Aumenta il consumo di suolo in Italia: il rapporto 2025

di Matilde Ferrari
L’ultimo rapporto “Consumo di suolo, dinamiche territoriali e servizi ecosistemici”, pubblicato dal Sistema Nazionale a rete per la Protezione dell’Ambiente (SNPA), presenta lo stato dei processi di urbanizzazione e trasformazione del territorio in Italia, permettendo di valutare il degrado del suolo e il suo impatto sul paesaggio e sui benefici forniti dagli ecosistemi alle comunità umane.
Per quanto riguarda il 2024, anno preso in esame, emerge un quadro sempre più sbilanciato. Soltanto 5,2 km² di territorio sono stati restituiti alla natura, mentre 83,7 km² di suolo sono stati coperti da nuove superfici artificiali, con una media di 230mila m² al giorno: si tratta del valore più alto registrato nell’ultimo decennio, in aumento del 15,6% rispetto al 2023. Così, il consumo netto annuo arriva a 78,5 km², il valore più alto degli ultimi dodici anni, con una crescita del suolo consumato a livello nazionale dello 0,37%.
Oggi le infrastrutture, gli edifici e le altre coperture artificiali occupano più di 21.500 km², vale a dire il 7,17% del territorio italiano, mentre la media europea è decisamente più bassa, con il 4,4% di suolo coperto.
I dati raccolti dal SNPA sono utili alle attività di monitoraggio degli ecosistemi urbani previste dal Regolamento europeo sul ripristino della natura e dalla nuova direttiva europea su monitoraggio e resilienza del suolo, in attesa di recepimento in Italia. La direttiva introduce un rinnovato sistema di monitoraggio europeo che prende spunto da quello italiano e promuove la mitigazione del consumo di suolo, con particolare attenzione all’impermeabilizzazione (consumo permanente) e alla rimozione del suolo (consumo reversibile).
Nel periodo compreso tra il 2006 e il 2024, il suolo artificializzato è aumentato nel 98% dei comuni italiani, senza che vi sia un legame tra la demografia e i processi di urbanizzazione e infrastrutturazione: infatti, le superfici artificiali crescono anche laddove la popolazione è stabile, o addirittura in decrescita, facendo aumentare il suolo consumato pro capite.

Andamento del consumo di suolo pro capite (2006-2024)
Ma quali sono le cause di un consumo di suolo così elevato e irrazionale? Le aree destinate a nuovi cantieri sono la componente prevalente del consumo di suolo annuale, ma i fattori che concorrono all’artificializzazione delle superfici sono molteplici. Tra questi hanno notevole rilevanza la aumento del numero degli edifici, che nel 2024 è stata pari a 623 ettari, delle aree estrattive di 436 ettari, delle infrastrutture di 351 ettari, di altre coperture artificiali come piazzali, cortili, campi sportivi o discariche di 581 ettari. Se si escludono le nuove aree di cantiere, il consumo permanente rappresenta il 35% del totale, con una prevalenza di edifici, piazzali pavimentati e strade.
Per quanto riguarda la distribuzione sul territorio, il consumo di suolo si concentra spesso nelle aree più facilmente accessibili. I cambiamenti rilevati nell’ultimo anno sono particolarmente elevati nella Pianura Padana, con maggiore intensità nella parte lombarda e veneta (in particolare lungo l’asse Milano-Venezia) e lungo la direttrice della via Emilia.
Il fenomeno rimane molto evidente anche nel Salento, lungo quasi tutta la costa adriatica, nel Lazio, in Campania, nella Sicilia occidentale e meridionale, nelle principali aree metropolitane. La maggior densità del consumo di suolo è stata registrata, anche quest’anno, lungo la fascia costiera entro un chilometro dal mare, nelle aree di pianura, nelle città e nelle zone urbane e periurbane dei principali poli e dei comuni di cintura della frangia urbana.
Il consumo di suolo ha effetti diretti o indiretti su circa due terzi del territorio nazionale, con un impatto significativo sulla frammentazione ecologica (più del 42% del territorio risulta a frammentazione alta o molto alta) e sul microclima urbano.
Le analisi sull’isola di calore urbana mostrano differenze di temperatura tra aree urbane e rurali che superano i 10°C, con picchi di +11,3°C al Nord. La vegetazione urbana si conferma fondamentale: nei quartieri dove la copertura arborea supera il 50%, le temperature sono fino a 2,2°C più basse.
I costi del consumo di suolo, dovuti alla perdita di servizi ecosistemici, variano da un minimo di 8,66 a un massimo di 10,59 miliardi di euro persi ogni anno a causa del consumo di suolo avvenuto tra il 2006 e il 2024.
Per tutti questi motivi, la dinamica del consumo di suolo in Italia richiede risposte strutturali, urgenti e coordinate. La sfida è duplice: da un lato, contenere l’espansione urbana e infrastrutturale; dall’altro, promuovere il ripristino ecologico e la resilienza territoriale. Le nuove normative europee offrono strumenti e obiettivi chiari, ma sarà fondamentale il coinvolgimento attivo di istituzioni, cittadinanza e imprese per invertire la rotta e garantire un futuro davvero sostenibile al nostro paese.
Il quadro normativo esiste, ma occorre venga meglio conosciuto e implementato. Ad esempio, il Regolamento europeo sul ripristino della natura impone l’azzeramento della perdita netta di aree verdi urbane entro il 2030 e il loro incremento dal 2031. L’azzeramento del consumo netto di suolo è un obiettivo necessario anche per il raggiungimento dei target previsti dall’Agenda Globale per lo sviluppo sostenibile, dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza e dal Piano per la Transizione Ecologica. Ma se la tendenza resta quella attuale, o se viene corretta in modo insufficiente, questi obiettivi non saranno raggiunti.

Scenari di consumo di suolo in Italia (km2 di suolo consumato a livello nazionale al 2050
Secondo l’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (ISPRA), lo stop al consumo di suolo dovrebbe avvenire sia minimizzando gli interventi di artificializzazione, sia aumentando il ripristino naturale delle aree più compromesse, quali gli ambiti urbani e le coste, ed è considerato una misura chiave anche per l’adattamento agli eventi estremi sempre più frequenti, in connessione con il cambiamento climatico.
Arrestare il consumo di suolo nel paese, fino a invertire la tendenza, costituisce un contributo fondamentale per affrontare le grandi sfide poste dai cambiamenti climatici, dal dissesto idrogeologico, dall’inquinamento dell’aria, dell’acqua e del suolo, dal diffuso degrado del territorio, del paesaggio e dell’ecosistema, dalla perdita di biodiversità.
Il rapporto merita attenzione anche perché non si limita a registrare le criticità: l’ultima parte è dedicata ai provvedimenti presi dalle Regioni per tentare di ridurre il consumo di suolo. L’esistenza di molteplici esperienze di rigenerazione e rinaturalizzazione dimostra che, con un impegno collettivo, invertire la rotta è possibile.
Matilde Ferrari è laureata in Filologia e Storia dell’Antichità all’Università di Pisa e svolge attualmente il Servizio Civile Universale presso il Centro Interdisciplinare Scienze per la Pace.


