Cause legali per il clima nel mondo: il rapporto del Grantham Research Institute
a cura di Elisa Bontempo e Alice Piccinno
Il Grantham Research Institute on Climate Change and the Environment, un istituto di ricerca istituito nel 2008 presso la London School of Economics and Political Science, ha da poco pubblicato il report “Global trends in climate change litigation: 2024 snapshot”. Giunto alla sua sesta edizione, il report fornisce un’analisi quantitativa e qualitativa delle cause legali collegate al cambiamento climatico che sono state presentate, a livello mondiale, nel corso del 2023.
Ai fini della ricerca, si definiscono “contenziosi riguardanti il cambiamento climatico”, “cause climatiche” o “cause per il clima” (climate change litigations) tutti i casi presentati presso organi giudiziari che coinvolgono questioni politiche, scientifiche e legali correlate alla crisi del clima e alle responsabilità pubbliche che ne possono derivare.
Le autrici del report, Joana Setzer e Catherine Higham, segnalano circa 230 nuove cause di questo genere nel solo anno passato, sebbene i dati raccolti nel corso degli anni precedenti suggeriscano un potenziale rallentamento nel numero di cause future. Nonostante gli Stati Uniti detengano il record di casi, 1745 totali e 129 nuovi casi nel 2023, questa tipologia di contenzioso legale si sta diffondendo sempre di più nel mondo: a titolo d’esempio, per la prima volta nel 2023 sono state presentate cause climatiche anche in Portogallo e a Panama.
Figura 1 – Numero totale di cause climatiche avviate a oggi a livello globale
Le autrici fanno anche notare come le cause correlate ai cambiamenti climatici stiano aumentando anche nel Sud globale, che raggruppa al momento l’8% del totale dei casi mondiali. Un esempio rilevante è costituito dalla sentenza nel caso M.K. Ranjitsinh e altri contro la Repubblica indiana, in cui la Corte costituzionale indiana ha sancito il diritto a essere tutelati dagli effetti avversi del cambiamento climatico sulla base dell’art. 21 della Costituzione del paese.
Figura 2 – Cause climatiche nel Nord e nel Sud globali e presso corti internazionali e regionali (in percentuale sul totale)
Nel corso degli anni sono stati presentati 146 casi, pari a circa il 5% di tutte le cause climatiche, davanti a tribunali internazionali e regionali, con 9 nuove cause solo nel 2023. Il 45% di questi casi è stato, invece, portato davanti a tribunali per i diritti umani, evidenziando la crescente tendenza all’uso di argomentazioni sui diritti fondamentali nelle cause legate al cambiamento climatico.
Nel corso dell’anno passato, oltre il 70% dei querelanti nei casi relativi a cambiamenti climatici, sia negli Stati Uniti che a livello globale, erano privati individui o organizzazioni non governative. Questo dato mette in rilievo l’impegno della società civile nel contrasto al cambiamento climatico. anche attraverso lo strumento delle cause legali. Negli Stati Uniti, circa il 20% dei casi ha visto la partecipazione di soggetti governativi tra i querelanti.
Nel 2023, il 13% delle cause sono state presentate da aziende e associazioni di categoria. Nella maggior parte dei casi, le azioni legali intentate dalle aziende mirano a contestare le normative riguardanti il contrasto al cambiamento climatico; in alcuni casi, però, questo genere di soggetti sociali sostengono la necessità di politiche climatiche più incisive o cercano di combattere il “climate-washing”, ovvero le pratiche pubblicitarie ingannevoli che strumentalizzano la questione del clima per proporre un’immagine positiva di sé.
Durante il 2023, circa il 70% dei casi ha visto coinvolti attori governativi come imputati, mentre solo il 25% ha riguardato delle aziende. Negli Stati Uniti, i governi sono stati imputati nell’85% dei casi, contro il 15% che ha coinvolto aziende. A livello globale, i governi sono stati imputati in una percentuale minore di casi, quasi il 60%, mentre il 40% ha incluso attori aziendali tra gli imputati.
A partire dal 2015, anno della stipula dell’Accordo di Parigi che ha fissato una serie di obiettivi per la riduzione delle emissioni da parte degli stati, sono state avviate circa 230 cause legate al clima contro aziende e associazioni di categoria, due terzi delle quali emerse dopo il 2020. Questi casi riguardano diversi settori come, ad esempio, combustibili fossili, trasporti aerei, alimentari e bevande, e-commerce e servizi finanziari, chiamati a rispondere di mancanze rispetto agli obiettivi ritenuti necessari per contenere l’aumento della temperatura media mondiale ben al di sotto di 2 °C rispetto ai livelli preindustriali.
Figura 3 – Numero di aziende destinatarie di azioni climatiche per settore (2015-2023)
Nel report vengono identificate differenti tipologie di contenzioso legale legate al cambiamento climatico:
“Quadro normativo governativo”: lo scopo di questi casi è contestare la mancata adozione o l’attuazione deficitaria delle politiche climatiche complessive di un governo. La Corte Europea dei Diritti dell’Uomo ha confermato che l’inazione del governo sul cambiamento climatico viola la Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo nel caso Klima Seniorinnen e altri contro la Svizzera.
“Integrazione delle considerazioni climatiche”: è la tipologia di casi che tenta di far incorporare i fattori climatici nelle decisioni relative a un progetto specifico o a una politica di settore. Nel 2023 sono stati presentati 97 nuovi casi, molti dei quali riguardano lo sviluppo e la concessione di licenze per la produzione di combustibili fossili e la generazione di elettricità da essi. A gennaio 2024, il Tribunale Distrettuale di Oslo ha stabilito, nel caso Greenpeace Nordic e Nature and Youth contro il Ministero dell’Energia, che le emissioni del progetto “Scope 3” devono essere incluse nelle valutazioni d’impatto ambientale per tutelare i diritti umani.
“Chi inquina paga”: questi casi mirano a ottenere risarcimenti monetari dai convenuti in base al contributo da loro fornito al cambiamento climatico e ai danni connessi. Nel settembre 2023, la California è diventata il più grande governo subnazionale a presentare una causa climatica, avviando una azione legale contro cinque compagnie petrolifere, accusandole di “decenni di inganni”.
“Corporate framework”: l’obiettivo di queste cause è disincentivare le aziende a proseguire attività ad alte emissioni, richiedendo modifiche alle politiche di gruppo e alla governance aziendale. Questi casi sono spesso collegati agli obiettivi dell’Accordo di Parigi per limitare il riscaldamento globale a 1,5°C o per raggiungere la neutralità carbonica.
“Mancato adattamento”: sono casi che contestano a un governo o a un’azienda il mancato adattamento ai rischi climatici, con conseguenze per la popolazione o per i consumatori.
“Rischio di transizione”: questi casi riguardano la cattiva gestione della transizione verso livelli di bassa emissione di carbonio da parte di direttori, dirigenti e altri incaricati di garantire il buon andamento di un’azienda.
“Climate-washing”: questi casi contestano le narrazioni inaccurate o fallaci di governi o aziende riguardo al loro effettivo contributo alla transizione ecologica e al contrasto del cambiamento climatico. Le azioni legali si concentrano su affermazioni false riguardanti la neutralità climatica di prodotti e servizi, soprattutto nel settore dei trasporti e in quello finanziario. Un esempio è il verdetto del Tribunale Federale australiano, che ha giudicato ingannevoli le dichiarazioni di Vanguard Investments Australia su un’obbligazione presentata come “etica”, ma che conteneva invece fondi di società connesse all’industria fossile.
“Turning off the taps”: sono casi che contestano il flusso di finanziamenti verso progetti e attività non allineati con l’azione climatica richiesta dagli Accordi di Parigi.
Il report sottolinea come i contenziosi climatici abbiano effetti che vanno ben oltre le aule di tribunale, influenzando le politiche e il dibattito pubblico. I tribunali, oltre a risolvere controversie, promuovono la presa di consapevolezza collettiva sui rischi climatici, richiamando i vari attori alle loro responsabilità. Il contenuto delle decisioni stimola anche riforme legislative sulla responsabilità aziendale: in questa direzione, varie società finanziarie e assicurative stanno rivedendo le loro strategie.
In futuro si prevede un aumento dei casi legali legati ai disastri climatici, con controversie che sorgeranno rispetto agli sforzi di ricostruzione, come dimostrato da una causa a Porto Rico contro la ricostruzione di infrastrutture basate sui combustibili fossili. Il concetto di “ecocidio” sta guadagnando in rilevanza, con nuove leggi in Belgio e proposte a livello europeo che mirano a punire i crimini ambientali, influenzando potenzialmente anche i contenziosi climatici. Si osserva, in effetti, una crescente sinergia tra contenziosi ambientali e climatici: da una parte, le strategie utilizzate nei casi climatici vengono applicate ad altre problematiche ambientali, come l’inquinamento da plastica; dall’altra parte, le cause ambientali basate sui diritti umani stanno influenzando sempre di più le argomentazioni giuridiche nelle cause legate al cambiamento climatico.
Elisa Bontempo studia Scienze per la Pace all’Università di Pisa. Attualmente collabora col Centro Interdisciplinare “Scienze per la Pace”, in particolare, con “Scienza&Pace Magazine”.
Alice Piccinno studia Scienze per la Pace all’Università di Pisa. Attualmente sta svolgendo il suo tirocinio formativo presso il Centro Interdisciplinare Scienze per la Pace, collaborando in particolare a “Scienza&Pace Magazine”.