sabato, Febbraio 8, 2025
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Haiti, una crisi umanitaria senza precedenti: superato il milione di sfollati

a cura di Chiara Salonia

Il 14 gennaio scorso l’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni (OIM) ha pubblicato il Rapporto sulla situazione degli sfollati interni ad Haiti: si tratta di un’analisi approfondita delle migrazioni forzate interne al paese, nel periodo che va dal 1. novembre al 30 dicembre 2024.

Fondata nel 1951, l’OIM nasce in risposta ai massicci spostamenti di popolazione che interessarono l’Europa centrale dopo la Seconda guerra mondiale, con l’obiettivo di supportare i governi europei nel reinsediamento di milioni di persone sfollate a causa del conflitto armato e dei cambiamenti nei confini nazionali. Attualmente, l’organizzazione conta 175 stati membri, tra cui Haiti, dove opera dal 1994.

La posizione geografica di Haiti, nel Mar dei Caraibi, la espone a frequenti disastri naturali collegati a uragani, ma anche a terremoti. Unita alla perdurante crisi politico-istituzionale, che si è ulteriormente aggravata dopo l’assassinio del Presidente Jovenel Moïse nel luglio 2021, questa posizione rende il paese estremamente vulnerabile. La forte fragilità interna ha favorito la proliferazione di bande armate, che hanno approfittato della situazione per assumere il controllo di gran parte della capitale, Port-au-Prince, causando ulteriori sfollamenti interni.

Il rapporto pubblicato all’inizio del 2025 fa parte del nono round di monitoraggio della situazione di Haiti promosso dall’IOM: esso segnala la presenza di 1.041.229 sfollati interni in tutto il paese, con un aumento del 48% rispetto all’anno precedente, in base ai dati dell’ottavo round 8 diffusi a settembre 2024.

Questo dato risulta particolarmente significativo se confrontato con i 313.901 sfollati registrati nel dicembre 2023 (round 5), mostrando un incremento del 232%, il più elevato mai osservato fino ad ora.

La ragione di questo aumento considerevole nel numero degli sfollati interni è da attribuire all’aumento delle violenze armate negli ultimi mesi del 2024, violenze che hanno investito soprattutto la capitale Port-au-Prince, il comune di Arcahaïe e il dipartimento dell’Artibonite, dove il numero degli sfollati è aumentato del 90%.

Nonostante il numero dei siti di “accoglienza” sia aumentato da 117 a 142 nel periodo compreso tra settembre e dicembre 2024, la distribuzione degli sfollati è rimasta invariata rispetto al round 8: l’83% delle persone che hanno abbandonato le loro dimore abituali vive al di fuori di tali siti, principalmente presso parenti, amici o altre famiglie di accoglienza. Dei 142 siti totali, 108 si trovano nella capitale e i restanti 34 nel resto del paese.

Nel corso degli anni, però, la tendenza è cambiata: se nel 2022 la maggior parte degli sfollati veniva ospitata in famiglie di accoglienza, alla fine del 2023 la maggioranza (58%) risiedeva nei siti.

Questa dinamica ha continuato ad evolversi anche nel 2024, dove attualmente il 65% degli sfollati si trova nei siti, all’interno dei quali ne vengono accolti in media 1.564. Ciò è dovuto al crescente deterioramento della sicurezza nei quartieri e alla progressiva scarsità di risorse da parte delle famiglie di accoglienza.

Una differenza tra chi vive nei siti e chi si trova all’esterno riguarda i bisogni primari più frequentemente segnalati. Il bisogno di acqua è emerso come prioritario tra coloro che vi risiedono, mentre il bisogno di un riparo è stato più frequentemente espresso da chi ne vive al di fuori.

Le zone che offrono un certo livello di sicurezza nella capitale sono sempre più limitate. Al tempo stesso, lasciare la città è diventato sempre più difficile, poiché le principali vie di fuga sono sotto il controllo delle bande. Questo spiegherebbe l’aumento del numero degli sfollati nella capitale, dove sono costretti a vivere in aree sovraffollate e in condizioni di promiscuità.

Le tipologie dei luoghi che ospitano i siti sono varie: il 43% vengono accolti all’interno di scuole, mentre il 33% in spazi non coperti, esponendoli così alle variabili condizioni meteorologiche.

Poco più della metà degli sfollati sono di sesso femminile (55%), mentre i bambini costituiscono complessivamente il 53% del totale. In questo contesto precario, i minori sono particolarmente vulnerabili a violenze, abusi e sfruttamento, e sempre più spesso si trovano costretti ad arruolarsi nei gruppi armati. Si stima che, nell’ultimo anno, il loro reclutamento sia aumentato del 70%, rappresentando circa la metà dei membri dei gruppi armati stessi.

L’UNICEF stima che circa 3 milioni di bambini necessitino di assistenza umanitaria ad Haiti, con oltre 1,2 milioni di bambini a rischio solo nell’area metropolitana di Port-au-Prince.

Tra coloro che sono sfollati, alcuni decidono successivamente di tornare. Le raccolte di dati hanno identificato 70.029 persone, precedentemente sfollate, che sono ritornate nel loro luogo di origine, registrando un aumento del 7% rispetto al round 7. Un caso particolare riguarda il comune di Arcahaie, che aveva subito attacchi armati nell’ottobre 2024, costringendo migliaia di persone a fuggire. Tuttavia, questi rientri, in particolare nell’area della capitale, non possono essere considerati stabili a causa della persistente insicurezza che caratterizza l’intero paese.

(Immagine: Richard PIERRIN / AFP)

 

Chiara Salonia è studentessa del corso di laurea in “Scienze per la Pace” dell’Università di Pisa. Attualmente collabora con il Centro Interdisciplinare “Scienze per la Pace” e con “Scienza&Pace Magazine”, svolgendovi il proprio tirocinio.