giovedì, Giugno 5, 2025
ConflittiEconomia

Accordo Stati Uniti-Ucraina sulle risorse minerarie: contenuti e criticità

 

di Saverio Solimani e Federico Oliveri

Il 30 aprile 2025 Stati Uniti e Ucraina hanno firmato un accordo, per vari aspetti storico, in materia di “terre rare” e di altre risorse critiche, nella prospettiva di una futura ricostruzione del paese dopo la guerra con la Russia. Si tratta di un accordo che, se applicato, potrebbe ridisegnare gli equilibri geopolitici ed economici nella regione, e non solo.

Il raggiungimento di un’intesa non era scontata. Inizialmente, la nuova amministrazione statunitense guidata da Trump aveva preteso una quota di 500 miliardi di dollari, in minerali strategici presenti nel sottosuolo ucraino, quale compensazione per gli aiuti militari e finanziari forniti fino a quel momento. L’accordo ora concluso, invece, si presenta decisamente più equilibrato.

 

I contenuti principali dell’accordo

L’intesa, presentata da entrambe le parti come un accordo win-win, prevede l’istituzione di un fondo congiunto per la ricostruzione dell’Ucraina, finanziato inizialmente con 850 milioni di dollari dalla Development Finance Corporation (DFC), la principale agenzia federale per la cooperazione allo sviluppo.

Tale fondo sarà gestito in modo paritario da Kiev e Washington. In particolare, sarà congiunta la supervisione dei progetti di estrazione e lavorazione dei minerali. Aziende statali ucraine come Energoatom (nucleare) e Ukrnafta (idrocarburi) resteranno pubbliche, e l’attività del fondo non dovrà entrare in contrasto con altri impegni internazionali assunti dall’Ucraina, sia con l’Unione Europea che con il Fondo Monetario Internazionale. Ma, soprattutto, il paese resterà titolare delle licenze di estrazione minerari, decidendo formalmente dove e cosa estrarre dal sottosuolo.

In cambio, gli Stati Uniti ottengono diritti di prelazione su progetti estrattivi nel paese e una quota degli utili, ma l’Ucraina conserva la piena proprietà delle risorse naturali e il controllo delle infrastrutture coinvolte. Inoltre, contribuirà al fondo d’investimento congiunto con il 50% dei ricavi della vendita di royalties e licenze di estrazione. Nel caso in cui la guerra con la Russia prosegua, gli Stati Uniti si impegnano a garantire nuove forniture di armamenti, munizioni, tecnologia militare e addestramento.

 

Cosa sono le “terre rare” e perché sono strategiche

Anche se riguarda numerose materie prime, la stampa l’ha definito come l’accordo sulle “terre rare”. Si tratta di un gruppo di diciassette elementi chimici: i quindici lantanidi (lantanio, cerio, praseodimio, neodimio, promezio, samario, europio, gadolinio, terbio, disprosio, olmio, erbio, tulio, itterbio e lutezio) più scandio e ittrio. Scandio e ittrio sono inclusi nella definizione perché presentano proprietà chimiche simili ai lantanidi e si trovano spesso negli stessi depositi minerali.

La denominazione “terre rare” deriva dal fatto che, al momento della loro scoperta tra la fine del XVIII e l’inizio del XIX secolo, questi elementi venivano isolati dai loro ossidi che, all’epoca, erano chiamati “terre”. Inoltre, si pensava fossero poco comuni. Per questo l’espressione “terre rare” è fuorviante. Contrariamente a quanto suggerisce il nome, infatti, la maggior parte di questi elementi non è rara nella crosta terrestre. Alcuni di essi, come il cerio, sono addirittura più abbondanti di metalli comuni come il rame. La loro “rarità” risiede più nella difficoltà di trovarli in concentrazioni economicamente sfruttabili e nella complessità del processo di separazione.

La loro attuale importanza deriva dai loro impieghi. Alcune terre rare (specialmente il neodimio, il disprosio, il praseodimio e l’ittrio) sono essenziali per la produzione di magneti permanenti ad alta potenza (usati in motori per veicoli elettrici, turbine eoliche, droni), di batterie per auto elettriche e dispositivi elettronici, schermi LCD, LED, fibre ottiche e altri componenti high-tech. Senza questi materiali, la cosiddetta “transizione verde” sarebbe molto più difficile. Inoltre questi materiali sono cruciali per l’industria militare e aerospaziale, essendo utilizzati nei sistemi di guida missilistica e nei radar di jet fighter, droni e sottomarini, nonché nelle comunicazioni satellitari.

Per l’approvigionamento di terre rare Stati Uniti, Unione Europea e Giappone dipendono dalle importazioni, in buona parte provenienti dalla Repubblica Popolare Cinese che ne controlla quasi il 60% della produzione globale e quasi 90% della raffinazione.

 

Le risorse strategiche presenti nel sottosuolo ucraino

Già nel 2022 l’Ucraina era stata riconosciuta come un paese chiave per varie risorse minerarie critiche. Il tema era emerso in particolare in una riunione della Commissione economica per l’Europa delle Nazioni Unite a Ginevra, dedicata al ruolo delle materie prime necessarie per la transizione verso tecnologie a basse emissioni di carbonio.

In quella occasione Svetlana Grinchuk, viceministro della Protezione ambientale e delle risorse naturali dell’Ucraina, aveva affermato che circa il 5% di tutte le “materie prime critiche” del mondo si trovano in Ucraina, nonostante questa occupi solo lo 0,4 % della superficie terrestre. Il viceministro ha sottolineato soprattutto che l’Ucraina è particolarmente ricca di litio, le cui riserve nel paese sono stimate in circa 500 mila tonnellate.

Il litio è stato finora considerato cruciale per la “transizione energetica” principalmente per il suo impiego nelle batterie ricaricabili agli ioni di litio che, grazie all’elevata densità energetica e alla lunga durata, sono fondamentali per la realizzazione di veicoli elettrici e per l’accumulo di energia da fonti rinnovabili come il solare e l’eolico, stabilizzando la rete elettrica e rendendo più affidabile l’integrazione delle energie pulite nella rete.

In quella stessa riunione a Ginevra Olga Algaerova, presidente della Commissione economica per l’Europa delle Nazioni Unite, ha sottolineato che il fabbisogno di fonti di energia rinnovabile è notevole e tenderà a crescere: il litio, il nichel, il rame, il cobalto, il manganese, la grafite e vari elementi classificati come “terre rare” sono di particolare importanza per la realizzazione di progetti a basse emissioni di carbonio. Si stima che nei prossimi due decenni la domanda di rame e di terre rare dovrebbe aumentare di oltre il 40%, quella di nichel e cobalto del 60-70% e quella di litio di quasi il 90%.

Secondo l’Agenzia internazionale per l’energia, la produzione di questi minerali dovrà aumentare in modo significativo per soddisfare la domanda prevista entro il 2030. A questo scopo, sarà necessario mettere in funzione altre 50 miniere di litio, 60 miniere di nichel e 17 miniere di cobalto per raggiungere gli obiettivi globali di emissioni nette di carbonio entro il 2030.

 

Criticità di ordine materiale

L’accordo Stati Uniti-Ucraina presenta diverse criticità dal punto di vista materiale. Vari esperti evidenziano che molti depositi ucraini, quantificati in epoca sovietica, non sono ancora economicamente sfruttabili a causa della guerra e della mancanza di dati aggiornati. Erik Jonsson, geologo del Servizio Geologico Svedese, ha osservato che i numeri sulle risorse potenzialmente estraibili sono sovrastimati e non riflettono la realtà estrattiva, almeno nell’immediato. Inoltre, l’assenza di garanzie di sicurezza per gli investitori, unita alla ancora incerta durata del conflitto, rischia di rendere l’accordo più simbolico che concreto. Per altro, una parte significativa delle risorse minerarie ucraine si trova nelle regioni orientali sotto occupazione russa, come i giacimenti di Shevchenkviske e Kruta ricchi di litio.

 

La posta in gioco geopolitica

L’intesa rappresenta un evidente tentativo degli Stati Uniti di ridurre la propria dipendenza dalla Cina in tema di materie prime strategiche. Tuttavia, la presenza statunitense in Ucraina potrebbe aggravare le tensioni con la Russia, anch’essa interessata allo sfruttamento delle risorse minerarie presenti nelle regioni occupate.

Pur stabilendo un quadro più equilibrato per lo sfruttamento delle risorse minerarie ucraine, l’accordo non elimina del tutto le incognite sul futuro ruolo dell’Ucraina come fornitore strategico degli Stati Uniti. Molto dipenderà dall’evoluzione del contesto politico-militare della regione, che incide direttamente sulla sicurezza degli investimenti, e dalla capacità del paese di ripristinare infrastrutture logistiche in grado di riconnetterlo ai mercati globali.

Come accennato prima, oltre alle terre rare essenziali per l’industria aerospaziale e della difesa, l’interesse per le risorse ucraine riguarda anche il litio, la grafite e il manganese, essenziali per la produzione di batterie e per la transizione energetica. Tuttavia, la reale capacità dell’Ucraina di inserirsi in queste catene del valore globale dipenderà, in larga misura, dall’entità e dalla qualità del sostegno offerto dagli Stati Uniti e dai suoi alleati.

 

Ricostruzione e sicurezza dell’Ucraina

Sebbene l’accordo prometta di finanziare la ricostruzione ucraina senza generare debiti, alcuni analisti temono che Kiev possa trovarsi in una posizione negoziale sempre più debole, passando da un conflitto armato con Mosca a una dipendenza economica da Washington.

Inoltre, per garantire una pace duratura nella regione, occorrerà istituire un sistema multilaterale di garanzie che assicurino, in modo credibile, la sicurezza reciproca dell’Ucraina e della Russia. Se quest’ultima insiste sulla neutralità del vicino ucraino, ovvero sulla sua non adesione alla Nato, l’Ucraina aspira legittimamente a garanzie efficaci contro possibili ulteriori riprese del conflitto armato da parte russa.

Agli occhi della nuova amministrazione statunitense, non intenzionata a fungere direttamente da garante militare della sicurezza ucraina, la presenza di interessi strategici nazionali collegati allo sfruttamento delle miniere e alla ricostruzione del paese sembra fungere da dispositivo sostitutivo di deterrenza. Dispositivo della cui efficacia è lecito dubitare.

 

Conclusioni

L’accordo raggiunto tra Stati Uniti e Ucraina ha molti elementi che potrebbero renderlo storico, ma porta con sé anche numerose incognite: il suo successo dipenderà dalla capacità di bilanciare interessi economici, stabilità politica e sicurezza strategica.

Nell’attuale crisi dell’ordine globale le risorse naturali sono sempre più strategiche, sia per la transizione energetica che per lo sviluppo delle tecnologie digitali e dei loro impieghi militari. Il loro controllo è già e sarà sempre di più al centro della competizione tra gli Stati Uniti, che intendono mantenere la propria egemonia unilaterale, e i BRICS che mirano a ridisegnare gli equilibri mondiali in senso multipolare.

In questo contesto, dopo essere diventata un campo di battaglia militare, l’Ucraina rischia di diventare un terreno di scontro anche in senso economico e tecnologico, con buona pace della retorica della “libertà” che tanto ha animato lo schieramento occidentale.