martedì, Novembre 26, 2024
AmbienteDiritti

(E)mission (im)possible: presentazione dei risultati del progetto

di Alice Piccinno

Il 17 ottobre 2024 si è tenuto il seminario conclusivo del progetto “(E)mission (Im)possible”, iniziato nel 2021 e finanziato dall’Unione Europea nell’ambito del programma Erasmus Plus. Il progetto, coordinato dall’associazione A Sud, ha come obiettivo principale l’avvio sistematico di politiche e pratiche per la gestione della crisi climatica nelle attività delle organizzazioni dedite alla cooperazione internazionale. Si svolge in collaborazione con sei ONG in Italia, Spagna e Portogallo, tra cui Un Ponte Per e Fondazione Ecosistemi, e con l’Università di Cadice.

All’incontro, organizzato dal Centro Interdisciplinare Scienze per la Pace (CISP) dell’Università di Pisa, hanno partecipato Federico Oliveri, senior fellow del CISP, Martina Leigheb, project manager dell’associazione A Sud, Bianca Farsetti, project manager di Un Ponte Per e Bahman Qadir, capo del dipartimento programmi e cooperazione di Un Ponte Per in Iraq, il cui intervento è stato tradotto in italiano da Aurora De Angelis, membro del comitato nazionale di Un Ponte Per.

Federico Oliveri ha introdotto l’evento sottolineando le motivazioni che rendono questo tipo di progetti sempre più necessari e urgenti. Il cambiamento climatico si presenta ormai come una delle principali crisi che mettono a rischio la vivibilità del pianeta, non soltanto per noi ma anche per tutte le altre specie che lo abitano. L’importanza di agire sulle cause strutturali di questo fenomeno è ormai evidente, così come quella di affrontare l’inazione climatica dei nostri governi, anche attraverso cause legali.

Una delle spinte più forti in questa direzione viene dai movimenti per la giustizia climatica, finalizzati a denunciare il “grande paradosso” del cambiamento climatico: la parte di popolazione mondiale che vi influisce meno, abitante nel Sud globale, è quella che ne subisce maggiormente le conseguenze devastanti e dispone di minori risorse per farvi fronte. Il progetto (E)mission (Im)possible si rivela quindi uno strumento importante, poiché vede come protagonisti operatori e operatrici attivi nel Sud del mondo, mossi dall’impegno di includere fin da subito la dimensione climatica nei progetti di cooperazione allo sviluppo. Tuttavia, è necessario sottolineare come anche il Nord globale, inclusa l’Italia, non sia esente dai danni provocati dal cambiamento climatico: basti pensare alle ripetute e devastanti alluvioni in Emilia-Romagna, cui si è aggiunta a fine ottobre la letale alluvione che ha colpito la regione di Valencia.

Martina Leigheb ha sottolineato, nel suo intervento, la necessità di progetti come Emission Impossible, che hanno come principale obiettivo quello di potenziare il ruolo delle associazioni non governative e, in generale, delle organizzazioni della società civile nell’ambito delle azioni contro il cambiamento climatico. Affrontare il cambiamento climatico è diventato ormai una delle maggiori urgenze, ed è necessario essere capaci di fare advocacy anche con le organizzazioni che non si occupano direttamente di clima o ambiente.

È inoltre necessario che anche le grandi ONG prendano coscienza dell’impatto ambientale del loro lavoro e attuino azioni volte a contrastare o ridurre il fenomeno, migliorando le loro competenze in ambito climatico. Tre sono i principali risultati sviluppati dal progetto.

Il primo risultato mira a sviluppare le “competenze climatiche” di coloro che lavorano nel settore della cooperazione, ma anche dei professori che insegnano nei corsi universitari dedicati alla cooperazione allo sviluppo. Uno dei risultati del progetto è stato proprio la creazione di un MOOC (Massive Open Online Course) della durata di 25 ore, che affronta vari argomenti legati al cambiamento climatico, come la già citata giustizia climatica, la governance internazionale e le scienze del clima. Il corso è fruibile in inglese, italiano, portoghese, spagnolo e francese per raggiungere studenti e studentesse di tutto il mondo.

Il secondo risultato del progetto consiste nell’istituzione del climate strategist, una specifica figura professionale specializzata nel calcolo delle emissioni e nella definizione di efficaci politiche di monitoraggio e riduzione dell’impatto climatico da parte delle ONG. A tal proposito, ha continuato Leigheb, la Fondazione Ecosistemi, parte del progetto, ha sviluppato un calcolatore delle emissioni e degli obiettivi di neutralità climatica, insieme a una serie di ulteriori strumenti necessari allo sviluppo della figura di climate strategist.

Il terzo risultato di (E)mission (im)possible è una guida che rende possibile replicare il progetto, partendo dal MOOC fino ad arrivare alla definizione e all’implementazione di un’efficace strategia climatica.

Bianca Farsetti ha fatto notare, nel suo intervento, come la questione ambientale stia acquistando un rilievo fondamentale anche per i grandi finanziatori della cooperazione internazionale. Allo stesso tempo, grazie agli strumenti del progetto (E)mission (Im)possible, Un Ponte Per è riuscita a dotarsi per la prima volta di una strategia climatica per l’Italia. In questo caso non vengono calcolate soltanto le emissioni “negative”, ma anche quelle “positive” che in qualche modo possono compensare l’impatto dei progetti.

Ad esempio, i progetti educativi nelle scuole comportano emissioni negative legate alla loro realizzazione, come quelle generate dai voli aerei necessari per raggiungere il paese di destinazione. Tuttavia, l’impatto sociale positivo che questi progetti producono sul territorio contribuisce a bilanciare, almeno in parte, le emissioni negative causate. La costruzione di una strategia climatica prevede anche l’analisi delle policy e la sensibilizzazione interna all’associazione stessa.

Tuttavia, molti degli standard di sostenibilità sviluppati finora in ambito di cooperazione rimangono fortemente eurocentrici. Emerge quindi la necessità di uscire dall’ideale di pratiche basate su modelli e statistiche europee e ragionare sui territori dove i progetti vengono effettivamente attuati. Questi territori hanno composizioni sociali, culture e storie diverse, oltre a caratteristiche specifiche che determinano la fattibilità effettiva di una determinata pratica ambientale e climatica.

Bahman Qadir ha presentato, infine, le modalità di attuazione del progetto e le ricadute concrete che la prospettiva sviluppata da (E)mission (Im)possible nel caso specifico dell’Iraq, dove si concentrano molte azioni di Un Ponte Per. L’Iraq si classifica da diversi anni come quinto paese al mondo per l’intensità dei cambiamenti climatici, motivo per cui vi è un grande interesse ad agire concretamente per contrastare quanto sta accadendo. I problemi derivanti dagli eventi atmosferici estremi nel paese si intrecciano con i problemi di gestione dei rifiuti, delle risorse idriche e della (ancora carente) elettrificazione del territorio.

A fronte di una mancanza di progetti di cooperazione dedicati al risanamento ambientale e alla riduzione degli effetti del cambiamento climatico, l’Iraq si trova ad affrontare gravi problemi causati dal progressivo inaridimento e dalla perdita delle risorse idriche, a cui contribuiscono anche i paesi confinanti come la Turchia, l’Iran e, in misura minore, la Siria. Questa situazione alimenta numerose problematiche per l’agricoltura, che si concretizzano nell’abbandono di molte campagne e nell’aumento di “migranti interni”.

In questo quadro, il progetto (E)mission (Im)possible rappresenta una importante opportunità per sensibilizzare anche altre organizzazioni presenti nel paese. Tra le azioni di diffusione del progetto è stata avviata una collaborazione tra gli uffici di Un Ponte Per in Iraq, in Italia e in Europa per promuovere i mezzi e gli strumenti generati dal progetto.

Allo stesso tempo, il MOOC è attualmente in fase di traduzione nelle lingue araba e curda per aumentarne l’accessibilità. Nel governatorato di Nineveh, Un Ponte Per partecipa a una campagna di compensazione climatica che prevede la piantumazione di 5 milioni di alberi, in collaborazione con l’amministrazione locale. Sono stati organizzati incontri con il governo per promuovere l’adozione di pratiche ecosostenibili, mirando a un cambiamento che coinvolga non solo le organizzazioni della società civile e la cittadinanza, ma anche le politiche governative.

L’evento conclusivo di (E)mission (Im)possible ha evidenziato ulteriormente come il cambiamento climatico rappresenti non solo una sfida ambientale globale, ma anche una questione di giustizia sociale e climatica. Grazie agli strumenti sviluppati come il Mooc, la figura del climate strategist e le strategie climatiche su misura, il progetto ha dimostrato come le ONG possano diventare protagoniste di un cambiamento sistemico, sensibilizzando sia a livello locale che internazionale al contrasto della crisi climatica.

Le esperienze condivise, dall’Italia all’Iraq, raccontano di territori profondamente differenti ma accomunati dalla necessità di risposte urgenti e reali contro una delle peggiori crisi che l’umanità sta affrontando e dovrà affrontare sempre di più nei prossimi decenni. L’impegno per una transizione ecologica che tenga conto delle specificità locali si conferma fondamentale per provare a mitigare gli effetti del cambiamento climatico. (E)mission (Im)possible lascia dunque un’eredità importante: la dimostrazione che, attraverso la collaborazione e l’innovazione sociale “dal basso”, anche le sfide più complesse possono trovare soluzioni concrete e condivise.

Alice Piccinno è laureanda in Scienze per la Pace all’Università di Pisa. Attualmente sta svolgendo il servizio civile presso Un Ponte Per.