporto dal titolo Fueling the flames in Gaza. Exploring the legal consequences for states and corporations involved in supplying jet fuel to the Israeli military.
Basata su una molteplicità di fonti governative e non, la ricerca ricostruisce il ruolo di imprese e governi di vari paesi nella fornitura di carburante all’aviazione israeliana: l’obiettivo è fare emergere le implicazioni legali di tale coinvolgimento rispetto ai possibili crimini internazionali commessi da Israele nell’operazione militare in corso sulla Striscia di Gaza. Come ricordano gli autori e le autrici, lo scorso gennaio la Corte internazionale di giustizia ha affermato che è plausibile considerare genocidiarie le azioni condotte da Israele contro i palestinesi della Striscia di Gaza e ha emesso misure provvisorie volte a prevenire il verificarsi di un genocidio. Ciononostante, governi e aziende straniere continuano a rifornire l’esercito israeliano dei mezzi per proseguire le operazioni militari.
Tra le varie ricerche pubblicate negli ultimi mesi sui sistemi d’arma utilizzati da Israele a Gaza e sulla loro provenienza, il rapporto di SOMO si segnala per il fatto di indagare l’origine dei carburanti impiegati nell’aviazione israeliana e, su questa base, di richiamare governi e imprese ai loro obblighi di non complicità rispetto alla commissione di crimini di guerra, crimini contro l’umanità e altri gravi illeciti internazionali.
L’esercito israeliano effettua attacchi militari nella Striscia di Gaza dall’aria, dal mare e dalla terra, utilizzando jet da combattimento F15, F16 e F35, droni, elicotteri, carri armati e cannoniere. Il carburante generalmente utilizzato dall’aviazione da guerra israeliana è il JP-8, un equivalente militare dei carburanti in uso nell’aviazione civile, con inibitore di corrosione e additivo antighiaccio.
Figura 1: Tipologie di carburanti usati a scopo militare
Il rapporto afferma che, a oggi, i primi fornitori di provvigioni militari dell’esercito israeliano, incluso il carburante JP-8, siano gli Stati Uniti. Attraverso il sistema del Foreign Military Sales statunitense, Israele acquista il materiale bellico dalle compagnie statunitensi, usando finanziamenti approvati dal governo di Washington.
Figura 2: Export statunitense di carburante per aviazione verso Israele (misurato in migliaia di barili).
A essere coinvolte sono, innanzitutto, le compagnie elencate dal sito governativo USASpending.com. Tra queste spicca, per maggiore quantità di fornitura, la Valero Energy Corporation. I contratti di fornitura tra queste compagnie e il governo israeliano, sottolinea il rapporto, sono garantiti dal Dipartimento della Difesa.
Vengono, inoltre, chiamate in causa le compagnie navali che partecipano attivamente al trasporto del carburante: nel caso statunitense viene citata la Overseas Shipholding Group, parte del Tanker Security Program del governo di Washington. In base ai dati riportati da SOMO, tra la fine di settembre 2023 e l’inizio del marzo 2024 i viaggi effettuati dalla compagnia navale tra la città texana di Corpus Christi, sede di una raffineria Valero, al porto israeliano di Ashkelon sarebbero sei.
Figura 3: Filiera della fornitura di JP-8 dagli Stati Uniti a Israele
Il rapporto affronta anche il ruolo dell’Unione Europea nelle forniture di carburante all’aviazione israeliana, arrivando a conclusioni meno chiare rispetto al caso statunitense. SOMO prende in considerazione il report annuale europeo sull’esportazione di tecnologia ed equipaggiamenti militari, con un focus sulla specifica categoria “ML8”, relativa ai materiali energetici. In questa categoria, però, il JP-8 è esplicitamente escluso. Non è dunque chiaro se le esportazioni europee di JP-8 vengano registrate in un’altra categoria di raccolta dati o se l’UE non esporti affatto questo carburante verso Israele.
L’esercito israeliano si rifornisce di carburante per aerei anche dalle raffinerie nazionali, oltre che tramite importazioni dall’estero. Secondo la Divisione Statistica delle Nazioni Unite, nel 2022 Israele ha prodotto internamente 1,248 milioni di tonnellate di carburante per aerei del tipo cherosene a partire dal petrolio greggio. Quest’ultimo è soprattutto di importazione: i dati dell’Agenzia Internazionale dell’Energia mostrano che, nel 2022, Israele ha prodotto 7.008 terajoule e importato 554.760 terajoule di greggio. Israele dispone di due raffinerie di petrolio, entrambe in grado di produrre carburante per aerei: la raffineria di Haifa Bay, di proprietà della Bazan Limited, e la raffineria di Ashdod, di proprietà della Ashdod Refinery Limited.
Figura 4: Principali paesi esportatori di petrolio greggio verso Israele dal 2020 al 2022 (in percentuale sul totale).
Sulla base di queste analisi, il rapporto avanza le proprie riflessioni di natura legale relative alla responsabilità dei governi e delle imprese che contribuiscono alla fornitura di carburante per l’apparato militare israeliano. Gli elementi chiave di questa riflessione sono due: il grado di coinvolgimento dei governi e delle compagnie, ad esempio con la vendita e il trasporto del carburante verso Israele, nella commissione di violazioni del diritto internazionale umanitario; il grado di consapevolezza dei governi e delle compagnie rispetto ai possibili crimini internazionali commessi dall’esercito israeliano.
Per quanto riguarda il coinvolgimento, SOMO considera l’attore responsabile di aver permesso e/o di aver esacerbato la commissione di crimini internazionali nel momento in cui la sua fornitura di carburante sia fondamentale per l’esecuzione di attacchi più frequenti, intensivi o su una scala più grande. Appurato che la produzione interna israeliana di carburante è insufficiente rispetto agli attacchi su Gaza, la fornitura estera, con particolare riferimento a quella statunitense, è la principale fonte energetica con cui Israele alimenta le sue forze aeree d’attacco. Di conseguenza, le compagnie fornitrici di JP-8 per l’aeronautica israeliana sono co-responsabili dei crimini commessi dal quel corpo militare.
Per quanto riguarda la consapevolezza, SOMO afferma che sulla base delle informazioni disponibili sia ragionevole supporre che le società citate nel rapporto e i loro dirigenti fossero a conoscenza quanto meno delle accuse, mosse da più parti, di crimini internazionali commessi dall’esercito israeliano a Gaza, in particolare alle critiche rivolte all’aviazione militare per gli ingentissimi danni provocati a persone e infrastrutture civili. Anche da questo punto di vista, quindi, le compagnie chiamate in causa sono da considerare come responsabili dei crimini in questione.
In conclusione, SOMO avanza una serie di proposte per ripristinare il rispetto del diritto internazionale umanitario e prevenire la commissione di ulteriori crimini da parte dell’esercito israeliano, in particolare della sua aeronautica. La prima e più efficiente proposta prevede l’embargo sulle forniture di carburante a Israele, assegnando il compito di attuare tale misura agli stati e ai rispettivi governi. Questi, afferma il rapporto, sono chiamati dalla Corte Internazionale di Giustizia alla prevenzione attiva del genocidio che, secondo numerosi analisti ed esperti, è in corso ai danni della popolazione palestinese a Gaza.
Il richiamo al rispetto del diritto internazionale umanitario si estende, inoltre, a tutte le aziende attive nei settori del petrolio, del carburante e dei trasporti, chiamare a interrompere nell’immediato le forniture di materiale energetico alle forze israeliane.
SOMO, in conclusione, incoraggia gli organi competenti delle Nazioni Unite a indagare attivamente sul ruolo dei fornitori di petrolio e di carburante aereo nella commissione di crimini internazionali nella Striscia di Gaza, rivolgendo raccomandazioni ai governi e alle stesse compagnie fornitrici sugli obblighi di prevenzione e sul rischio di complicità rispetto a tali crimini.
Elisa Veltre è laureata in “Storia e Civiltà” all’Università di Pisa e collabora attualmente con Scienza & Pace Magazine.